Ivan Ljubicic è il nuovo coach di Roger Federer: una scelta dettata dall'amicizia, chiusura di un cerchio iniziato 14 anni fa, quando Ljubo lasciò tre game a Roger…ispirato da Ivanisevic. Un uomo che è scappato dalla guerra e che deve ringraziare l'Italia.  

Il 9 luglio 2001, era un lunedì, il tennis ha vissuto un momento storico. Irripetibile. Battendo Pat Rafter in cinque set, Goran Ivanisevic ha vinto Wimbledon all'ultimo tuffo, fuori tempo massimo. Una delle imprese più clamorose dell'Era Open. Mentre Goran sollevava il trofeo dei Championships, Ivan Ljubicic si trovava a Gstaad per il locale torneo ATP. Un'ora dopo scese in campo e rifilò un secco 6-2 6-1 al suo avversario. “Goran mi aveva ispirato in modo incredibile, quel giorno avrei vinto contro chiunque, mi sembrava di volare sul campo”. Il suo avversario si chiamava Roger Federer. Sono passati oltre 14 anni e i due si sono incrociati altre 15 volte in un match ufficiale (il bilancio complessivo dice 13-3 per lo svizzero) e centinaia in allenamento. Tra i due c'era affinità ed è nata una bella amicizia, sublimata dagli anni passati insieme nel Player Council ATP. Roger nutre profonda stima per Ljubicic, tanto da averlo definito, in tempi non sospetti: “molto brillante”, nonché un “leader naturale”. Non è un caso che il croato abbia addirittura conquistato una poltrona nel Consiglio d'Amministrazione dell'ATP (anche se lasciò la carica dopo pochi mesi, nel gennaio 2009, perché voleva concentrarsi sul tennis). Dopo l'uscita di scena di Stefan Edberg, l'uomo nuovo all'angolo di Federer sarà proprio Ljubicic, ben noto agli appassionati italiani per il suo lavoro (part-time, ci mancherebbe) come opinionista e commentatore su Sky Sport. Nelle sue prime dichiarazioni, “Ljubo” ha detto che spera di ripetere con Federer quello che è riuscito a Riccardo Piatti. Prima Caratti e Furlan, poi lo stesso Ljubicic (seguito per tutta la carriera), infine Richard Gasquet e Milos Raonic. Li ha portati a esprimere il massimo del loro potenziale. Proprio il canadese è stata la prima esperienza da coach di Ljubicic. Insieme hanno centrato la semifinale a Wimbledon 2014, persa proprio contro Federer. Il 2015 doveva essere l'anno della consacrazione, ma si è complicato a causa di una serie di infortuni.


ROGER SARA' SEMPRE AGGRESSIVO

Portando avanti la formula del doppio coach (Severin Luthi più un ex giocatore), Federer non ha scelto un maestro del serve and volley come Edberg. In questo senso, le parole di Luthi sono una rassicurazione: l'aggressività acquisita negli ultimi due anni, con frequenti discese a rete, non sarà perduta. “L'addio di Edberg era concordato, anzi, è durato un anno in più – ha detto il capitano svizzero di Davis – Roger mi ha chiesto se volessi fare il coach unico, ma credo che una doppia guida sia la soluzione ideale. Il giocatore è più ispirato e motivato. A quel punto abbiamo vagliato le possibili opzioni e abbiamo scelto Ivan. La cosa interessante è che fino a poco tempo fa giocava con gli attuali top-player”. 36 anni, il croato è stato numero 3 ATP e semifinalista al Roland Garros. Il suo successo più importante è arrivato nel 2010, al Masters 1000 di Indian Wells. Si è ritirato nell'aprile 2012. “Il gioco di Federer non cambierà – continua Luthi – sarà sempre offensivo. Però Ivan è un eccellente conoscitore del gioco e potrà portare un'altra prospettiva”. Di certo i due vengono da realtà diverse. Profondamente diverse. Federer arriva da una famiglia benestante e l'ostacolo più grande in gioventù sono state le bizze caratteriali, mentre Ljubicic è stato costretto a crescere prima del tempo. Perché la Guerra nei Balcani, oltre a disintegrare la ex-Jugoslavia, ne ha ridisegnato la popolazione. Anche la famiglia Ljubicic.


LA GUERRA, LA FUGA, RICCARDO PIATTI, I TRIONFI

Vivevano a Banja Luka, nella zona della Bosnia Erzegovina sotto il controllo serbo. Una famiglia semplice: papà Marko era un elettricista, mamma Hazira casalinga. Ivan ha anche un fratello maggiore, Vlado. Nei primi anni 90 la guerra era sempre più aspra, acida, pericolosa. “Molte famiglie erano fuggite e in tanti erano scomparsi. All'epoca ero troppo giovane per capire, ma mi sono reso conto di non aver mai più visto tante persone – disse tempo fa Ljubicic – Il nostro progetto iniziale era di scappare per qualche mese e poi tornare. La nostra famiglia è stata tra le ultime ad andare via”. Non è andata proprio così. Sfruttando alcune conoscenze, Marko Ljubicic ha acquistato tre biglietti aerei per Belgrado. Erano tra gli ultimi disponibili. Ne usufruirono la moglie e i due figli, perché gli uomini adulti non potevano spostarsi. Una volta a Belgrado, i Ljubicic salirono su un pullman e dopo un viaggio di quasi due giorni raggiunsero un campo profughi in Croazia, attraversando Ungheria e Slovenia. Per sei mesi rimasero senza notizie del padre, temevano che avesse fatto una brutta fine. Ma poi arrivò una telefonata che ne annunciava l'imminente arrivo. Abbandonò la casa e caricò in auto più cose possibili. Banja Luka era solo un ricordo, ma si poteva cominciare una nuova vita. L'occasione è arrivata l'anno dopo, quando il club italiano “Le Pleiadi” di Moncalieri, guidato da Carlo Bucciero, gli diede la possibilità di trasferirsi. “Per i miei genitori era la soluzione migliore perché non avrebbero avuto spese, mentre se fossi rimasto in Croazia sarei stato un costo. Inoltre adoravo il tennis”. La sua fortuna ha un nome e un cognome: Riccardo Piatti. Il coach comasco, che all'epoca lavorava con Caratti e Furlan, ha creduto in lui sin da subito e insieme hanno ottenuto risultati clamorosi. Top-100 nel 1999, ha vinto 10 titoli ATP (su 24 finali) più una storica Coppa Davis con la Croazia, nel 2005. Quell'anno vinse 11 match su 12, perdendo soltanto da Hrbaty nella finale contro la Slovacchia. Dopo la carriera, costellata anche da successi politici (come detto, è stato il primo giocatore a entrare nel Board ATP dopo 15 anni: l'ultimo era stato Paul Annacone nel 1993, curiosamente anche lui ex coach di Federer), è rimasto nell'ambiente. Oltre a commentare per Sky, ha curato gli interessi di Tomas Berdych. E sebbene ESPN abbia detto che, con il suo fisico imponente, sembra il buttafuori di un locale notturno, è dotato di un cervello fine e pensante. E ha le idee chiare: “Il nostro obiettivo è vincere Slam e Olimpiadi”. Due anni fa, Federer scelse Edberg per la sua passata venerazione. Stavolta ha scelto Ljubicic in virtù della loro amicizia. E l'amicizia, si sa, può fare miracoli.