IL COMMENTO – L’inchiesta scommesse di BBC e BuzzFeed ha alzato un polverone sul tennis. Si parla di vari top-50 coinvolti in un grande sistema di match-fixing, ma senza alcun nome o esempio. Scandalo o finto scoop? Al momento, ahinoi, pare la seconda.BBC e BuzzFeed hanno lanciato l’amo, i pesci hanno abboccato. E così in poche ora la notizia delle presunte combine nel tennis di alto livello ha fatto il giro del mondo, finendo in apertura anche su parecchi quotidiani generalisti, Corriere della Sera compreso. Un polverone mediatico davvero inevitabile? Forse no. Che il tennis non sia lo sport più pulito del mondo si sa, da anni, anche perché si presta benissimo al match-fixing. Dice tutto la fase di Richard Ings, ex arbitro e responsabile dell’anti-doping per l’ATP dal 2001 al 2005: “se volessimo inventare uno sport fatto apposta per truccare gli incontri, questo si chiamerebbe tennis”. Ha ragione: si può barare pur vincendo il match, si può combinare anche un solo set, o game, o break, o addirittura punto. Ma tutti i casi scovati negli anni dalla TIU riguardavano i circuiti minori, dove i guadagni sono miseri e cadere in tentazione è fin troppo facile. Dai vertici della classifica, invece, non è mai saltato fuori nulla o quasi, ed è chiaro che quando viene messa in dubbio la regolarità di uno sport ad alti livelli (si parla addirittura di Wimbledon, l’unico torneo che dice qualcosa anche a chi non ha mai visto una racchetta in vita sua) lo scandalo è dietro l’angolo. Tuttavia, pur senza mettere in dubbio che il lungo lavoro condotto dalle due testate possa portare a dei risultati concreti, per il momento non ce n’è nemmeno uno. Si parla di un "tennis racket" che vede coinvolti sedici giocatori importanti, addirittura dei vincitori Slam (in singolare e doppio), ma non c’è alcun nome, nessuna situazione, nessun esempio. Solo tanta attenzione per il match a Sopot fra Nikolay Davydenko e Martin Vassallo Arguello, la cui notorietà per gli appassionati si avvicina a qualche finale Slam. Come sono andate le cose, a oltre otto anni di distanza, lo sanno tutti. L’indagine dell’ATP non ha condotto a nulla (anche se il marcio era e rimane evidente), i due giocatori hanno appeso la racchetta al chiodo e chi si è visto si è visto. E sinceramente, scoprire oggi nuovi dettagli lascia il tempo che trova.
 
TANTE PAROLE, NESSUNA PROVA
Quindi, cosa emerge dall’inchiesta? Che tanti match di alcuni campioni della racchetta hanno un andamento sospetto. Quali? Hanno preferito non dircelo. E così risultano solo illazioni, vaghe, verso dei top-50 attuali e del passato. Otto di questi sarebbero in tabellone all’Australian Open, fra i quali uno (testualmente) “sospettato di aver truccato ripetutamente il primo set dei propri match”. Ma la lista è molto estesa, troppo per poter anche solo abbozzare un’analisi. Aveva fatto qualcosa di simile il nostro Federico Ferrero con il caso di David Savic, arrivando a scoprire che il probabile accusatore degli illeciti dell’ex carneade serbo fosse Marcos Baghdatis, al quale era stato offerto per due volte del denaro, in entrambi i casi per perdere contro Alexandr Dolgopolov. Un caso? Forse no. Ma oltre tre anni dopo – se non contro Savic, radiato dal Tour e da poco tornato come coach grazie alla ‘buona condotta’ – non si è mosso nulla. Al di là delle indagini (pubbliche, private o giornalistiche) scoprire e denunciare determinate combine è molto, molto difficile. Anche l’evidenza non basta, ci vogliono delle prove reali, alle quali non tutti possono avere accesso. Pare che BBC e BuzzFedd (che si sono documentati su parecchi fronti, sentendo degli esperti del settore scommesse pure in Italia) siano entrati in possesso di qualcosa di grosso, e la velocità con cui il CEO ATP Chris Kermode ha organizzato una conferenza stampa all’Australian Open lo confermerebbe. Ma quello che resta, a oggi, è un cumulo di illazioni che non portano a nulla. Come se scrivessimo che fra i top 50 ci sono una decina di giocatori che fanno uso di sostanze dopanti, ma guardandoci bene dal nominarli per evitare possibili denunce. Rimarrebbe un falso scoop, almeno fino alla pubblicazione dei nomi. È un caso che l'indagine (come la chiamano loro) sia uscita alla vigilia dell’Australian Open? Non lo pensa Gilles Simon, uno dei cervelli dell’ATP. Interpellato sulla questione, ‘Gillou’ ha parlato di desiderio di visibilità, oltre che di volontà di buttare fango sul tennis. Non condividiamo il secondo punto, perché non ne avrebbero motivo, di più il primo.
