Carlos Bernardes è uno dei giudici di sedia più apprezzati al mondo. Famoso per la querelle con Nadal, ha iniziato ad arbitrare per caso nel 1984, scovando un annuncio su un quotidiano. Oggi è uno dei soli 25 ‘gold badge’ al mondo e vive in Italia, vicino a Bergamo.Grazie (anche) all’avvento dei social network, ormai dei tennisti di vertice si sa praticamente tutto. Si conoscono amori, spostamenti, passioni, e chi più ne ha più ne metta, tanto che diventa facile comprenderne il carattere. Invece, non si sa praticamente nulla della vita dei giudici di sedia, coloro che condividono il campo con i campioni. Nei tornei di alto livello i volti sono più o meno sempre gli stessi, eppure, vuoi per il veto da parte dell’ATP a parlare con i giornalisti, vuoi perché il loro ruolo – con l’avvento della tecnologia – ha perso parecchio potere, oltre a nome, viso e nazionalità il resto è ben poco noto. Eppure sarebbe molto interessante: si muovono da un torneo all’altro come gli atleti, e di fatto – anche se i rapporti giocatore-arbitro sono strettamente limitati dal regolamento – vivono intere stagioni a contatto con i campioni. Il Wall Street Journal è riuscito a ripercorrere brevemente gli inizi nel mondo della racchetta di Carlos Bernardes, uno dei giudici di sedia più apprezzati. Il brasiliano è salito agli onori della cronaca per la sua querelle dello scorso anno con Rafael Nadal, che dopo una discussione in campo a Rio De Janeiro chiese all’ATP di non essere più arbitrato da lui (e così è stato fino a fine anno, prima della ‘pace’ del 2016), ma la sua fama come giudice di sedia ha radici ben più lontane, fondate in tanti anni sul seggiolone. L’hanno reso uno dei pochissimi full-timer: gli arbitri a tempo pieno, dei veri e propri dipendenti dell’ATP, designati settimana dopo settimana in ogni angolo del mondo.
 
QUELL’ANNUNCIO SUL GIORNALE
La storia di Carlos Alberto Bernardes Junior (questo il suo nome completo) è da sempre legata al mondo della racchetta. Da quando da ragazzino, nella São Caetano do Sul dove è nato e cresciuto (nello stato di San Paolo), scavalcava nei fine settimana il muro di un centro sportivo chiuso per giocare di nascosto con gli amici, ore e ore in un campo senza rete, mentre a 16 anni, a causa della morte del padre, ha iniziato a dare qualche lezione per raccogliere un po’ di soldi per sé e la famiglia. Ma nel mondo arbitrale ci è entrato per puro caso. Nel luglio del 1984, lesse sul giornale un annuncio che chiedeva urgentemente qualcuno disposto a prestare servizio arbitrale per la Fed Cup a San Paolo, ai tempi in cui si giocavano ancora vari match in sede unica. Incuriosito si candidò, venne arruolato e fece un’ottima impressione, tanto che il supervisor dell’incontro gli chiese se non fosse interessato a lavorare nel tennis a tempo pieno. Il “sì” significava rinunciare all’insegnamento in Brasile e stare parecchi mesi senza vedere famiglia e amici, ma anche girare il mondo e guadagnare molti più soldi. Così decise di buttarsi in un mondo tutto nuovo, e quasi 30 anni più tardi può dire di aver fatto la scelta giusta. Quel torneo allo Sports Club Pinheiros è diventato il primo di una lunga serie, che stagione dopo stagione si arricchisce di nuove tappe. Prima le Olimpiadi, poi il Roland Garros del 2006 che l’ha reso il primo sudamericano in sedia in un torneo del Grande Slam, quindi tutti gli appuntamenti più importanti del mondo.
 
DA QUALCHE ANNO VIVE IN ITALIA
Bernardes è un tipo simpatico ma piuttosto taciturno, che per uno che fa il suo mestiere non è necessariamente un male. E anche se (in campo) non ha la personalità di Mohamed Layani, i match arbitrati parlano per lui. Già, perché le designazioni per le fasi finali dei tornei avvengono per merito, in base al rendimento tenuto nelle giornate precedenti, proprio come per i giocatori. Chi arbitra meglio va avanti fino alla finale, obiettivo di tutti a inizio settimana, gli altri vanno a casa. E anche il loro percorso nel tennis, in fondo, si può paragonare a quello dei tennisti. Si parte dal basso, magari da qualche torneo nazionale o come giudici di linea, e poi, passo dopo passo, certificazione dopo certificazione, si va su. Dal ‘white badge’, piuttosto accessibile attraverso corsi ed esperienze sul campo, fino al ‘gold badge’, il riconoscimento massimo, quello che appena 25 ufficiali di gara sulla faccia della terra possono vantare. Bernardes è uno di loro, dopo una trentina d’anni sul seggiolone, di tornei via via sempre più importanti. In questi giorni è a San Paolo, per l’ATP di casa, anche se ormai da qualche anno l’amore l’ha portato a vivere in Italia. Più precisamente a Gorle, piccolo comune alle porte di Bergamo, dove vive con la fidanzata Francesca Di Massimo, conosciuta proprio sui campi del grande tennis. Anche lei ufficiale di gara, anche lei con la valigia sempre pronta per seguire il circuito. Ruolo? Giudice di linea. Una delle poche italiane a vantare tutti gli Slam (e due Olimpiadi) nel palmarès.