Per realizzare un miracolo sportivo bisogna rispettare cinque regole. Dalla prima all'ultima, Angelique Kerber le ha messe insieme e ha creato la sua pozione magica. Scrivendo una storia che in futuro ascolteremo e leggeremo a bocca aperta. 

“Ma cosa segui a fare lo sport? Le partite mica ti danno da mangiare. Studia, vah!”

E' la frase-ramanzina che ogni giovane sportivo ha incassato dalla propria madre quando la passione prendeva un po' troppo piede. Sottovalutano, le nostre dolci mamme, i messaggi positivi che solo lo sport può trasmettere. E' l'unico campo della realtà dove le favole possono avverarsi. “Dream come true”, dicono tanti sportivi che ce l'hanno fatta. Oggi è più complicato. Il business ha cancellato la poesia, l'asso di denari vale più della regina di cuori. Lo sport del 2016 è sempre più avaro di favole, quelle storie che un bambino ascolterebbe con gli occhi sgranati e la bocca spalancata. Il 30 gennaio 2016, Angelique Kerber ha scritto una favola. Senza consultare libri o Wikipedia, ricordate una finale Slam vinta da una giocatrice così sfacciatamente sfavorita alla vigilia? Forse soltanto Arantxa Sanchez al Roland Garros 1989 quando battè Steffi Graf, anche se qualche altro episodio c'è stato (Stosur-Serena, Majoli-Hingis, Sabatini-Graf, forse Mandlikova-Navratilova allo Us Open 1985…). Serena giocava la sua 26esima finale Slam, mentre per Angie era la prima (magari anche l'ultima…). C'è profumo d'impresa perché la Kerber non è una pulzella di belle speranze, ma un donnone di 28 anni con due cosce da atleta di bob. Sì, battendo Serena Williams ha realizzato un miracolo sportivo, mischiando i cinque ingredienti necessari fino a creare una pozione magica. Perchè un miracolo è composto da cinque regole.

 

REGOLA N.1 – ESSERE SFAVORITI DA SORTE, PRONOSTICI E STORIA

Il 19 gennaio 2016, nel piccolo catino dello Show Court 2, la Kerber stava per uscire al primo turno contro la giapponese Misaki Doi. Sarebbe stata una sorpresa a metà, giacché lo scorso anno non aveva mai raggiunto la seconda settimana in uno Slam. Tutti parlavano di Serena, della Azarenka, magari della Sharapova, o forse di Muguruza o Radwanska. Niente faceva pensare a lei. Proprio niente. Quando è entrata in campo prima di giocare la finale, Angie sembrava un'imbucata a una cena di gala. Non aveva il look né il portamento adatto per gestire il palcoscenico. Serena Williams, con il suo audace completo giallo, era pronta a sbranarla. Le aveva sbranate tutte fino al giorno prima.

 

 

REGOLA N.2 – TROVARE UN LUOGO MAGICO DOVE ALLENARE IL PROPRIO TALENTO

A volte non c'è bisogno di andare chissà dove. Maldive e Mauritius vanno bene per le vacanze, ma per costruire un miracolo basta un luogo dove ti senti a tuo agio. Questa magia l'ha trovata in una cittadina di 10.000 abitanti nel cuore della Polonia, non distante da Poznan. Si chiama Puszczykowo ed è lì che affondano le radici della sua famiglia. “Angie” è tedesca, nata a Brema, ma papà Slawek è polacco e mamma Beata è tedesca figlia di polacchi, gli appassionati Janusz e Maria. Proprio lì, qualche anno fa, ha contribuito alla realizzazione di un'accademia che porta il suo nome. Si chiama Angie Centrum Tenisowe ed è lì che da ottima giocatrice è diventata campionessa. Il centro è carino ma non trascendentale: otto campi da tennis (di cui quattro al coperto), una palestra e un centro benessere. Ma è l'aria che ad essere speciale. Aria di casa, dove “Angie” può respirare a pieni polmoni nelle sue giornate piene di lavoro. Sveglia alle 8, poi in campo dalle 9 alle 12 e di nuovo dalle 15 alle 18. In mezzo, palestra e lavoro funzionale. Il suo luogo magico è lì vicino. E' un lago, si chiama Jarosławskie. Lì intorno si è costruita il suo percorso preferito, da attraversare di corsa o magari in bicicletta. Dentro l'accademia, fortemente voluta da un magnate locale di nome Henry Gawlak, ci sono alcune promesse del tennis polacco. Si chiamano Anastasiya Shoshyna, Witold Konopko, Zofia Kromolicka e Filip Cieśla. A cadenza regolare, la Kerber va a verificare i loro progressi. Avranno una gran voglia di farsi notare, la prossima volta.

