Le parole di Vinci e Pennetta dopo il doppio capolavoro che ha regalato allo Us Open una finale tricolore. Roberta: “il miglior momento della mia vita, avevo già prenotato l’aereo di ritorno”. Flavia: “ieri notte ho dormito pochissimo, ma se andasse sempre così…”.La più grande sorpresa che ricordo nella storia del tennis? La mia”. Quello di Roberta Vinci è stato uno show. In campo, nell’intervista post-match, e pure in conferenza stampa. Niente retorica, niente frasi fatte, ma tanta spontaneità unita all’incredulità per aver combinato qualcosa di grande, impensabile, forse impossibile. Dopo un’impresa così, le sue parole ai microfoni di ESPN, davanti agli oltre 22.000 dell’Arthur Ashe Stadium, dovevano essere all’altezza. Prima non voleva parlare, travolta dall'emozione, poi è uscita una delle interviste post-match più belle in assoluto. E non lo diciamo da italiani, ma da amanti dello sport, incredibile strumento di comunicazione. Roberta ha pianto, poi ha riso, poi ha faticato a trovare le parole, ma alla fine ha regalato perle memorabili. Cinque minuti di show, fra gli applausi di una valanga di persone deluse per la caduta di Serena ma allo stesso tempo pure un po’ felici per aver assistito al capolavoro tennistico di quella ragazza dal tennis old style, così diverso da sembrare stonato, ma in realtà semplicemente irraggiungibile per tutte le altre. “Nella mia mente mi sono detta ‘prova a mettere ogni palla in campo, non pensare che di là c’è Serena. E corri. Buttala di là e corri, non pensare e corri’. E ho vinto. È il miglior momento della mia vita”. Quando l’intervistatore le ha chiesto cosa, quando si è svegliata al mattino, le avesse fatto credere di potercela fare, è bastato un “no”. Riassume meglio di ogni altra frase (insieme alla quota dei bookmaker, 300 a 1) la portata dell’impresa della tarantina. Non ci credeva nessuno, lei per prima, e probabilmente nemmeno coach Francesco Cinà, in tribuna insieme al figlioletto Federico, con tutte le emozioni celate dietro un paio di occhiali scuri. Se è successo per davvero, il merito è anche suo. A fine match, durante la stretta di mano, Roberta ha chiesto scusa alla Williams. Un gesto che le fa onore. “L’ho fatto per lei, per il pubblico, per il Grande Slam che se ne va. Se lo meritava, è una grandissima campionessa. Scusatemi ragazzi, ma oggi è il mio giorno”. Un giorno tanto inatteso che alla vigilia della semifinale aveva prenotato il volo di rientro per sabato, giorno della finale. Non sarà mai stata così felice di cambiare i propri piani.
 


“SUL 4-3 MI TREMAVA IL BRACCIO, PER DAVVERO”
Qualcuno ha provato a paragonare la portata di avere due azzurre in finale a New York ad altri risultati storici dello sport azzurro. Impossibile, come pensare, solo qualche giorno fa, di trovare i loro volti sorridenti, uno accanto all’altro, in apertura sui siti web di tutti i principali quotidiani italiani. Perché insieme non hanno scritto solo la storia del nostro tennis, ma dello sport italiano. E per quanto riguarda la Vinci, pure dello sport in generale. Miglior tennis della vita nel match più importante, nel palcoscenico più grande del mondo, contro la più forte di tutti i tempi, con tre quarti (e mezzo) di Grande Slam in tasca. Invece, quel 12 settembre che gli americani avevano già cerchiato nel calendario per celebrare l’impresa di Serenona, diventerà una festa tutta tricolore, verde, bianco e rosso. Comunque andrà, l’Italia avrà il suo secondo titolo del Grande Slam, dopo il Roland Garros 2010 di Francesca Schiavone. L’apripista, che oggi le guarda e le applaude. “È difficile esternare le mie emozioni – ha detto Roberta in conferenza stampa –, magari domani lo saprò fare meglio. Non ho ancora realizzato del tutto quello che è successo. Si tratta di qualcosa di