Tolti i quattro top 50, l'Ecuador Open di Quito ha un campo di partecipazione da Challenger. Ma l'assenza di big ha portato alla luce un paio di storie: l'addio di Giovanni Lapentti, che saluterà a fine stagione dopo anni di sacrifici, e la prima vittoria ATP del 34enne Julio Peralta.Vuoi per la collocazione geografica, gli oltre 2.700 metri di altitudine o la posizione in calendario subito dopo l’Australian Open, l’Ecuador Open di Quito è destinato a diventare il torneo ATP col livello medio più basso dell'intera stagione. Oltre a Bernard Tomic e Feliciano Lopez, al via ci sono appena altri due top 50, e per trovare l’ultimo ammesso in tabellone bisogna scendere fino alla posizione numero 137 dell’argentino Facundo Arguello. Ma l'assenza dei big ha il suo lato positivo: ha portato alla luce un paio di storie che altrimenti sarebbero passate quasi inosservate. La prima è l’annuncio del ritiro di Giovanni Lapentti, battuto 6-2 6-3 all’esordio da Alejandro Falla. Un po’ schiacciato dal peso di un cognome importante (il fratello Nicolas, di sette anni più grande, è stato numero 6 del mondo), ‘Giova’ non è mai diventato un campione, ma ha comunque avuto una carriera di tutto rispetto, con ben dieci titoli Challenger in bacheca e un best ranking da numero 110 del mondo. Pur non avendo mai sfondato il ‘muro’ tanto sognato da ogni tennista di seconda fascia, il tennista di Guayaquil (ma vive a Miami) ha giocato oltre 20 partite nel circuito maggiore e a 33 anni compiuti è ancora numero uno di un paese a cui ha dato tantissimo. Rapportandolo all’Italia, sarebbe paragonabile al nostro Paolo Lorenzi, stimato come uomo ancor prima che come giocatore. Gli appassionati ecuadoriani hanno imparato ad apprezzarlo sì per i suoi risultati, ma anche per il suo estremo patriottismo (tipico degli atleti sudamericani) e una forza di volontà fuori dal comune. Non è un caso che appena uscita la notizia abbia ricevuto un sacco di messaggi sui social: leggendone qualcuno, la parola più scritta dai tifosi è “humildad”, umiltà. E non potrebbe essere altrimenti per un giocatore la cui carriera sembrava (anzi, era) finita nell’ottobre del 2011, quando dopo la seconda operazione al ginocchio in tre mesi i medici gli dissero che col tennis professionistico aveva chiuso. Invece, due anni dopo si è ripresentato nel tour con immutate ambizioni.
 
SPINTO DALL’AMORE PER I FIGLI
Ci ha messo quasi dodici mesi per riprendere a correre, e tante altre settimane per tornare un giocatore di tennis, ma ce l’ha fatta. E poco cambia se invece di tornare fra i primi 200 in un anno, come desiderato, ci è riuscito in due. L’importante era far vedere ai suoi due bimbi che quella scritta ‘Tenista Profesional’ che campeggia sul suo account Twitter non era soltanto un ricordo del passato, ma un presente ancora tutto da vivere. E che papà ci sapeva fare. Un po’ quello che spinge il tedesco Michael Berrer a continuare a lottare a 35 anni. “Voglio che i miei figli mi vedano giocare contro un big”, aveva detto sul finire del 2014. E quando un paio di mesi dopo ha battuto Rafael Nadal a Doha, il suo sogno è diventato realtà. Lapentti non è arrivato a tanto, ma è comunque tornato a vincere un Futures, a giocare una finale e varie semifinali a livello Challenger, e può salutare felice, anche se il forfait per un problema al collo del suo compagno Fernando Verdasco gli ha negato un’ultima passerella nel doppio. Durante la sua conferenza stampa dopo il match con Falla ha annunciato ai giornalisti le sue intenzioni, e poi è scoppiato in lacrime come un bambino. “Non lo dico perché sono deluso per la sconfitta: è una decisione sulla quale ho ragionato a lungo, parlandone spesso con mia moglie negli ultimi sei mesi. Ho una figlia di cinque anni e un altro di due, e sento che non li sto vedendo crescere come vorrei. Devo dedicare più tempo alla mia famiglia”. Non ha ancora deciso cosa farà in futuro, ma intanto ha scelto di dire basta con il professionismo, anche se il chiodo dovrà aspettare la sua Wilson ancora per un po’, fino a fine stagione. “Ho ancora una buona classifica (è numero 222, ndr), quindi mi piacerebbe giocare ancora una volta i miei tornei preferiti. Spero di entrare nelle qualificazioni del Roland Garros, e poi anche allo Us Open”. Sono gli unici due dove ha giocato nel tabellone principale: a Parigi nel 2003, a New York sei anni dopo. Chissà che il destino non decida di regalargli un’ultima grande gioia.
 
PERALTA, NON È MAI TROPPO TARDI
L’altra storia da raccontare arriva invece dal tabellone di doppio, dove è subito caduta la prima coppia del seeding, composta da Andre Sa e Santiago Gonzalez. A batterli l’argentino Horacio Zeballos, che molti ricorderanno per la splendida vittoria di tre anni fa su Rafael Nadal in finale a Vina Del Mar, e il cileno Julio Peralta, decisamente sconosciuto ai più, che ha infilato la prima vittoria in carriera nel circuito maggiore a 34 anni e mezzo. La sua è una storia comune a quella di tanti tennisti di seconda fascia: dopo una carriera da singolarista mai fra i primi 200, e pure frenata per due anni a causa di un’operazione al ginocchio, nel 2014 si è trovato davanti a un bivio. Strada uno: smettere di giocare e cominciare una nuova vita. Strada due: provare a riciclarsi come doppista, a caccia di risultati (e guadagni) mai vista prima. Ha scelto la seconda e gli è andata decisamente bene, visto che nella scorsa stagione ha vinto quattro Challenger e tre Futures, trovando un partner di ottimo livello quale Zeballos e scalando oltre 700 posizioni. E quest’anno, insieme, sono ripartiti alla grande: prima la finale al Challenger di Mendoza e il titolo a Bucaramanga, che hanno portato Peralta fra i top 100 della classifica di doppio, ora la prima vittoria insieme nel circuito ATP. Julio, nato a Santiago un mesetto dopo Roger Federer, il tour maggiore l’aveva accarezzato solamente quattro volte in carriera, una in singolare e tre in doppio, ma la vittoria era sempre rimasta un miraggio. È arrivata stavolta, con un facile 6-1 6-3, e si è portata dietro la certezza che a questi livelli, in doppio, ci può stare anche lui. Il sogno è la Coppa Davis col suo Cile, magari insieme al connazionale Hans Poplipnik-Castillo, anche lui fresco di top 100 in doppio e capace di vincere la prima partita ATP questa settimana in Ecuador. In attesa di sapere se Nicolas Massu li sceglierà per la sfida di marzo contro la Repubblica Dominicana, oggi saranno uno contro l’altro al secondo turno. In palio una semifinale che varrebbe tantissimo per entrambi.