La notizia è talmente epocale da mettere in secondo piano l'elezione di David “Dave” Haggerty alla presidenza ITF. Dopo 16 anni con Francesco Ricci Bitti (cui è stata conferita la presidenza onoraria) può essere un cambiamento importante: Haggerty possiede un background manageriale, incentrato sul business, mentre Ricci Bitti veniva da una lunga carriera nella politica sportiva (fu a lungo il vicepresidente di Paolo Galgani in FIT). Tuttavia, la notizia del giorno riguarda la scelta di istituire il tie-break anche nel quinto set dei match di Coppa Davis. Decisione storica, che incide su pietra una storia piena di battaglie, lotte epocali, persino storie. La faccenda ha avuto una grossa risonanza e – da più parti – è stata accolta con sorpresa. In realtà, la sorpresa non esiste. Avevano anticipato tutto sei mesi fa, dopo l'eterno match tra Leonardo Mayer e Joao Souza, singolare più lungo della storia della competizione, chiuso 17-15 al quinto dopo 6 ore e 42 minuti. Francesco Ricci Bitti era stato chiaro (e TennisBest ne aveva dato conto): “L'idea è istituire il tie-break nel quinto set dal 2016. Le partite di sette ore sono belle per i giornalisti, non per i giocatori. Presto prenderemo una decisione”. Il suo vicepresidente Juan Margets (grande sconfitto di queste elezioni) aveva aggiunto che l'opinione comune era cambiata negli ultimi anni: “Quattro anni fa erano tutti contrari, mentre oggi hanno cambiato idea”. Sparisce un elemento romantico, che aveva regalato gloria eterna a giocatori sconosciuti. Sul piano tecnico, tuttavia, è una scelta sensata. Il motivo è semplice: in Davis si gioca al meglio dei cinque set, ma senza un giorno di riposo. In teoria, lo stesso giocatore può giocare cinque set al venerdì, cinque al sabato, cinque alla domenica. Prendete Steve Darcis: nel recente weekend di Bruxelles, è rimasto in campo per undici ore spalmate su tre giorni. Negli Slam, salvo situazioni estreme (interruzioni per pioggia e sospensioni per oscurità) esiste un giorno di riposo che offre un minimo di margine.
LA STORIA PIANGE, I GIOCATORI RIDONO
Resteranno dunque nella storia i quinti set più lunghi, entrambi chiusi 20-18. Il primo si è giocato nel 1991, in Bolivia, quando Richard Ashby (Barbados) batté il boliviano Josè Medrano. Tutti conoscono Nenad Zimonjic come grande doppista, pochi ricordano la sconfitta per 20-18 al quinto set, nel 1998, contro il portoghese Nuno Marques. Il quinto set più lungo di tutti si è però giocato in doppio, ed è storia recente. Nel 2013, Berdych-Rosol batterono gli svizzeri Chiudinelli-Wawrinka con il punteggio-monstre di 6-4 5-7 6-4 6-7 24-22. Si superarono le sette ore di gioco. Pur comprendendo l'indignazione popolare, andiamo contro corrente e approviamo la scelta ITF perché tutela i giocatori. E forse, sotto sotto, c'è la speranza che la modifica possa invogliare i migliori a giocare con maggiore frequenza. Il campo di partecipazione è un cruccio dell'ITF, che infatti ha enfatizzato la presenza di sette top-10 nell'ultimo weekend. E' curioso che sia proprio l'ITF ad effettuare per prima questo cambiamento (lo Us Open non conta, poiché ha adottato il tie-break nel set decisivo sin da quando l'ha introdotto, nel 1970). Spesso accusata di tradizionalismo (pensate che fino al 1988 il tie-break non si giocava nemmeno nei primi quattro set!), stavolta ha anticipato i tempi. E chissà che gli Slam non possano fare altrettanto. Ovviamente si perde l'emozione e il fascino di tante partite. Fare un elenco completo sarebbe impossibile, tanto è vasta la scelta. Ne ricordiamo qualcuna: l'incredibile vittoria di Dmitry Tursunov su Andy Roddick nella semifinale del 2006, un 17-15 poi risultato decisivo. Sempre in Russia, all'esordio assoluto nella competizione, David Nalbandian vinse uno storico doppio insieme a Lucas Arnold contro Kafelnikov-Safin, chiuso 19-17 al quinto (la Russia vinse comunque la serie). Non ci saranno più nemmeno le serie infinite. India-Australia del 1974 resterà la partita con più game giocati: ne furono necessari ben 327 per stabilire la vincitrice. Dal 2016, se anche tutti i set dovessero andare al tie-break, non si potrebbero giocare più di 325 game (fatto comunque improbabile: da quando il tie-break è stato introdotto nei primi quattro set, una singola partita non è mai andata oltre i 281: Romania-Ecuador del 2003). Per i giornalisti è un peccato: certe storie sono basate su eventi limite. E la Davis, in effetti, ne macina più di qualsiasi altro torneo. E' una norma impopolare, ma col tempo ci si abituerà. E forse si sapranno apprezzare i lati positivi.