 
KERMODE NON DICE LA VERITÀ
Per confermare la capillarità della questione, molte testate hanno ripreso le parole di Novak Djokovic, che ha parlato in conferenza stampa dopo la vittoria all’esordio contro Hyeon Chung, raccontando che nel 2007 a San Pietroburgo degli intermediari contattarono gente del suo staff per offrirgli 200mila dollari per perdere un incontro. Se il serbo l’ha detto ai microfoni, vuol dire che al tempo denunciò l’episodio alle autorità competenti (altrimenti sarebbe colpevole del reato di omessa denuncia), e quindi è stata – presumibilmente – già compiuta un’indagine sull’accaduto. Dunque c'è ben poco da aggiungere. Da analizzare anche una dichiarazione di Chris Kermode, che oltre ad aver respinto le accuse e parlato di “zero tolerance”, davanti ai giornalisti ha detto qualcosa come “noi permettiamo ai siti di scommesse di sponsorizzare i tornei, così da creare un unione”. Allude al fatto che certi accordi garantirebbero un maggiore controllo sulla questione del match-fixing, quando la realtà è che senza determinati interventi alcuni tornei sparirebbero. Altrimenti perché non permettere alle agenzie di betting di sponsorizzare direttamente i giocatori? Non garantirebbe un controllo ancor maggiore? Certamente. Sempre nell’inchiesta firmata da Simon Cox, in cui si parla anche dei casi di Potito Starace e Daniele Bracciali (ancora al vaglio della Procura federale e pure di quella di Cremona), si legge che le associazioni che controllano questo betting, oltre che in Russia (e non è una novità), avrebbero delle basi anche in Italia: al nord e in Sicilia. Ed è forse questo il punto su cui, per il momento, vale la pena concentrarsi maggiormente. Il fatto che l’Italia venga citata come una delle basi operative del sistema dovrebbe spronare sia nostra Federazione sia la giustizia ordinaria a non lasciar cadere la questione, ed eventualmente informarsi per capire se aprire a loro volta un fascicolo. Dello stesso avviso Francesco Baranca, segretario generale di Federbet, l’organizzazione europea contro il match-fixing che ha collaborato alla realizzazione dell'inchiesta della Bbc. Intervenuto ai microfoni di Radio 24, Baranca ha detto: “come fatto per il calcio, anche per il tennis ci rivolgeremo alla magistratura ordinaria: è l’unico modo per avere inchieste approfondite ed efficaci, e individuare i responsabili. Gli organi di controllo che le varie Federazioni creano per monitorare dall’interno il fenomeno (nel tennis c'è Tennis Integrity Unit, ndr) sono spesso inefficaci per due ragioni: l’impossibilità di indagare con efficacia, ma anche la volontà di minimizzare, se non coprire e occultare, per non macchiare la reputazione dei singoli e, soprattutto del sistema. Perciò l’unica cosa da fare è rivolgersi alla magistratura”. Il tutto in attesa che escano i nomi dei presunti coinvolti nella questione. Sempre se usciranno.