COPPA DAVIS, L’OPINIONE – Un pessimo venerdì, vissuto sotto l’acqua, manda avanti l’Argentina. Si riparte dall’1-0 per loro, col rischio che Fognini debba giocare due partite in un giorno. Seppi gioca maluccio, si innervosisce più del solito e ha pure qualche problemino fisico. La situazione non è drammatica, ma adesso non si può più sbagliare. 

Piove.
Piove a inizio giornata, quando qualcuno teme che non si giochi neanche un punto.
Piove anche a fine giornata, quando Seppi e Barazzutti si presentano in sala stampa.
“Piove, governo ladro!” dice Corrado Barazzutti, provando a sdrammatizzare una situazione che – per fortuna – non è ancora drammatica.
Al termine della prima giornata, l’Argentina è avanti sull’Italia e c’è da raccontare dell’acqua che ha messo in difficoltà tutti: squadre, organizzatori, pubblico, addetti ai lavori. Insomma, ha fatto un po’…acqua da tutte le parti. Il Tennis Club Baratoff è un circolo grazioso, la gente ci sta mettendo l’anima, ma i limiti strutturali sono evidenti. E così è capitato di vedere qualche coda di troppo all’esterno, quando i cancelli erano ancora chiusi. A un certo punto, qualcuno ha anche abbozzato fischi e lamentele. Ma se hanno fatto così, c’era un motivo. E il motivo risiede nelle dimensioni del club. Peccato, perché il campo centrale avrebbe potuto ospitare fino a 6.000 persone, ma la pioggia, il ritardo di tre ore nel programma e il giorno lavorativo l’hanno riempito solo a metà, forse qualcosa di più. Anche gli argentini, sia pure molto rumorosi, erano meno del previsto.
Insomma, una giornata nera.
Non resta che sperare nella clemenza del tempo, nel sole e magari anche nel caldo che tanto aveva preoccupato nei giorni scorsi. Dopo una giornata vissuta tra i 15 e i 20 gradi, un po’ di tepore sembra la medicina giusta per rimettere in piedi una partita che, al termine della prima giornata, recita un pericoloso Italia 0 – Argentina 1.

QUANTE INCOGNITE PER SABATO
Federico Delbonis ha battuto Andreas Seppi in quattro set: lo svolgimento della partita ve l’ha raccontata Marco Caldara. Qui vale la pena citare l’ambiente e – soprattutto – le reazioni dei protagonisti. Purtroppo, il pubblico non ha fatto la differenza. Non che Seppi sia un tipo infiammabile, ma creare un po’ di (sana) ostilità verso gli argentini gli avrebbe potuto far bene. In fondo, in Davis l’asticella del tollerabile si alza quel tanto che basta per far venire la pelle d’oca. La stessa pelle d’oca che gli argentini hanno sentito quando hanno suonato “Oid Mortales”, il loro inno nazionale, che nelle manifestazioni sportive viene eseguito solo nella parte musicale, prima che inizi il testo. Caso più unico che raro. Si caricano come molle, loro e il loro pubblico. C’erano striscioni, slogan, tamburi, parrucche, maglie colorate…insomma, tutto il campionario che siamo abituati a vedere alla Bombonera, piuttosto che al Monumental. Il pubblico italiano, compresi i tifosi “militareschi” di “We Are Tennis” erano meno numerosi rispetto a marzo, ed è quasi incredibile. Speriamo che si rifacciano sabato, in quella che sarà la giornata-chiave dell’intera serie. Alle 11 giocheranno Fabio Fognini e Juan Monaco, poi ci sarà il doppio. Sappiamo che Daniel Orsanic schiererà Pella-Del Potro, mentre l’Italia è un’incognita. Barazzutti rifiuta di parlarne, ma c’è da capirlo: probabilmente non sa neanche lui se Fognini sarà in grado di giocare due match, nello stesso giorno, al meglio dei cinque set. E poi c’è l’incognita Seppi: sul 3-2 nel quarto, ha chiesto l’intervento del fisioterapista (schiena e gamba, dice lui). Un Seppi che ha fatto il possibile, ma era piuttosto nervoso. Nel finale, fatto insolito per lui, si è persino arrabbiato con qualcuno del pubblico. “Vieni in campo te!” avrebbe detto a Massimo Sartori, che peraltro pochi game prima aveva parlato con Barazzutti. “Giocavo da quattro set e non avevo ancora capito come rispondere: se stare avanti, stare indietro….non ci capivo granché. Allora ho avuto un attimo di nervosismo verso me stesso”. Risposta diplomatica, ma ci sta. L’importante sarà recuperare a dovere perché questa serie può dire ancora tante cose, anche positive.




I SERAFICI ARGENTINI
Non serve recriminare per il primo set giocato male, poi ricucito, poi perso al fotofinish. E nemmeno per l’incapacità di pungere nei momenti importanti. “Di solito riesco ad alzare il livello, invece stavolta è successo tutto il contrario”. Italia 0 – Argentina 1. E’ come il primo tempo di una partita di calcio (o magari di basket, lo sport più popolare qui a Pesaro), quindi non c’è nulla di definito. Lo sa bene l’equipo albiceleste, che ha mostrato poco (nulla?) di quello spirito caliente che spesso viene attribuito al popolo argentino. Nè Delbonis né Orsanic si sono lasciati andare a particolari esultanze. Il giocatore ha mostrato qualche pugnetto solo in avvio di terzo set, quando l’inerzia del match era a favore di Seppi, e lui aveva tenuto un paio di turni di servizio piuttosto complicati (alla fine Seppi sommerà quattro palle break nel terzo e tre nel quarto, tutte sciupate). Orsanic, si sa, pur avendo sangue croato nelle vene, sembra più un britannico. O magari un giapponese. “La chiave della partita è stata il primo set: Fede lo ha dominato, poi ha rischiato di perderlo. Aggiudicarsi il tie-break è stato un sollievo. E’ stato stabile sul piano mentale: la partita ha avuto mille ribaltamenti di fronte, ma lui ha sempre provato a trovare la soluzione, a venirne fuori. Bravissimo. Il doppio? E’ ovvio che se Fognini dovesse giocare due partite per noi sarebbe un piccolo vantaggio, ma non dobbiamo pensare agli altri”. Non ci hanno pensato nemmeno quando Seppi si è fatto trattare a schiena e gambe, salvo poi tornare a giocare senza grossi problemi. A voler credere a Orsanic, non ne hanno nemmeno parlato ai cambi di campo. Vero o falso, Delbonis è stato bravissimo a restare sempre concentrato. Non era impossibile perché nessuno l’ha messa in caciara, ma non era neanche facile. In fondo non aveva ancora vinto una partita di Davis in trasferta.




Si riparte con il singolare tra Fabio Fognini e Juan Monaco. L’argentino, che ama giocare per primo, sarà ben contento di poter gestire la routine pre-partita, mentre Fabio potrebbe anche essere nervoso per la zavorra psicologica di dover (poter?) giocare anche il doppio. E’ pesante, l’assenza di Simone Bolelli. Il bolognese non ha fatto mancare il suo apporto. E’ venuto a Pesaro, si è seduto in panchina e ha fatto il tifo. Ma il ginocchio appena operato non gli consente di più. E’ complicata, Italia-Argentina a Pesaro. Ma non è impossibile, perché la Davis è il teatro dell’irrazionalità, lo scenario dell’impossibile, il palcoscenico del surreale.
Ad esempio, la pioggia e il freddo in pieno luglio.
Piove, a Pesaro.
Ma non può mica piovere per sempre.