Prosegue il gran momento di Pierre Hugues Herbert: quasi imbattibile in doppio (insieme a Mahut ha vinto Indian Wells, Miami e Monte Carlo) punta forte anche sul singolare. Oggi festeggia il best ranking e si è qualificato anche a Madrid. Ma per Davis e Olimpiadi c’è un problema: la Francia ha troppi giocatori…

E’ sempre più difficile trovare ottimi singolaristi che si dedicano con regolarità al doppio. L’ultimo top-players a dedicarsi con costanza a entrambe le discipline è stato Yevgeny Kafelnikov. Qualcuno sussurrava che giocasse così tanti doppi perché era un ottimo modo per saltare gli allenamenti…Negli ultimi anni, il tennis è diventato via via più duro e il doppio impegno è sempre più complicato da gestire. Ce l’hanno fatta per un po’ i nostri Fognini-Bolelli, ma poi arrivi a un punto in cui il doppio diventa quasi ingombrante per chi vuole fare buone cose in singolare. Se diamo un’occhiata ai top-50 ATP di doppio troviamo pochissimi giocatori che hanno un buon ranking anche in singolare. Tra loro c’è Pierre Hugues Herbert, il francese dal tennis plastico e il serve and volley spettacolare che sta crescendo, giorno dopo giorno, anche in singolare. In un ranking popolato da “vecchietti”, soltanto due top-50 sono più giovani di lui: Jack Sock e il croato Mate Pavic. E’ un momento strepitoso per Pierre Hugues, il migliore della sua carriera. Da quando ha vinto lo Us Open col fido Nicolas Mahut, i due sembrano diventati imbattibili. Dopo essere inciampati all’Australian Open, hanno vinto gli ultimi tre tornei giocati, tutti Masters 1000: Indian Wells, Miami e Monte Carlo (prima coppia francese a domare il Principato dopo 40 anni). Con questi risultati è salito al numero 4 del ranking di specialità. Jamie Murray e Marcelo Melo, rispettivamente numero 1 e numero 2, sono decisamente alla portata del duo francese, specie se dovessero continuare così. Sono iscritti anche a Madrid, dove sono numeri 1 del seeding. Ma Pierre Hugues ha superato le qualificazioni anche in singolare. Come gli era successo a Indian Wells, a Miami e anche a Monte Carlo, dove aveva scippato un set ad Andy Murray. Oggi è numero 84 ATP e il suo splendente talento, quasi etereo, sembra aver finalmente trovato il giusto setting dopo troppi anni persi nel circuito minore, senza un apparente perché. “Sono fiero del mio avvio di stagione – racconta Herbert dopo aver superato Mikhail Youzhny, in attesa di un match non proibitivo contro Sam Querrey – ci sono state tante vittorie, alcune sconfitte dove non ho espresso il mio miglior livello. Però ho raggiunto gli obiettivi che mi ero prefissato”.


Il francese adotta un serve and volley sistematico, spettacolare, che diventa quasi ingestibile (dagli avversari) sui campi molto rapidi. E’ successo al challenger di Bergamo, dove un Play-It molto veloce gli ha consentito di vincere a mani basse. Però lui è francese, e come ogni francese punta al Roland Garros. Lo ha detto senza giri di parole, pieno di entusiasmo. Per la prima volta giocherà il tabellone principale per meriti di classifica. “In Australia ho raggiunto il terzo turno e vorrei spingermi ancora più in là. Ho intenzione di divertirmi, però avrò bisogno di un po’ di fortuna in tabellone, perché non essendo testa di serie potrei trovare subito Novak Djokovic”. Ovviamente c’è l’obiettivo di fare buone, anzi, ottime cose con il doppio. Anche in quel caso, l’obiettivo si chiama Roland Garros e poi Olimpiadi. E qui c’è un problema: la Francia ha tanti giocatori, talmente tanti che qualcuno dovrà restare fuori. Con un massimo di sei atleti, e i quattro posti per il singolare già sostanzialmente assegnati a Gasquet, Tsonga, Monfils e Simon, il duo Herbert-Mahut dovrà essere talmente bravo da convincere la FFT a convocarli per giocare soltanto il doppio. Stesso discorso per la Coppa Davis, dove per adesso la strategia di Noah ricalca quella di Clement e Forget: nessun specialista del doppio, ma quattro ottimi singolaristi che sanno adattarsi al doppio. “Per ora va così, ma se mi chiameranno sarò ben contento di andare!”.

Il problema della Francia è quello di avere troppi giocatori. Una maledizione mascherata da benedizione. Pierre Hugues lo sa e per questo lotta duramente anche in singolare, alternando la programmazione per essere sempre competitivo. Ad esempio, lo scorso febbraio – d’accordo con Mahut – i due si sono separati per un mese, con Pierre in campo nei vari tornei challenger per migliorare la sua classifica. Poi si sono ritrovati a Indian Wells e da allora non hanno più perso. Però P2H, come lo chiamano i francesi, può essere un elemento molto competitivo anche in singolare. La sua coordinazione occhio-mano è impressionante (riesce tranquillamente a palleggiare con la mano sinistra) e il suo serve and volley è merce rara nel tour. Talmente rara da mettere in difficoltà, o almeno sorprendere, la maggioranza dei colleghi. Tra l’altro, dopo un anno di vagabondaggio, adesso si è affidato alle cure della FFT, appoggiandosi alle strutture del centro tecnico del Roland Garros, pur continuando a viaggiare con il coach Boris Vallejo. A Madrid si gioca sulla terra battuta, ma sono campi particolari, dove uno come lui può essere pericoloso. Molto pericoloso. Ha bisogno di vincere due partite, ma non sarebbe male vederlo contro Rafa Nadal negli ottavi. Potrebbe essere molto divertente.