ITF ALL'AMERICANA
Come detto, Dave Haggerty è il nuovo presidente ITF. Al secondo ballottaggio, ha superato per un pelo il candidato indiano Anil Khanna con 200 voti a 192. Alla prima votazione erano stati fatti fuori Renè Stammbach e Juan Margets. Sorprende la disfatta di quest'ultimo: negli ultimi anni era molto vicino a Ricci Bitti, sembrava il suo erede naturale, invece non è andato nemmeno vicino all'elezione. Non si era nemmeno candidato per il nuovo Consiglio d'Amministrazione, di cui fanno parte sia Khanna che Stammbach. Haggerty, 58 anni, opera nel mondo del tennis da una trentina. Svolge incarichi politici dal 2001 con la USTA (di cui è stato presidente nel biennio 2013-2014) e dal 2009 con l'ITF (era vicepresidente del Consiglio di Amministrazione). Ancora prima aveva lavorato nel settore privato, svolgendo il ruolo di presidente per diversi enti: Tennis Industry Association, la branchia americana di Head, Penn Racquet Sports e Dunlop Maxfli Slazenger Sports. “Per me è un onore e un privilegio essere eletto presidente ITF – ha detto – il tennis è il linguaggio comune che unisce tutti i membri. Sarà importante continuare ad ascoltarci gli uni con gli altri e rendere l'ITF sempre più forte”. La sua esperienza con lo Us Open dovrebbe essere una garanzia per aumentare i ricavi di un'organizzazione non sempre al passo coi tempi. Novità secondarie: tra le nuove federazioni affiliate è stato accettato il Kosovo (chissà cosa ne pensa Novak Djokovic…), mentre sono stati sospesi Nauru e St. Vincent &The Grenadies. Novità in seno al Consiglio d'Amministrazione: i membri passeranno da 13 a 15, con l'aggiunta di due rappresentanti degli atleti. I loro nomi saranno stabiliti dai membri nel nuovo Consiglio e saranno ratificati alla prossima assemblea annuale, che si terrà il prossimo giugno a Zagabria, in Croazia. L'Italia non sarà rappresentata: tra i candidati al Board c'era Luisanna Fodde, ma non è stata eletta.
LA NUOVA ITF (quadriennio 2015-2019)
Presidente:
DAVE HAGGERTY (USA)
Consiglio d'Amministrazione
Katrina Adams (USA)
Martin Corrie (GBR)
* Sergio Elias (CHI)
Ismail El Shafei (EGY)
Bernard Giudicelli (FRA)
* Jack Graham (CAN)
* Anil Khanna (IND)
Thomas Koenigsfeldt (DEN)
Celia Patrick (NZL)
Aleksei Selivanenko (RUS)
* Rene Stammbach (SUI)
Stefan Tzvetkov (BUL)
Bulat Utemuratov (KAZ)
(*) Membri uscenti e nuovamente rieletti.