Il lèttone parla durante il Roland Garros e denuncia le cattive condizioni di chi non occupa le prime posizioni del ranking. “Veniamo trattati male e dobbiamo stare attenti alle spese: per chi è in cima è più facile riprendersi da un cattivo stato di forma. Ho lasciato Bresnik perché a 27 anni non posso essere una seconda scelta”.

Quando parla Ernests Gulbis vale sempre la pena ascoltare. Difficile trovare un giocatore che dice sempre quello che gli passa per la testa. Il tenore di tante conferenze stampa è “ovattato”, mentre il lèttone offre sempre la sparata da titolo, magari di copertina. Reduce da un periodo disastroso dopo la gloria di due anni fa, anche a causa di un paio di fastidiosi infortuni, si sta riprendendo soltanto adesso. Giunto al terzo turno del Roland Garros, nei giorni scorsi ha rilasciato alcune interviste (al New York Times e a Sport 360), con affermazioni che fanno riflettere. Ed è curioso che un concetto importante come la “democrazia” sia menzionato da chi viene considerato un “figlio di papà” in virtù della ricchezza del padre. Adesso che si trova al numero 80 ATP dopo aver annusato i top-10 ed essere uscito dai primi cento, sta vivendo in prima persona tutti i disagi dei giocatori di secondo piano. Ecco una carrellata delle ultime opinioni del Principe Ernests.

“Quando arrivi tra i migliori è un mondo completamente diverso. Tutti ti vogliono, tutti vogliono piacerti. Due anni fa sono arrivato in semifinale, adesso chi gioca sul Campo 18 viene trattato di merda. Ho chiesto se era disponibile un buon campo dove giocare, ma mi hanno detto: “No, scendi in campo e gioca”. Devi giocare in qualsiasi situazione, anche climatica, e nessuno dice niente”.

Il tennis offre una democrazia dove tutti hanno le stesse possibilità? Il mondo del tennis non ha memoria: giochi male un paio di mesi e tutti si sono dimenticati di te”.

“Ho lasciato Gunther Bresnik perché non era più il caso che fossi la seconda o la terza scelta. E’ possibile farlo a inizio carriera, ma non puoi accettarlo a 27 anni e per un periodo così lungo. Ho ancora 4-5 anni di tennis davanti a me e voglio un coach e un fisioterapista che mi seguano al 100%. Ho fatto questa scelta soltanto pensando ai miei interessi”

“Se sei numero 40, 30 o 20 del mondo devi stare attento ai soldi. Non guadagni cifre folli. Puoi fare una vita più che dignitosa, ma devi valutare lo stipendio del coach e e chi viaggia con te. Questa situazione aiuta i big, che possono portarsi sempre dietro qualcuno. Magari hanno un calo di forma, ma poi la recuperano velocemente. Se invece viaggi da solo, come fai a uscire dalla buca? Fidatevi, non è facile tornare a giocare dopo un infortunio, specie se hai ancora dolore”.

“Scommesse? Non sono mai stato approcciato, credo per due motivi. Il primo è che ho sempre avuto quest’aura di persona ricca, che non ha bisogno di soldi. La gente ha il timore di contattarmi anche per via del mio carattere: sanno che li prenderei per il collo e li porterei a chi di dovere. Credo che sia questa la ragione per cui sono lontano da queste cose. Insieme ai top-players, sono il più lontano”.

“Doping? Credo che il tennis sia pulito, più di quanto vogliano far credere. Se qualcuno ti batte è perché lavora e si allena più di te. Non necessariamente per questo devi essere attaccato”.