La lezione rifilata ad Andy Murray nella semifinale di Shanghai stimola ulteriori riflessioni: il dominio del serbo ha raggiunto il suo picco: non era mai capitato che accadesse a un 28enne. Per questo è difficile ipotizzarne quanto durerà. 

Non è semplice descrivere il dominio di Novak Djokovic. Da un lato c'è la sensazione di dover raccontare qualcosa di storico. Dall'altro, però, è proprio la storia a imporre prudenza. Tante volte abbiamo descritto con iperboli e aggettivi esagerati il dominio di un giocatore. Per fortuna è sempre arrivato qualcuno a cambiarla, la storia. Ma nell'Era Djokovic, forse, c'è qualcosa di diverso. Prima i numeri: battendo Andy Murray con un devastante 6-1 6-3 si è assicurato la finale al Masters 1000 di Shanghai. Tredicesima finale in stagione, settima consecutiva in un Masters 1000 e bilancio stagionale (72 vittorie e 5 sconfitte) che lo avvicina sempre di più alle migliori stagioni dell'Era Open. Il Connors del 1974 (92-4), il McEnroe del 1984 (82-3) e il Federer del 2006 (92-5) resteranno irraggiungibili, ma soprattutto perché il tennis di allora (soprattutto nei primi due casi) era diverso, con meno obblighi e la possibilità di scegliersi il calendario a piacimento. Però c'è un dettaglio che gioca a favore di Djokovic. O meglio, al futuro di Djokovic. I tennisti già citati, così come gli altri campioni dell'Era Open, hanno avuto il loro picco intorno ai 25 anni. Nole ne ha già 28 e sta dominando come non mai. La capacità di gestirsi sul lungo termine potrebbe consentirgli di comandare (se non dominare…) per ancora chissà quanto tempo. E' il più giovane dei Fab Four, è più giovane degli immediati inseguitori (Wawrinka, Berdych, Ferrer, Tsonga…) e da dietro non ci sono tennisti davvero in grado di impensierirlo, se non sulla singola partita. Quest'anno Djokovic ha perso cinque volte: lo hanno battuto Karlovic, Federer (2 volte), Murray e Wawrinka. Tutti più anziani di lui (o coetanei, nel caso di Murray). Per trovare una sconfitta “preoccupante” in chiave futura dobbiamo andare allo Us Open 2014, quando perse da Kei Nishikori. Ma il giapponese ha evidenti limiti strutturali che gli hanno impedito di inserirsi dove avrebbe voluto. I giovani, ad oggi, sono un'incognita.


NUMERI SCORAGGIANTI (PER GLI ALTRI)

E allora è legittimo domandarsi fino dove può spingersi questo Novak Djokovic. Da quando ha messo a posto il fisico, prima con la nuova dieta priva di glutine, poi con allenamenti mirati e una programmazione intelligente, ha saputo migliorarsi mese dopo mese, anno dopo anno. Persino la presenza di Boris Becker (qualcuno temeva che potesse essere un elemento di disturbo) non ne ha ostacolato la crescita, salvo qualche difficoltà iniziale. Anzi, l'ex Bum-Bum ha certamente apportato qualcosa di interessante, per quanto Djokovic sia tra i giocatori più semplici da allenare. Non conosce la pigrizia e vive in funzione dei suoi sogni. O meglio, dei suoi obiettivi. La vittoria Murray è impressionante perché ha ridotto lo scozzese a comparsa. Lo stesso scozzese che lo ha battuto nove volte e che in genere è sempre un avversario ostico, da grandi battaglie. Lo storico dei precedenti raccontava un paio di episodi altrettanto netti. Però il Murray visto a Shanghai sembrava carico, tranquillo, in forma. Invece, a un certo punto, ha incassato un parziale di 24 punti a 3. Forse un po' ansioso di tornare in Europa per pianificare il futuro immediato (Masters sì, Masters no?) e sul medio termine (riuscirà a convincere Amelie Mauresmo a tornare ai posti di combattimento?). Djokovic ha mostrato la consueta forma fisica e un timing ancora più estremo: ha fatto quel che ha voluto sul servizio di Murray, infilando alcune risposte scoraggianti, ed è stato implacabile con il suo: 74% di prime palle, con trasformazioni degne di un bombardiere. Lo scozzese si è disunito, ha commesso troppi errori gratuiti (30), mentre Nole ha chiuso con l'ottimo bilancio di 17 vincenti e 7 errori. Doppi falli? Neanche l'ombra. Non si vede come possa perdere il torneo, anche se in finale troverà un avversario ostico. Sul piano strettamente tattico, Jo Wilfried Tsonga è più pericoloso di Nadal. Aiutato dalla superficie veloce (Shanghai è uno dei campi più rapidi del tour), il francese può provare a togliergli ritmo, a servire alla grande…e poi lo ha battuto nell'ultimo precedente, pur avendoci perso 13 volte su 19. Ma sembra difficile che a Nole sfugga il Masters 1000 numero 25, che gli consentirebbe di staccare Federer (che lo aveva agganciato dopo Cincinnati) e portarsi a sole due lunghezze da Nadal, ancora a secco nel 2015.

 

MASTERS 1000 SHANGHAI – Semifinale

Novak Djokovic (SRB) b. Andy Murray (GBR) 6-1 6-3