“Non ho particolari rimpianti”, ha detto il canadese in conferenza stampa, dopo la sua prima finale Slam. Non sarà l’ultima, e c’è da scommettere che prima o poi ce la farà. “Non ho dubbi: ho le armi per vincere uno Slam. Il problema è riuscire a usarle nel momento giusto”.

Forse non è corretto parlare di colpe, ma se Andy Murray ha vinto il suo secondo Wimbledon chiudendo la finale in tre set ci sono anche dei demeriti di Milos Raonic. Il canadese ha tutte le attenuanti del mondo, ma la situazione non cambia, e la sconfitta brucia. Non tanto per il risultato in sé, quello se lo poteva (doveva?) aspettare, quando per come è maturata, con due tie-break mai in discussione e pochissime chance in risposta. La sua delusione è emersa in conferenza stampa: ha fatto un paio di battute, ha dato risposte sensate, ma sempre piuttosto corte. Segno che – come spesso capita ai giocatori, specialmente dopo le sconfitte – avrebbe preferito essere ovunque meno che davanti ai giornalisti.

Al momento – ha detto – non ho particolari rimpianti. Penso di aver fatto il meglio che ho potuto. Ho provato a mettergli pressione, ad andare sempre a rete, ma da fondo campo Murray ha giocato molto meglio di me. Forse all’inizio del match sono stato troppo passivo nei suoi turni di servizio, ma poi ho provato a fare qualcosa in più, a costruirmi delle chance, ma non ha funzionato. Ogni volta che Andy ne ha avuto la possibilità è stato molto aggressivo, ha fatto un sacco di punti attaccando con il diritto. E poi ogni volta che giochi contro di lui, come contro Djokovic, devi sapere che risponderà molto più di chiunque altro. Si muove benissimo, risponde benissimo, bisogna trovare il modo di fargli male comunque. Non credo di aver accusato la pressione dovuta alla mia prima finale, ma nei momenti importanti non sono riuscito a giocare al meglio. Però l’unico rimpianto ce l’avrei se non facessi di tutto per mettermi di nuovo nella posizione per provare a vincere”.

La finale ha dato ragione a Murray in pochi frangenti, principalmente nei due tie-break, subito decisi dall’allungo dello scozzese. “Il secondo l’ha giocato molto bene lui, mentre nel primo ho commesso un paio di errori facili, sicuramente non avrò un bel ricordo di come è andato”. E quando è stato lui ad avere una chance, sul 2-2 15-40 al terzo, non è riuscito a sfruttarla. “È stato il momento in cui mi sono sentito più vicino a lui. Magari se fossi riuscito a ottenere il break qualcosa sarebbe cambiato, ma Andy ha fatto il massimo per non permettermelo”. Al di là della sconfitta, quello che è piaciuto del canadese (per tutto il torneo) è la costante ricerca della rete, con soluzioni spesso da applausi. “Credo sia la cosa più positiva che mi porto a casa, non ho ancora visto i numeri, ma credo di essere stato ottimo nelle discese a rete”.

 Un primo passo, insomma, verso la costruzione di un gioco che secondo molti prima o poi il titolo a Wimbledon glielo regalerà. “Devo provare a tornare in finale, e magari in una posizione ancora migliore. So di dover lavorare su tantissime cose: il servizio, la risposta, le discese a rete, devo diventare più forte, più agile. Non c’è nulla che non debba migliorare e non c’è nulla che lascerò intentato. Insieme al mio team valuteremo su cosa concentrarci”. E forse, udite udite, davanti a lui ci sarà anche John McEnroe, vista la buona riuscita dell’esperimento Wimbledon. “Non ho ancora parlato con nessuno dopo il match, come terapia (ride, ndr) sono venuto a parlare con voi. Però sono sicuro che nelle prossime 24 ore discuteremo l’argomento, e credo che proveremo a trovare una soluzione per andare avanti. John mi può ancora aiutare”.

Nonostante il KO, Raonic torna in Canada (questa volta sì, si può dire, visto che il suo prossimo torneo sarà la Rogers Cup) col sorriso, e un bagaglio d’esperienza ancora più ricco. “Ho fatto un passo avanti rispetto alle semifinali del passato, ho fatto grandi cose. Ho vinto un match rimontando da due set sotto, come non mi era mai riuscito prima. Ho dimostrato forza, vigore. Mi porterò tante cose nei prossimi tornei”. E chissà che proprio nei “prossimi tornei” non possa arrivare il suo primo titolo veramente importante: un Masters 1000, oppure addirittura uno Slam. “Credo di avere le abilità per vincere uno Slam, nella mia testa non c’è ombra di dubbio. La questione è essere capace di tirarle fuori nel momento giusto, quando capita l’occasione. Nessuno me la regalerà, devo lavorare duramente per andarmela a prendere. Ci sono altri giocatori che hanno i miei stessi obiettivi, e per questo devo concentrarmi ogni giorno per migliorare, migliorare sempre di più. È la mia motivazione principale”.