Il bulgaro arriva a un passo dal titolo a Istanbul, poi cade in uno dei suoi tanti burroni agonistici e lascia strada a Diego Schwartzman, al primo titolo in carriera. Ma chiude nel peggiore dei modi, autoinfliggendosi un penalty game sul 5-0 al terzo. Una figura indecorosa.IL FOLLE FINALE DI GRIGOR DIMITROV

Lascia l’amaro in bocca, l’epilogo della finale di Istanbul. Non certo per il primo titolo ATP intascato da Diego Sebastian Schwartzman, ci mancherebbe. Semmai per il delirio messo in piedi da Grigor Dimitrov, il quale, senza un minimo di dignità e rispetto per il pubblico, per se stesso e per l’avversario, sotto per 5 giochi a 0 nel terzo set, ha scelto di farsi infliggere il penalty game (il warning e quindi il penalty point li aveva già presi in precedenza, per aver disintegrato la racchetta al suolo) riducendo in brandelli il proprio attrezzo proprio sotto gli occhi, agghiacciati, di Mohamed Lahyani. Con un sorriso tanto amaro quanto sconcertato (e un po’ schifato), il giudice di sedia non ha potuto che infliggere la squalifica al bulgaro. Piovono fischi, l’argentino è quasi imbarazzato nell’esternare la propria gioia. Al termine di un incontro che ha visto nei primi due set, equamente suddivisi in altrettanti tie-break, il peggio che ci si possa immaginare su un campo da tennis. Dimitrov, favorito d’obbligo e (si presuppone) di ben altra categoria rispetto al suo avversario, parte subito alla grande. Toglie la battuta a Diego al terzo game e si porta sul 3 a 1. Ma è dal sesto game in poi che la finale assume contorni sempre più paradossali. Sette giochi di fila senza che il giocatore alla battuta riesca a tenere il servizio, con il bulgaro si ritrova ben due volte a servire per il set. Non avvicinandosi nemmeno, al setpoint, ma dilapidando il tutto con sciagurate soluzioni. Il tiebreak arriva come una benedizione, si farebbe altrimenti nottata. Tiebreak che Dimitrov inizia con un minimo di raziocinio, issandosi sul 5 a 1. Per poi chiuderlo per 7 punti a 5, nonostante tutti gli sforzi per far rientrare nuovamente nel set l’inconsapevole Schwartzman.


A questo punto ci si aspetta un secondo set senza pensieri né problemi, per Grigor, come migliaia di volte visto accadere quando abbiamo di fronte un (in questo caso pseudo) campione e un comprimario. E il bulgaro segue questo copione. Prima si porta 3 a 0, poi sul 5 a 2. Siamo ad un passo dal quinto titolo in carriera. Ma il passo seguente, e quelli successivi, lo fanno sprofondare nel baratro. Dimitrov sparisce dal campo. Nell’argentino, che sembrava oramai arresosi all’idea, si instilla l’idea che la partita non è ancora persa. Ritrova coraggio, convinzione. E non accetta più l’idea di essere un parvenu, sottovalutato sin dal primo scambio. Inanella 4 giochi consecutivi. Si ritrova a servire sul 6 a 5. Il bulgaro degna il pubblico dell’ultimo momento di lucidità e si giunge quindi al secondo tiebreak. Ma gli scricchiolii, nella mente e nelle gambe di Dimitrov, s’odono oramai da tempo. Dopo sei minibreak consecutivi, l’argentino prende in mano la situazione. S’è reso oramai conto che dall’altra parte della rete c’è un giocatore ad un passo dal burrone. Si fa più sicuro al servizio, strappa il minibreak decisivo e chiude per 7 punti a 4. Il terzo set è troppo surreale per poter essere raccontato in maniera razionale. Grigor oramai fermo sulle gambe , perde il servizio nel secondo game e comincia a palesarsi nella sua versione peggiore. Schwartzman, come forse mai accadutogli in carriera, piazza 12 punti consecutivi e si porta sul 5 a 0. Non c’è più nulla dall’altra parte della rete. Ma a Dimitrov non basta l’esser sparito dal campo. E decide di concludere la partita come tutti sappiamo, consapevole che per i giorni a venire si discuterà di lui nella maniera peggiore possibile. E se ne discuterà. A discapito dell’incolpevole Schwartzman. La cui vittoria, alla fine meritata, rimane. Con la speranza che la prossima abbia un finale più degno.


Diego Schwartzman (ARG) b. Grigor Dimitrov (BUL) 6-7 7-6 6-0