FED CUP – Incredibile a Trelaze: l’Olanda arriva a tanto così da una clamorosa finale, ma una chiamata corretta dal giudice di sedia salva le francesi: Amelie Mauresmo conquista la finale da capitana dopo le due perse da giocatrice. E alla fine hanno pianto tutti, vincitori e vinti.

Se non lo dicono le parole, lo dicono gli occhi. La bocca può mentire, lo sguardo no. E così le lacrime sia francesi che olandesi, al termine di un folle weekend di Trelazé, sono lo spot più bello per la Fed Cup. Non c’erano le migliori del mondo, anzi, c’era una squadra che – numeri alla mano – dovrebbe battagliare nei gruppi zonali. E invece, grazie all’energia di Kiki Bertens e alla bravura di capitan Paul Haarhuis, è arrivata a nove punti dalla finale. Nove miseri punti. Sarebbe stata una delle più grandi sorprese in 53 anni di Fed Cup. E sarebbe stata una bella storia, pura letteratura sportiva. Ma l’incantesimo si spezzato sul più bello, quando il giudice di sedia del doppio di spareggio è sceso a controllare il segno di un passante di Caroline Garcia. Lo avevano chiamato fuori, e se la decisione fosse stata confermata, Bertens-Hogenkamp sarebbero andate a servire sul 6-4 4-3. Forse ce l’avrebbero fatta, perché Garcia-Mladenovic giocavano con il terrore negli occhi. La paura del fallimento annebbiava la vista e appesantiva i muscoli. Ma quella palla aveva pizzicato la riga. Le olandesi hanno patito il contraccolpo e hanno perso sei dei successivi sette game. Nella vita, certi treni passano soltanto una volta. E così la Francia ritrova la finale a undici anni dall’ultima volta. Nel 2005 Amelie Mauresmo era in campo ma non bastò. Lei e Mary Pierce, sul Campo Chatrier, persero al doppio di spareggio contro la Russia. Stavolta non potranno giocare all’aperto perché in novembre farà troppo freddo. Ma non c’è dubbio che allestiranno un campo in terra battuta, più lento possibile, per accogliere la Repubblica Ceca.

La comunità del tennis, tuttavia, deve tributare un applauso grosso così all’Olanda. La gestione Haarhuis ha prodotto otto vittorie consecutive nonostante un parco giocatrici che non vale un posto tra le prime dieci nazioni. Sotto le casacche arancioni pulsano generosità, passione e una grande professionalità. La stessa che ha consentito a Kiki Bertens, numero 96 WTA e mai oltre la 41esima posizione, a tenere un rendimento da top-10 sia al primo turno contro la Russia che contro le francesi. Dopo la Garcia, ha rispedito al mittente anche la Mladenovic. Sul 2-1 per l’Olanda, Haarhuis si è giocato il jolly. Ha tenuto a riposo la Hogenkamp per l’eventuale doppio e ha mandato in campo Arantxa Rus, ragazza tanto graziosa quanto modesta. E pensare che era una grande promessa: otto anni fa vinse l’Australian Open junior e tra le professioniste vanta addirittura un ottavo di finale al Roland Garros. Chiamata così dai genitori in onore alla mitica Sanchez-Vicario, della spagnola non ha niente. Mancina, gioca un tennis senza fosforo che l’ha rispedita al n.257 WTA. Normale che la Garcia avesse vita facile, anche se ha avuto un passaggio a vuoto in avvio di secondo set (3-0 e servizio per la Rus). Ma si è ripresa in tempo e ha chiuso 6-3 6-4.

UN BAGNO DI LACRIME
In altre situazioni, il doppio sarebbe stata una partita da 4 spettatori. Una partita senza equilibrio. Appena sette giorni fa, Mladenovic-Garcia vincevano il WTA di Charleston e sono una delle migliori coppie del tour. L’Olanda non ha specialiste e si è affidata dalle bordate della Bertens e al tennis demodè di Richel Hogenkamp. Ci fosse un ranking WTA delle tenniste che tirano più piano, sarebbe numero 1 o giù di lì. La sua palla passa 2-3 metri sopra la rete e sembra non atterrare mai, perfetta per addormentare le avversarie. A febbraio, quattro ore di questo tennis le hanno permesso di anestetizzare Svetlana Kuznetsova. Ma se trovi la chiave giusta, è vulnerabile. E in doppio la è ancora di più. Le francesi lo sanno e l’hanno mirata sin dal primo punto, manco fosse un bersaglio al Luna Park. Ma la Fed Cup è strana. Succedono cose che la logica non conosce. Ad esempio, che la Mladenovic perdesse il bandolo della matassa, trascinando con sé la Garcia. Il baratro era lì, ad un passo, ma quella riga che ha impedito il break nel secondo set ha risvegliato i tamburi e le trombette del pubblico francese. L’Olanda non ha mollato, ci mancherebbe. Sul 2-1 al terzo si sono trovate 0-40 e hanno avuto complessivamente sei palle break, ma non ne hanno sfruttata neanche una. Hanno tenuto duro fino al 3-4, ma ormai era finita. Questo risultato è un peccato per la letteratura sportiva, ma è un bene per la Fed Cup. Francia-Repubblica Ceca è una finale degna, potrebbe anche essere equilibrata. Per l’Olanda, forse, sarebbe stato troppo. Ma di questo match ricorderemo soprattutto le lacrime. Quelle copiose di Kiki Mladenovic, emozionata fin quasi ad avere un crollo nervoso. Quelle di Amelie Mauresmo, che non si commuoveva così nemmeno quando vinceva due Slam in un anno. O quelle di Richel Hogenkamp, la proletaria del tennis che si è fermata a un passo dal suo quarto d’ora di gloria. Le lacrime di chi sapeva che un’occasione del genere non sarebbe mai più tornata.

 

FED CUP – SEMIFINALE
FRANCIA – OLANDA 3-2
Kiki Bertens (NED) b. Caroline Garcia (FRA) 6-4 6-2
Kristina Mladenovic (FRA) vs. Richel Hogenkamp (NED) 6-2 6-4
Kiki Bertens (NED) b. Kristina Mladenovic (FRA) 7-5 6-4
Caroline Garcia (FRA) b. Arantxa Rus (NED) 6-3 6-4
Garcia-Mladenovic (FRA) b. Bertens-Hogenkamp (NED) 4-6 6-3 6-3