L’aspetto più curioso di quello che venne definito Il Pirata del Tennis per il suo tennis aggressivo) è che non viene ricordato per la sua impresa più importante: la sua vittoria a Wimbledon. Era il luglio del 1987, e questo ragazzotto (allora ventiduenne) giocò per due settimane uno dei migliori tennis mai espressi sui prati di Church Road. Serviva sempre negli angoli, volleava bene dal lato sinistro ma era mortifero da quello destro. Se poi alzavi un lob, lui ricordava l’insegnamento del suo coach di allora, Ian Barclay, e sussurrava all’avversario: «Thank you, my point!». Ne sbagliava due all’anno, mai in quei fatidici quindici giorni. Nell’atto finale prese in giro un Ivan Lendl che avrebbe dato un braccio per portarsi via il trofeo, e che invece sembrava inerme davanti ad un serve & volley così perfetto. Come sul match point, che YouTube ha tramandato anche ai più giovani: servizio profondo in leggero slice, prima volée d’approccio di dritto e poi facile copertura della rete per il tocco conclusivo. Tanto facile da apparir banale, anche se pochi altri son stati capaci di fare altrettanto e ora nessuno più. Ma il coup de théâtre, Cash lo mise a segno appena stretta la mano a Lendl: iniziò infatti a scalare le tribune accanto al Royal Box, infrangendo il rigido protocollo inglese, per abbracciare familiari e coach e stampare un bacio alla fidanzata, la modella norvegese Anne-Britt Kristiansen, che in regalo gli diede due figli, Daniel e Mia. «Però a quei tempi fare la scalata non era facile come adesso – mi racconta mentre condividiamo una bella vacanza in Sardegna -: non conoscevo nemmeno la strada e non sapevo se la tettoia avrebbe retto il peso, ma l’istinto è stato più forte. Noi australiani abbiamo uno Slam in casa ma all’epoca era meno considerato rispetto agli altri tre. E Wimbledon era qualcosa di speciale, perché si giocava sulla nostra amata erba, quella vera, dove la palla rimbalzava qualche centimetri e dovevi avere coraggio, andare avanti, non aver mai paura». Stati d’animo che Cash viveva in abbondanza. Non riuscì più a vincere un altro Slam; raggiunse due finali a casa sua: la prima nello stesso anno, ma perse in cinque set da un altro erbivoro doc, Stefan Edberg, e l’anno dopo sempre in cinque set, contro un altro svedese, questa volta per nulla appassionati dei campi in erba. Peccato che nel frattempo la sua Federazione, nella volontà di costruire giocatori più moderni e consapevole che l’erba stava diventando una superficie anacronistica, su quei campi aveva buttato sopra una colata di cemento. E, per Il Pirata, non era la stessa cosa.
Cash era un tipo grezzo, come sanno essere certi australiani, soprattutto se figli di ex giocatori di Australian Football Rules, uno sport molto amato Down Under dove le regole sono riassunte in mezza paginetta e sostanzialmente vale tutto fino all’omicidio. Piaceva alle donne perché era effettivamente un bel tipo (infatti si risposò con una bella brasiliana, Amily Bendit, dalla quale ebbe altri due figli e ancora nel 2010 fu votato da una rivista femminile inglese, il nonno più sexy del mondo, dopo che sua figlia Mia aveva dato alla luce una bambina), meno alle sue colleghe quando definì i tennis femminile «due set di spazzatura». Cash fu protagonista anche della più straordinaria giornata di tennis della storia, l’8 settembre 1984, in quello che viene ricordato come The Super Saturday. All’epoca, piegandosi ai dollari della CBS, lo US Open proponeva in una sola giornata, le due semifinali maschili, intervallate dalla finale femminile. La prima di quelle due semifinali, iniziò alle 11 e sette minuti del mattino, subito dopo una sfiziosa esibizione di entrata tra Stan Smith e John Newcombe, che nel 1984 avevano una quarantina d’anni e giocavano ancora benissimo. Quel Pat Cash, appena 19enne, aveva già due volèe secche come spari, ma sprecò un match point sul 6-5 al quinto contro Ivan Lendl e perse al tie-break decisivo. Macché sprecò: in realtà, Lendl lo scavalcò con un lob di dritto in corsa favoloso, sulla palla che valeva la finale. Cash ci mise tre anni, prima di riprendersi da quello shock, altrimenti avrebbe vinto molto più di quel Wimbledon solitario del 1987. In quella giornata, a seguire la Navratilova vinse la finale femminile nel più bel match della sua lunga rivalità con Chrissie Evert, e infine il miglior Johnny Mac fu messo alle corde (6-4 al quinto) da Jimbo Connors, quando quasi scoccava la mezzanotte. In carriera, Cash è stato n.4 del mondo nel 1988. Ora si diverte a trascinarsi in qualche tappa del Senior Tour, mostrando un fisico più atletico di tanti suoi colleghi, anche più giovani. Ma nonostante tutto ciò, Pat Cash da Melbourne, stato di Victoria, verrà ricordato soprattutto per quella fascia a scacchi che è diventato un brand , un marchio di fabbrica, perfino un business. Alla fine di ogni esibizione, deve tirarne fuori un pacco e regalarle ai ragazzini, anche se forse non hanno mia visto quella scalata sul Centre Court. L’abbiamo fatto anche noi, al termine di dieci generosi minuti di palleggio. «È l’ultima che mi è rimasta ma è tutta sudata: la vuoi lo stesso?». Come una reliquia, sta ancora lì, nel cassetto, senza mai aver avuto il coraggio di indossarla.