Marin Cilic onora il trionfo dell'anno scorso, prendendosi la 12esima vittoria di fila a Flushing Meadows: nessuno potrà più criticare quel successo. Nei quarti batte Tsonga al termine di una maratona intensa ma non esaltante. La cavalcata si fermerà qui? 

Erano in tanti ad aspettare al varco Marin Cilic dopo la vittoria inopinata e stupefacente dell'anno scorso. Fiumi di parole, in bilico tra lo stupore, l'ammirazione e l'immeritato (quanto superficiale) sospetto. E la quasi certezza, tra i tifosi e gli addetti ai lavori, che non si sarebbe ripetuto. No, il croato non si è ripetuto. Non ancora almeno. Ma è lì. In semifinale. Il suo dirimpettaio dell'edizione passata, Nishikori, è uscito al primo turno. Altri più accreditati di lui si sono eclissati anzitempo. Marin no. Arrivato sino ai quarti rischiando il giusto contro Kukushkin al terzo turno, lasciando poco o nulla nei restanti, si è presentato al cospetto di uno Tsonga a caccia della sua prima semifinale a New York (obiettivo già centrato negli altri Slam). Alla vigilia, il francese aveva concesso appena due palle break (annullate) in tutto il torneo. E il solo Benoit Paire (giustiziere di Nishikori al primo turno), negli ottavi, con le fattezze di un giocatore di livello. Fresco come una rosa, quindi. Ma il piacere di vincere facile non può durare in eterno e il croato lo riporta alla nuda e cruda realtà. Sin dai primi scambi. Bastano appena cinque game al croato per procurarsi la prima occasione. Occasione sfumata, con il dritto, ancora in fase di rodaggio, steccato malamente. Cilic, nel game successivo, eccede in generosità e di palle break ne concede addirittura quattro. Vuoi il servizio, vuoi la complicità del francese, il croato si salva. La chiave di volta tre game più tardi: Tsonga si inceppa al servizio e concede occasioni a ripetizione. Alla quarta, Cilic incassa e ringrazia. Anche il secondo set viene deciso da un break. ceduto con uno sciagurato doppio fallo. Da parte sua, Cilic, comincia a piazzare ace e servizi vincenti che è un (suo) piacere. E non c'è possibilità alcuna, per Jo, per riequilibrare il set. Due set a zero. E l'impressione, palpabile sul campo e sugli spalti, che i titoli di coda siano dietro l'angolo.

 

L'INUTILE RIMONTA DI TSONGA

Ma ecco il sussulto d'orgoglio del francese. Mentre la noia regna sovrana, Tsonga si procura e ottiene il break all'ottavo gioco, rispolverando il dritto di ordinanza. Serve poi per il set e accorcia le distanze. Match riaperto? L'equilibrio nel quarto set non risolve l'amletico dubbio. Almeno sino al decimo gioco: Tsonga serve per rimanere nel match e annulla due match point. Stesso copione due game più tardi, con il croato fermatosi ad un punto dalla gloria (che orrore un aborto di smorzata nel terzo matchpoint!). Lo sconforto con cui Cilic affronta e perde il tiebreak, cogliendo soli 3 punti, lasciano presagire un crollo. Una disfatta, dopo cotanto dilapidare. Il crollo arriva, ma è il francese ad esserne investito: Cilic prima spreca due palle break nel primo game, poi ne salva una nel quarto e quindi piazza l'allungo decisivo, nel quinto game. Sale in cattedra, rispolvera le stigmate della scorsa edizione e ottiene a zero il break. Il break decisivo. Giusto un brivido, sul 5 a 4: dopo l'ennesima palla match lasciata sfuggire, annulla una sanguinosa palla break a Tsonga con una deliziosa volèe e poi, finalmente, mette la parola fine. La semifinale è sua. Quando nessuno, mai, ci avrebbe scommesso. E i suoi pugni al cielo, di rabbia e di gioia, a dimostrare che lui, a Flushing Meadows, non è stato solo un fortunato parvenu.

 

US OPEN 2015 UOMINI – Quarti di Finale

Novak Djokovic (SRB) vs. Feliciano Lopez (SPA)

Marin Cilic (CRO) b. Jo Wilfried Tsonga 6-4 6-4 3-6 6-7 6-4

Kevin Anderson (SAF) vs. Stan Wawrinka (SUI)

Roger Federer (SUI) vs. Richard Gasquet (SUI)