 

 

REGOLA NUMERO 3 – CONOSCERE QUALCUNO CHE TI SVELI I TRUCCHI E TI INSEGNI LE REGOLE

Dietro questo successo si nasconde un uomo. Torben Beltz ha 39 anni e sognava di essere il nuovo Boris Becker. Ben presto ha capito di non potercela fare e ha avuto l'umiltà di riciclarsi come coach. E' andato negli Stati Uniti, ha studiato un paio d'anni in Alabama, poi è tornato in Germania e ha iniziato ad allenare presso il Tennis Club Alsterquelle. Ha conosciuto la Kerber nel 2003 ed è iniziato un rapporto professionale durato una decina d'anni. Insieme, sono arrivati al numero 5 WTA e giocato due semifinali Slam (Us Open 2011 e Wimbledon 2012). Un miracolo. Poi è successo qualcosa: Angie voleva provare qualcosa di diverso e ha deciso di cambiare strada, ingaggiando un tedesco di origine iraniana, Benjamin Ebrahimzadeh. Lo aveva conosciuto a Offenbach, presso l'accademia Schuettler-Waske. Ma le cose non sono migliorate: perdeva una finale dopo l'altra e aveva perso il contatto con le migliori. Dopo l'ennesima batosta, si è trovata sola. Allora, anziché cercare un coach di gran nome, è tornata a Puszczykowo, dove Beltz continuava a lavorare nella sua accademia. “Vogliamo ripartire da zero?”. Lui non aspettava altro. Era l'unico in grado di scrivere un altro miracolo. Dopo essersi rimessa a posto fisicamente grazie all'aiuto di Alex Stober, quest'anno si è aggiunto al team il simpatico Simon Iden, 28 anni come lei, fisioterapista, osteopata e chiropratico. Lavora con la nazionale giovanile di basket e con la federcalcio tedesca. Di miracoli sui muscoli altrui, beh, ne aveva già fatti.

 

 

REGOLA NUMERO 4 – QUANDO SEI IN DIFFICOLTA' E LE COSE SI METTONO MALE, FAI COME NEI FILM DEGLI ANNI 50. LASCIA CHE ARRIVINO GLI AMERICANI A RISOLVERE LE COSE

Più che dagli americani, il tocco magico è arrivato dall'America. Ok tornare con Beltz, ma per fare un miracolo ci voleva qualcosa di più. Così, nel febbraio dell'anno scorso, Angie ha mandato una mail a Darren Cahill. Gli chiedeva se ci fosse posto per lei nel centro di allenamento Adidas a Las Vegas. Qualche anno fa, il colosso franco-tedesco aveva realizzato un team per aiutare tutti gli atleti sotto contratto. Ottimi coach, splendide strutture. Ovviamente le hanno detto di sì. Ma non le bastava. Ha chiamato il suo idolo d'infanzia, la mitica Steffi Graf. Di allenare non ci pensa nemmeno, ma abita a Las Vegas con il marito Andre Agassi e i figli. Senza doversi spostare, ha accettato di parlarle. Di osservarla, di darle qualche consiglio. La Kerber è rimasta estasiata dallo stato di forma e dalla classe di Steffi. Gli occhi color mare si illuminano ancora di più quando parla della Graf. Dopo la semifinale contro Johanna Konta si sono sentite. Magari le ha dato qualche consiglio, magari no. Di sicuro la sua presenza aleggiava durante la partita, specie quando Serena ha vinto il secondo set e sembrava a un passo dal 22esimo Slam. Proprio come lei. Nessun americano ha aiutato la Kerber a firmare il suo miracolo. Ma l'America sì. In fondo, fu proprio negli Stati Uniti che ha ritrovato se stessa. Era il 2011 e arrivava da undici sconfitte di fila al primo turno. Allo Us Open giunse in semifinale, da numero 92 WTA. Oggi il Team Adidas non esiste più. Ma ha fatto il suo dovere.

 

 

REGOLA NUMERO 5 – FATTI TROVARE PRONTO NEL LUOGO E NEL MOMENTO MAGICO

Melbourne Park. Rod Laver Arena. Sabato sera. Per battere Serena Williams nel suo fortino, dove si era già imposta sei volte, persino da n.81 WTA, ci voleva il match perfetto. E Angie l'ha realizzato. “Io sono una persona un po' complicata – ha ammesso – a volte non credo in me stessa. In allenamento gioco benissimo e tanti si chiedevano come mai non trasferissi quel rendimento in partita”. Doveva aspettare il momento giusto, la serata giusta. E ci ha messo un pizzico di follia, come nell'incredibile sesto game del terzo set. Avanti 3-2, ha portato a casa un game di dieci minuti annullando due palle per il 3-3 con due folli smorzate. Non ne aveva giocate prima, non ne avrebbe giocate dopo. “Sono un po' matta. In quel momento mi sono detta che avrei dovuto cambiare qualcosa. Quando ne ho azzeccata una, mi sono detta: 'Dai, ne faccio un'altra'”. Alla faccia di chi dice che i tedeschi non hanno fantasia né inventiva.

 

Rispettando cinque piccole-grandi regole, Angelique Kerber ha firmato il suo miracolo. E anche le nostre mamme, se capiscono qualcosa di sport, si saranno emozionate. Ma poi non è necessario capirci di sport: è sufficiente saper stare al mondo.