Un interessante articolo del Guardian prova a individuare le ragioni per cui Novak Djokovic è così dominante. Alcuni aspetti si vedono a occhio nudo, altri sorprendono. Ad esempio, sapevate che è molto più incisivo quando lo scambio si chiude entro quattro colpi? Il suo declino inizierà nel momento in cui perderà qualcosa in queste cinque chiavi.Fateci caso: da quando Novak Djokovic è il numero 1, ci siamo divisi tra elogi (doverosi) e qualche critica, se non altro perché il suo gioco non è così spumeggiante. Ma in pochi hanno cercato di capire le ragioni che lo hanno reso così forte e dominante. Possiamo chiacchierare all’infinito, ma in campo si vince con la tecnica, il fisico e la mente. Il serbo ha vinto gli ultimi quattro Slam con una combinazione perfetta delle sue armi. Con l’aiuto di alcuni esperti, il Guardian ha cercato di capire le cinque ragioni che rendono Djokovic così forte, quasi imbattibile. Vale la pena riportarle, anche per capire dove potrebbe arrivare il calo che consentirà agli inseguitori di ricominciare a batterlo. I dati statistici arrivano da Craig O’Shannessy, colui che analizza tattica e strategie per ATP, WTA, Australian Open e Wimbledon. Quelli empirici da Henri Leconte, uno che sul campo era l’esatto opposto di Nole: braccio d’oro, fisico da commercialista. Ecco le ragioni che – secondo loro – rendono Djokovic così forte.
LA RISPOSTA AL SERVIZIO
Radek Stepanek aveva detto che si tratta della miglior risposta di tutti i tempi. “E’ impressionante soprattutto con il rovescio. La maggior parte dei servizi sono diretti verso il rovescio e lui risponde con una tecnica molto semplice – dice O’Shannessy – due mani sull’impugnatura, il corpo ruota di 90 gradi e il gioco è fatto”. Secondo i suoi dati, raramente Nole cerca il vincente ma predilige la sicurezza. In particolare, cerca di giocare al centro e molto profondo. Vuole azzerare l’impatto del servizio. “Solitamente il battitore ha i due colpi subito dopo il servizio per far valere l’incidenza del colpo. Se arrivi a giocare il quarto colpo, significa che ormai hai il 50% di chance di fare il punto”. Djokovic riesce a costringere il servitore sulla difensiva e poi ha ottime chance di vincere il punto. Raramente cerca il vincente (a Wimbledon 2015 ha giocato undici risposte vincenti in tutto il torneo), però mette sempre la palla in campo. E spesso dove vuole lui.
IL SERVIZIO
“La sua capacità più importante è la precisione – dice O’Shannessy – di solito, per colpire un barattolo vuoto nell’area del servizio, chiameresti Federer. Adesso credo che Djokovic sia ancora più preciso, soprattutto negli angoli. Raramente serve al corpo, ma cerca gli angoli esterni, soprattutto da destra. Come Federer, adotta questa soluzione soprattutto quando ha più bisogno di un punto. Al contrario, quando ha più margine di manovra, opta per la T”. Djokovic ha migliorato il movimento, rendendolo essenziale e mostrando una grande qualità: il lancio di palla è sempre identico, il che gli consente di nascondere fino all’ultimo la direzione del colpo. Non è il servizio più potente del tour (117 miglia di media con la prima, 97 con la seconda), però è molto costante e nelle ultime 52 settimane ha messo in campo il 66,6% di prime palle, terzo nel tour alle spalle di Nadal e Isner. Vien da pensare che si sia evoluto come Agassi: magari non avrà un servizio incredibile, ma possiede un turno di servizio difficilmente avvicinabile.
AMA I PUNTI BREVI
Dato sorprendente: Nole preferisce chiudere il punto entro i primi quattro colpi. O’Shannessy, guru delle statistiche, spiega che il 70% dei punti si risolve entro quattro colpi, il 20% tra il quinto e l’ottavo, e solo il 10% va oltre i nove colpi. Djokovic è in perfetta media, ma i suoi dati sono decisamente migliori quando lo scambio è breve. Quando resta entro i quattro colpi, all’Australian Open 2015 il suo bilancio tra punti vinti e persi ha parlato di un maestoso “+89”, che diventa “+48” tra cinque e otto, e si trasforma in un modesto “+13” quando si va oltre il nono colpo. Il luogo comune lo dipinge come un lottatore, uno splendido difensore, un guerriero, ma la verità è che ama chiudere i punti abbastanza in fretta. L’avreste mai detto?
UN GIGANTE SUL PIANO MENTALE
Secondo Henri Leconte, la chiave di volta è stata la vittoria in Coppa Davis nel 2010. “Dopo quel successo ha certamente trovato il modo per concentrarsi al meglio ed essere sempre pronto per i grandi tornei”. Senza dimenticare l’infanzia difficile e la crescita in un paese devastato dalla guerra. “La vita è stata dura sia per lui che per la sua famiglia. Ha vissuto momenti terribili, quindi adesso si gode la vita. Se vince è importante, ma se perde non è la fine del mondo. E’ una persona felice, conosce molto bene il suo corpo e questo gli consente di essere più rilassato. Quando sei al numero 1 devi goderti il momento e lui è perfettamente in grado di farlo”.
PREPARAZIONE ATLETICA E FLESSIBILITA’
Il suo modo di stare in campo è diverso da quello di Nadal. Non fa recuperi ai limiti del paranormale, ma è leggerissimo e la sua grande dote è la flessibilità. “Non ho mai visto nessuno flessibile come lui, forse Plastic Man. Credo che nel tennis di oggi la flessibilità sia la cosa più importante, con articolazioni e legamenti. Questo consente di allenarsi il più possibile e non perdere in potenza. Quando lo vedo scivolare, anche sulle superfici dure, penso che si rompa qualcosa. Invece riesce a farlo, è incredibile”.
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