A volte l'intelligenza può essere un problema. Federico Gaio, 23enne azzurro con legittime speranze di entrare tra i top-100, è un ragazzo molto sveglio ed è convinto che il livello medio dei tennisti, anche sul piano umano-culturale, si sia alzato rispetto a qualche anno fa. “L'ignoranza pura non esiste più”. Ma il tennis è uno sport talmente delicato che può esserci il problema opposto. L'intelligenza fa pensare. E pensare troppo non è sempre positivo. E' quanto capitato ad Andrea Petkovic. Donna di grande cultura, tanto affascinante quando divertente, capace di sostenere discussioni su qualsiasi argomento, ma anche di prendersi in giro come poche altre. Chi la conosce superficialmente, magari ricordando i suoi video su Youtube, o semplicemente la Petko-Dance, sarà rimasto stupito nel vederla piangere come una bambina, disperata, dopo il terrificante 6-0 6-0 incassato da Carla Suarez Navarro al WTA Elite Trophy di Zhuhai. Fu la conseguenza di un mix tra crisi personale ed agonistica che aveva messo in dubbio il suo futuro. Un pensiero più concreto rispetto a quello di qualche anno fa, quando pensò di mollare perché non ne poteva più degli infortuni, che la perseguitavano come una lugubre nuvoletta di Fantozzi. Le sue frasi dopo quel match facevano male, anche perché pronunciate da una ragazza il cui motore è sempre stato la passione. “Negli ultimi 2-3 mesi ho perso la passione per il tennis – aveva detto – quando stavo a casa ero felice, ma al momento di tornare nel circuito sono entrata in depressione. Ero talmente triste da non volermi nemmeno alzare dal letto”. Il segreto era tanto banale quanto doloroso: mamma Amira stava male, ma lei non ha mai smesso di allenarsi e girare il mondo. “Ogni singolo minuto era una tortura”. Una come lei, con le sue qualità, non avrebbe nessun problema a trovare altro da fare. “Per la prima volta, nel 2015 ho avuto la sensazione di perdere tempo nel giocare a tennis”.
QUEL SOGNO OLIMPICO IN SOSPESO
Il timore è rientrato nell'ospitata di qualche giorno fa presso gli studi di ZDF, secondo canale della TV tedesca, la cui audience è elevatissima. Un'intervista di un quarto d'ora ha restituito la Petkovic più bella, capace di ridere e raccontarsi senza ombre. Maglia attillata marrone scuro, gonna arancione e scarpe nere, ha raccontato quello che le è successo nel 2015, che pure era iniziato piuttosto bene con il titolo ad Anversa, il sesto in carriera. Dopo la famigerata partita di Zhuhai, tuttavia, si è sentita piombare dentro a un buco. "Tutto era una calvario e mi sono domandata se volessi continuare a giocare”. La sensibilità per le vicende familiari non le ha impedito di continuare ad allenarsi tre ore al giorno, andare in palestra e fare “tutto quel che dovevo, anche perché sono tedesca”. All'improvviso, la Petkovic ha sentito il peso della vita da tennista. Ogni settimana è la stessa storia: aeroporto, albergo e campi di allenamento. "E' tutto è molto superficiale quando sei in giro per il mondo”. A ben vedere, la superficialità ci ha travolto un po' dappertutto. Ma per la Petkovic è dura rassegnarsi, giacché sa maneggiare con la stessa capacità musica, arte, cultura e persino politica. Papà Zoran ha sempre detto che la figlia era incredibilmente brava a scuola. Un talento naturale, superiore rispetto a quello per il tennis, dove peraltro non si distingue per fantasia. E forse, anche se è bello vederla danzare dopo un successo, o anche soltanto sorridere, vien da pensare che forse sarebbe più realizzata occupandosi d'altro. Ma per ora non se ne parla. Nel 2016 sarà regolarmente ai nastri di partenza. Lo ha detto ai microfoni di ZDF, davanti a milioni di tedeschi, e non può rimangiarsi la parola. Anche perché ha una forte motivazione: le Olimpiadi di Rio de Janeiro. Nel 2012 non era a Londra perché stava recuperando da un grave infortunio alla caviglia. Stavolta vuole esserci e magari andare più avanti possibile. “Le Olimpiadi? Il pensiero di giocarle mi fa sentire come una ragazzina alle prime armi, piena di entusiasmo”. Per lei, balcanica nel cuore ma tedesca nel cervello, l'Olimpiade sarà davvero qualcosa di speciale. Dopo, si vedrà.