incredibile, magico. Un sogno. Lavori duro per tanti anni e questa è la ricompensa di tutto: il miglior match della mia vita e una finale Slam da giocare. Ho 32 anni, la mia carriera va verso la fine, non me lo sarei mai aspettata”. Invece ce l’ha fatta, domando la più forte e il peso di trovarsela di là dalla rete. “Ho provato a prendere energia positiva dalla situazione e anche dal pubblico, che alla fine è stata fantastico anche dalla mia parte. Serena ha rotto una racchetta, ha fatto un paio di doppi falli nei momenti sbagliati, ho capito che era nervosa. Ma non c’è mai stato un momento in cui mi sono detta ‘vinco io’. Sul 4-3 e servizio mi dicevo ‘ce la puoi fare, ce la puoi fare’, ma forse non lo credevo per davvero. E poi il mio braccio tremava, veramente. Non ho voluto mettermi pressione, e ho cercato di stare calma a ogni punto. Gli ultimi due? Non me li ricordo. Ah, il match-point sì. Lo sapete, sono un’ottima doppista”. Il valore simbolico di quel punto? Basti pensare che la palla con cui l’ha vinto è finita subito in vendita per beneficenza, a qualcosa come 1500 dollari. “Domani un’italiana vince per forza”, ha chiuso sorridente. “Spero di essere io”.
 
PENNETTA: “PREMIO ALLA CARRIERA”
L’impresa della Vinci ha fatto passare in secondo piano quella della Pennetta, non paragonabile ma comunque incredibile. Perché se Roberta non avesse battuto la numero uno del mondo, ci sarebbero celebrazioni grosse così per Flavia, che ha dato una severa lezione alla numero due. “Una ventina di giorni fa – ha raccontato – il mio fisioterapista (Max Tosello, ndr) mi ha chiesto se avessi mai pensato di poter vincere uno Slam. Ho detto di no, ma oggi ho imparato che la risposta non si può mai sapere. Spesso i grandi risultati arrivano quando meno te lo aspetti”. Proprio come accade alle grandi, il suo torneo è andato in crescendo, sino al match perfetto contro la Halep. “Nei primi tre incontri non ho giocato benissimo, avevo sensazioni così così, ma ho lottato per andare avanti, e dagli ottavi in poi mi sono sentita sempre meglio. La scorsa notte non ho dormito bene, alle 3 sarei stata già pronta per scendere in campo. Ma se questi sono i risultati spero vada così ogni notte: ho giocato bene sin dall’inizio, gestendo bene un match complesso. Ho fatto pochi errori, e quelli che ho commesso sono arrivati perché ho provato a essere aggressiva, non per paura. Gli unici due game in cui ho aspettato i suoi errori e pensato troppo mi sono costati l’1-3 nel terzo set. Poi ho ripreso a fare ciò che dovevo fare e ha funzionato. Credo che Simona abbia sofferto molto i miei cambi di ritmo. Probabilmente non se l’aspettava, l’ho sorpresa e portata a sbagliare più del solito. Vedere la numero due del mondo frustrata nel giocare contro di te è una bella soddisfazione, è una delle mie migliori vittorie in carriera. Un premio al lavoro e ai sacrifici di tanti anni, miei, della mia famiglia, degli allenatori che mi hanno seguito e tanti altri. Il mio ritiro è vicino, ma il momento non è ancora arrivato. Fare questa vita mi piace ancora, non ho problemi a viaggiare e allenarsi ogni giorno”. E chissà che dopo questo risultato non gli venga la voglia di allontanare ancora un po’ la data del ritiro. “La finale a New York è un grande obiettivo, ma non voglio pensare troppo a domani, preferisco godermi ancora un po’ il piacere di averla raggiunta. Sarà meraviglioso, bellissimo per entrambe. Ieri ho mandato a Roberta una foto che ho trovato su Facebook, di una nostra intervista ai tempi del Roland Garros junior, quando vincemmo il titolo in doppio. E lei stamattina mi ha fatto vedere il video. Mi sono emozionata”. Sedici anni dopo quel titolo Slam che sapeva tanto di promessa, sono pronte a mantenerla fino in fondo. Comunque andrà sarà un successo.