Un'occhiata alla Champions Tennis League, evento indiano “alternativo”. Gli organizzatori rifiutano i paragoni con l'IPTL, ammettono le difficoltà ma sono convinti che in tre anni arriverà il pareggio di bilancio. “Abbiamo reso più popolare il tennis in India”. 

Punjab Marshall, Mumbai Tennis Masters, Raipur Rangers, Hyderabad Aces, Chennai Warriors e Nagpur Rangers. Non sono wrestler, bensì le squadre della Champions Tennis League, l'evento indiano che si è tenuto nelle due settimane precedenti all'International Premier Tennis League, ben più nota e danarosa. Tuttavia, il fenomeno del campionato indiano può essere utile per capire il futuro e la sostenibilità di questo tipo di eventi. Come vi abbiamo già raccontato, l'IPTL ha una sua sostenibilità economica che dovrebbe garantire il break-even entro qualche anno, a tutte le squadre. Ma si tratta di un evento globale, la cui visibilità è assoluta. Dovessero perderla, sarebbero guai. In India, nonostante l'ottimo campo di partecipazione (quest'anno c'era anche Flavia Pennetta), la risonanza mediatica è molto inferiore. Non ci fosse stata Flavia, probabilmente da noi non sarebbero arrivati nemmeno i risultati. Nata nel 2014, la Champions Tennis League ha vissuto una seconda edizione complicata. Hanno perso tre squadre (Bangalore, Delhi e Pune), ma ne hanno recuperate altrettante (Raipur, Nagpur e Chennai). Non è andata altrettanto bene, poiché hanno perso due tra i nomi più importanti: Leander Paes e Agnieszka Radwanska, convinti dalle sirene (o meglio, dai dollari) dell'IPTL. Arjun Rao, CEO della manifestazione, ha ammesso che il suo campionato non poteva permettersi Paes e Radwanska. “Più in generale, non ha senso fare battaglie al rialzo con l'IPTL per assicurarsi la presenza di questo o quel giocatore”. Secondo Rao, tuttavia, la perdita non è stata terribile perché Paes offre il meglio di sé in doppio e non sarebbe producente farlo giocare in singolare. In IPTL si sono potuti permettere di metterlo solo in doppio e in misto mentre in Champions Tennis League non avrebbero potuto farlo. “La Radwanska ha scelto l'IPTL perché le hanno offerto più soldi”.

 

TRA QUALCHE ANNO SI GUADAGNERA'
La buona notizia, per Mister Rao, è l'aumento delle sponsorizzazioni. A suo dire, gli introiti sono aumentati del 300-400%. E non fa drammi per le franchigie che sono andate via. Gli unici problemi sono arrivati da Pune, con cui c'è stata una battaglia legale per il recupero di alcune quote azionarie. Al contrario, con Dehli e Bangalore il rapporto continua ad esserci. “E speriamo che Dehli possa tornare”. Ma come funziona la CTL? Ogni squadra paga una tassa per partecipare e l'accordo dura ben nove anni. L'ingaggio dei giocatori è di pertinenza esclusiva degli organizzatori. Secondo Rai, si potrà parlare di business tra 3-5 anni. “Il pareggio di bilancio dovrebbe arrivare in tre anni, poi gli investitori potranno iniziare a guadagnare. E' un piano a lungo termine, lo sapevamo sin da subito”. Quest'anno si sono focalizzati sul marketing, hanno cercato di coinvolgere i giocatori oltre l'evento tecnico, portando i giocatori a visitare le città, persino a fare dei safari. “Se le cose vanno bene, altri vorranno venire l'anno prossimo”. Ma il paragone con la ricca IPTL è inevitabile: “Non ha senso, la nostra proposta è completamente diversa. Noi offriamo lo sfarzo, il divertimento, è come un carnevale. Sul piano economico non c'è paragone: una sola squadra dell'IPTL vale quanto tutta la CTL. Una sua squadra vale 6 milioni di dollari, il nostro campionato vale sei milioni. Ma da noi c'è una maggiore competizione”.


LA PAURA DEI FORFAIT

L'ultima edizione, vinta dai Punjab Marshall, non ha avuto risonanza internazionale però ha funzionato per far crescere la popolarità del tennis in India. L'obiettivo sul lungo termine è di arrivare a otto squadre, anche perché Rao non vuole aumentare la durata di due settimane. “Sono soddisfatto. Il lancio è difficile, ma abbiamo avuto ottimi giocatori e il pubblico è cresciuto del 100% in tutte le città tranne che a Mumbai, quindi nel complesso siamo soddisfatti". Il Times of India non ha resistito e gli ha chiesto un paragone con l'IPTL. “Il paragone non esiste – ha insistito – loro sono sono internazionali, noi ci limitiamo all'India. L'IPTL offre ingaggi stratosferici, noi non cerchiamo i tennisti più costosi ma vogliamo raggiungere in fretta il pareggio di bilancio”. Quest'anno gli elementi più interessanti erano Pennetta, Hingis e Svitolina, senza dimenticare Marcos Baghdatis, Feliciano Lopez, Roberto Bautista e alcune vecchie glorie come Corretja, Johansson, Muster e Rusedski. Nonostante l'infinita diatriba sulla lunghezza del calendario e l'opportunità di giocare questi eventi nel periodo di offseason, Rao ritiene che non ci siano problemi. “L'unica a farsi male è stata Flavia Pennetta, che si è bloccata prima di giocare l'ultimo doppio misto – continua – però il campionato era già deciso e aveva giocato tutti i match più importanti. Al contrario, capita spesso che l'IPTL sia vittima di forfait dell'ultim'ora. Non mi piace fare i paragoni, sono entrambe ottime manifestazioni. Ma è deludente quando un giocatore rinuncia all'ultimo momento”. L'allusione è a Novak Djokovic, che ha mollato l'IPTL a pochi giorni dal via, rimpiazzato da Murray e Wawrinka. Di certo il montepremi non è un granché: 15 milioni di Rupire, poco più di 200.000 euro. Ma d'altra parte i giocatori hanno già i loro ingaggi privati che non hanno nulla a che vedere con l'esito della manifestazione. “Però potremo aumentarlo se gli sponsor dovessero supportarsi in misura maggiore” ha concluso Rao, che crede nella sua creatura come se fosse un figlio. Il tempo dirà se ha avuto ragione.