ROLAND GARROS – Incredibile Tsvetana Pironkova: la bulgara centra i quarti su una superficie dove non aveva mai ottenuto risultati: sotto 6-2 3-0 contro la Radwanska, infila dieci game di fila e coglie un traguardo del tutto inatteso. A 28 anni, ecco i frutti di un’adolescenza di sacrifici. E contro la Stosur, chissà…

Nelle sue prime nove partecipazioni al Roland Garros, Tsvetana Pironkova non era mai andata oltre il secondo turno. L’anno scorso si era spinta fino al terzo, ma nessuno pensava che potesse andare oltre. Invece, incredibile ma vero, la bella bulgara è tra le prime otto grazie al successo in rimonta su Agnieszka Radwanska (2-6 6-3 6-3 lo score). Nel suo 43esimo Slam consecutivo, ha colto per la prima volta la seconda settimana a Parigi. Ce l’aveva fatto soltanto altre volte: a Wimbledon nel 2010 e nel 2011, e allo Us Open 2012. Ma sulla terra, beh, non ci credeva proprio nessuno. In primis Tsvetana, il cui tennis è perfetto per i campi veloci e i rimbalzi bassi, dove la palla sembra un’anguilla. Non a caso, sei anni fa è arrivata a tanto così da una storica finale a Wimbledon. Dopo la clamorosa vittoria su Venus Williams, vinse il primo set contro Vera Zvonareva prima di perdere l’occasione della vita. Si può dire che la Pironkova (nata e residente a Plovdiv) sia la bestia nera di Venus. L’ha battuta due volte a Wimbledon e l’aveva superata anche nella sua prima apparizione Slam, all’Australian Open 2006. Aveva appena 18 anni e strillava dopo ogni colpo. Sembrava un’altra classica picchiatrice dell’est, pur con un fisico mingherlino. Ma il tempo ha svelato la sua vera natura: è una tennista cerebrale, con evidenti limiti tecnici e qualche punto forte. Quando però i pezzi del puzzle si mettono insieme, beh, può essere pericolosa per tante. Ma sul veloce, però. Sulla terra rossa non aveva mai combinato granché, salvo un quarto di finale a Roma nel 2008. “Il fatto è che sulla terra devi palleggiare, colpire, palleggiare, colpire…ma non fai mai un vincente!” diceva tra uno sfracello e l’altro a Wimbledon. Nemmeno lei avrebbe pensato di centrare i quarti al Roland Garros, men che meno in un torneo ultra-bagnato dalla pioggia, con i campi ancora più lenti e pesanti. Un mezzo pantano. Invece è lì, tra le prime otto, con legittime speranze di andare ancora avanti. Già, perché adesso sfiderà Samantha Stosur e non Simona Halep. E’ sotto 3-1 nei precedenti, ma ha vinto l’ultimo e le due non si sono mai affrontate sulla terra. Sulla carta non ci sarebbe partita, ma la bulgara avrebbe dovuto perdere dalla Errani, dalla Stephens….e dalla Radwanska.

 
LA “SCARLATTINA” DI PAPA’ KIRIL
L’aveva superata quattro anni fa ad Eastbourne, ma lì si giocava sulla sua amata erba. Invece qui sembrava non avere chance. E domenica sera, quando la pioggia è tornata a lavare Bois de Boulogne, il punteggio recitava 6-2 3-0 per la polacca. L’ultima parte del match avrebbe dovuto essere routine, un cartellino da timbrare per poi tornare al calduccio della players lounge. Ma le 40 ore di pausa hanno mandato in tilt la Radwanska (dolorante al polso destro, va detto). Pronti, via, al rientro la Pironkova ha raccolto 10 (dieci!) giochi consecutivi. Si è presa il secondo set, poi dopo l’ennesimo acquazzone ne ha intascati altri quattro. Sotto 4-0 al terzo, Aga ha provato a reagire ma era troppo tardi. La bulgara aveva l’esperienza necessaria per non tremare. Il rovescio è un colpo splendido, lo gioca a occhi chiusi. Ma con il dritto può essere un banca per le avversarie. Si è inventata un’artigianale soluzione in slice, ma può essere incisiva sull’erba. Non certo sulla terra battuta. Invece a Parigi sta facendo miracoli, anche con la soluzione piatta da “maestrina” da scuola SAT degli anni 80. E così si è assicurata 500 punti WTA che le assicurano di giocare ancora qualche Slam senza l’incubo delle qualificazioni. Come tante giocatrici, Tsvetana deve molto al padre. Il signor Kiril Pironkov, aria burbera (per non dire minacciosa), era un ex campione di canoa ma poi si è innamorato del tennis. Come diceva Rino Tommasi, il tennis è come la scarlattina: se ti prende da bambino ha il suo decorso normale, se invece arriva in età adulta è molto grave. Per lui divenne una fissa, tanto da allenarsi 5-6 ore al giorno. Da lì è diventato allenatore. Ci ha provato con gli altri fratelli (un maschio e una femmina), ma gli è andata bene solo con Tsvetana.

Farsi allenare da un genitore non è sempre la scelta giusta, ma a volte ci sono legami che vanno oltre una semplice partnership tecnica. Nel caso della Pironkova è proprio così: i genitori, papà in primis, le sono sempre stati dietro. Per un paio d’anni, il signor Kiril non ha potuto viaggiare con lei a causa di un problema di salute di cui non ha mai voluto parlare. Per questo, oggi è in prima fila per ogni suo successo. Più in generale, la famiglia Pironkov non navigava nell’oro. Non è leggenda, ma semplice realtà, il fatto che nei primi anni di carriera abbia avuto qualche problema economico. Notti negli aeroporti, stile di vita un po’ spartano. Per racimolare qualche soldo, hanno dovuto vendere i quadri di nonno Encho, buon pittore. Era l’unico modo per pagarsi qualche viaggio nell’inferno dei tornei ITF. Ma a lei non è mai mancata la pazienza. Sapeva che prima o poi il talento l’avrebbe portata da qualche parte. Magari non è baciata dal talento di Richard Gasquet (mentre l’avvenenza non è seconda a nessuna: la stampa patinata bulgata lo sa bene e le ha dedicato parecchie copertine), ma intanto è salita al numero 31 WTA e ha conquistato un titolo WTA (Sydney 2014, dopo oltre 200 tentativi andati a vuoto). Oggi è numero 102, ma il Roland Garros la spingerà ancora più in altro. E tra poco arriva l’erba, la sua amata erba. Prima di tuffarsi sui prati, tuttavia, ha un match tutt’altro che impossibile contro la Stosur.


Tsvetana Pironkova (BUL) b. Agnieszka Radwanska (POL) 2-6 6-3 6-3