Diciamoci la verità: forse era sbagliata la troppa attesa montata sin dal sorteggio intorno al match Murray-Kyrgios, e non quello che l’incontro ha riservato. È vero che l’australiano sta ritoccando il best ranking settimana dopo settimana, che a Wimbledon ha già battuto Nadal e pure raggiunto i quarti di finale, ma pensare che il Murray di quest’anno potesse perdere questo match era decisamente esagerato. Bastava dare uno sguardo ai tre precedenti Slam, tutti nel giro di un anno e mezzo, per farsi un’idea di come sarebbe finita: e dopo il doppio 3-0 di Melbourne e Parigi (2015), e il 3-1 dell’ultimo Us Open, è arrivato un nuovo 3-0 senza storia, in appena 1 ora e 43 minuti, sufficienti allo scozzese per chiudere 7-5 6-1 6-4 e bocciare l’amico-rivale, completamente innocuo dopo il primo set. Kyrgios ha tutto per giocarsela anche con i Fab Four, dal tennis al fisico e pure un pizzico di sana strafottenza, ma senza la continuità a far da collante prevale il disordine, e il risultato è un match come quello del Centre Court: buono finché tutto è andato bene e la prima di servizio l’ha assistito a dovere, pessimo non appena c’è stato bisogno di fare qualcosina in più. Probabilmente sarebbe cambiato poco o nulla, perché Murray è sceso in campo in modalità muro e con in mano un fucile di precisione, che per tre set gli ha permesso di mettere la palla dove gli pareva. Ma uno che punta un giorno a diventare numero uno del mondo non può sparire completamente dal campo come ha fatto Kyrgios, perdendosi a parlottare da solo o coi raccattapalle, senza la minima pausa fra un punto e l’altro. Si dice che un buon tennista debba pensare il meno possibile, ma a volte il cervello serve. Kyrgios stasera non l’ha usato.
IL VERO FAVORITO PER IL TITOLO
La cronaca del match si riduce a pochissimi passaggi, giusto un paio, dato che l’australiano non ha visto nemmeno l’ombra di una palla-break. Le prime che ha concesso gli sono costate il primo set, le successive hanno lanciato Murray sul 3-1 del secondo, prima del black-out di Kyrgios. Lui ha staccato la spina, lo scozzese, silenzioso e concentratissimo in piena Lendl-mode, ha sfruttato il momento per staccarlo definitivamente e ha messo insieme una seconda parte di match da 110 e lode. Poteva rilassarsi, sicuro che l’avrebbe portata a casa comunque, invece ha continuato a spingere, ad azzardare splendide palle corte e comandare gli scambi, il tutto sbagliando sì e no una manciata di palle. Kyrgios invece, schiavo del suo modo di essere (o voler essere?), non ha nemmeno provato a mischiare le carte, a lottare, a cercare di costruirsi un’altra chance, come se il piano B non faccia proprio parte del personaggio, nemmeno quando il ruolo di protagonista spetta all’avversario. La scritta “Time is running out” (il tempo sta finendo) che si è fatto tatuare sul braccio destro non ricalca la sua situazione, visto che a 21 anni ha ancora davanti tutto il tempo necessario per diventare un fenomeno. Ma da qualche parte la strada verso una netta crescita dal punto di vista mentale deve iniziare, e per il momento pare che il buon Nick non ne abbia ancora trovato l’imbocco. Buon per Murray, che si prende la 50esima vittoria in carriera a Wimbledon e approda ai quarti (per il nono anno di fila: nessuno come lui) con il minimo sforzo, con quattro vittorie in tre set e nemmeno un tie-break giocato. Un rendimento che basta e avanza per far capire le sue intenzioni, diventate ancor più chiare dopo l’eliminazione di Novak Djokovic. Per arrivare in finale mancano ancora due vittorie, ma il principale pericolo si chiama già Roger Federer. E questo Murray può permettersi di non avere paura.
WIMBLEDON 2016 – Ottavi di finale uomini
Andy Murray (GBR) b. Nick Kyrgios (AUS) 7-5 6-1 6-4
Il vero candidato
L’eliminazione di Djokovic ha fatto bene a Andy Murray: lo scozzese sfodera una prestazione “monstre” e pialla in tre set un pessimo Nick Kyrgios, crollato dopo aver perso il primo. L’australiano merita una severa bocciatura, ma un Murray così perderà molto difficilmente.