. Fino al 2004, il torneo a cinque cerchi non era certo tra gli eventi clou, poi è cambiato qualcosa. A Pechino e a Londra c’erano tutti i migliori, tanto da farci pensare che la medaglia al collo potesse valere quanto e più di uno Slam. Ma il terrore del virus Zika, malattia che si può contrarre tramite la puntura di una zanzara, sta mettendo una gran paura ai giocatori. Mancano due settimane e già quattro top-players hanno annunciato il forfait: Milos Raonic e Tomas Berdych tra gli uomini, Simona Halep e Karolina Pliskova tra le donne. Ma altri sono indecisi e ulteriori forfait non sarebbero certo una sorpresa. Ma davvero il rischio di malattie è così alto da rinunciare a un evento come le Olimpiadi? Davvero è il caso di lasciar perdere, con il rischio di non poterci essere tra quattro anni a Tokyo? “Dopo un attento ragionamento, ho concluso che i rischi sono troppo alti per la mia carriera e per la mia salute – ha detto Simona Halep – la famiglia è troppo importante per me e non posso rischiare di non averne una dopo la fine della mia carriera”. L’ufficialità è arrivata qualche giorno fa, ma la rumena serbava timore già da tempo. Simona avrebbe dovuto giocare il doppio misto con Horia Tecau, ma alla fine l’ha lasciato a piedi. Il doppista è piuttosto deluso dalla scelta della connazionale. “C’è grande paura per questo virus, ma ci sono rischi da ogni parte del mondo – ha detto Tecau – credo che la percentuale di rischio sia molto bassa. Non mi sembra ua ragione abbastanza solida per non partecipare”. Non la pensa così Tomas Berdych, secondo top-10 a lasciar perdere dopo Milos Raonic. Ma se il canadese è stato sincero, ammettendo che si tratta di una scelta strategica, il ceco non andrà in Brasile proprio a causa del virus. E sogna di giocare a Tokyo, anche se nel 2020 avrà 35 anni. “Giocherò ancora 2, 3, 4 anni, ma poi avrò davanti un’altra sessantina di anni. Se dovesse succedere qualcosa di male per la sola volontà di giocare un torneo, potrei avere una brutta vita. No, non voglio correre il rischio, anche se fosse molto piccolo”. Prima di questa mini-pioggia di ritiri, l’unico a manifestare timori era stato Alexandr Dolgopolov, il primo a ritirarsi anche perché è già colpito dalla Sindrome di Gilbert, una condizione del fegato che a Rio potrebbe peggiorare.
IN BRASILE NON C’E’ PREOCCUPAZIONE
Qualcuno pensa che Zika sia una semplice scusa, un ottimo alibi per evitare una trasferta piuttosto complicata nel bel mezzo dell’avvicinamento allo Us Open. Al di là del prestigio, l’Open degli Stati Uniti è molto più remunerativo dei Giochi. Guardandola con gli occhi del professionista, le Olimpiadi sono un evento sacrificabile. I Masters 1000 e gli Slam no. In effetti ci sono alcuni elementi che fanno pensare al fatto che Zika non sia una minaccia così grande. Ad esempio, il Dipartimento di Stato americano ha distribuito ai tennisti un opuscolo sulle minacce e le difficoltà che si potrebbero incontrare a Rio. Ci sono 33 pagine e 20 parlano di sicurezza e criminalità: soltanto una pagina (scarsa) parla di Zika. E i brasiliani cosa dicono? Il più arrabbiato è il doppista Bruno Soares. “Non è la fine del mondo come qualcuno vorrebbe far credere. Io voglio solo dire le cose come stanno. In molti sono venuti a chiedermi com’è la situazione in Brasile, specie dopo quello che hanno detto i media internazionali. Ma vorrei ricordare che a febbraio c’è stato l’ATP 500 di Rio, nella stagione dove le zanzare sono più diffuse (e non si sviluppano durante l’inverno) e non c’è stato neanche un caso. In Brasile non c’è nessuna preoccupazione su questo virus. Le persone svolgono un’esistenza normale”. Le sue spiegazioni non hanno convinto Eugenie Bouchard, ancora indecisa sul da farsi. “Non so se vale la pena andare, tenendo conto che potrei mettere a repentaglio la salute dei miei futuri bambini. Sto ancora decidendo”. In effetti qualche dubbio c’è: Sloane Stephens ha avuto diversi pareri medici, ma alla fine andrà con un oggetto in più in valigia: una zanzariera. “Un medico mi ha consigliato di non andare perché non si sa cosa succederà, mentre altri mi hanno semplicemente detto: ‘Le Olimpiadi sono il tuo sogno? Benissimo, vai!’”.
(Dichiarazioni tratte da un articolo del New York Times, a firma di Ben Rothenberg)