MASTERS 1000 TORONTO – Il giapponese contiene le sfuriate iniziali dello svizzero, annulla quattro setpoint (di cui tre con merito) e si prende la terza finale in un Masters 1000. Sta cercando con maggiore frequenza la via della rete, il che lo espone a qualche errore di troppo. Ma la sua solidità è sufficiente per mettere KO un Wawrinka che si scioglie dopo il primo set.

Kei Nishikori va in finale, ma la verità è che Stan Wawrinka ha buttato via la semifinale della Rogers Cup. Tutto, a partire dai precedenti, faceva pensare a un successo dello svizzero. E invece Stan è annegato nei quattro setpoint bruciati nel primo set, due sul 6-5 e due nel tie-break. A ben vedere, soltanto il quarto è stato un suo grave errore (non puoi commettere un doppio fallo sul 6-5 nel tie-break…), però l’impressione è che avrebbe potuto (dovuto?) vincere il parziale ben prima del tie-break. Era più in palla del suo avversario, più focus su questo torneo, mentre Nishikori dà l’impressione di essere in una fase in cui sta cercando di completare il bagaglio tecnico, anche a costo di perdere qualche partita in più. Lo testimonia il buon numero (per lui) di servizi seguiti a rete. Da fondo, Kei è meno implacabile dei momenti d’oro, però resta un giocatore preciso e affidabile. Nel momento in cui Wawrinka ha concesso qualcosa, lui è stato bravo a prenderselo. Ad esempio nel primo set, quando si è trovato in svantaggio di un break e nulla faceva pensare a una rimonta. Invece ha infilato un parziale di otto punti a uno che hanno rimesso in discussione la partita, aiutato da un Wawrinka che smarriva spesso e volentieri la prima palla. Nonostante i passaggi a vuoto, lo svizzero sembrava il giocatore migliore in campo. Nessuno si è stupito quando si è trovato 6-5 e 15-40 sul servizio del giapponese. Ma lì Nishikori è stato super, e col senno di poi ha meritato la vittoria. Sul primo setpoint ha tentato il serve and volley e si è salvato con una spettacolare volèe di dritto su una risposta-missile dello svizzero. Un ace nel punto successivo gli ha consentito di restare a galla.



Anche nel tie-break, affidandosi a qualche fiammata, Wawrinka aveva preso un discreto margine, ma poi ha buttato via tutto. Il doppio fallo sul quarto setpoint lo ha mandato in corto circuito e il match è finito lì. Il secondo set è stato tra i più brutti dell’anno, con Stan completamente fuori palla e autore di un errore clamoroso, sullo 0-3 e 40-40. La volèe difensiva di Nishikori era corta e altissima, lui si avventava verso la rete con il giapponese inerme. Il tocco di rovescio, sopra la rete, finiva clamorosamente in corridoio. Risate amare, viso nascosto sotto la maglietta, senso di sconfitta. Pochi minuti dopo, Nishikori intascava il successo con un severo 6-1 e risparmiava energie preziose in vista della finale, dove troverà il vincente tra Djokovic e Monfils. Per Kei sarà la terza finale Masters 1000 in carriera dopo quelle ottenute a Madrid 2014 e Miami 2016. Ma se quest’anno Djokovic gli è stato oggettivamente superiore a Crandon Park, gli resta l’enorme rimpianto per il malanno muscolare che gli ha impedito di battere Nadal due anni fa a Madrid. Il fisico resta il grande problema di Nishikori: riesce a esprimere un rendimento eccezionale, ma spesso il suo corpo ha bisogno di andare in officina. E in un tennis così frenetico, dove nessuno ti aspetta, non puoi permettertelo. Anche per questo, forse, sta cercando di migliorare nel gioco di volo in modo da chiedere meno al suo fisico. Per ora gli è andata bene e, se dovesse affrontare Djokovic in finale, proverà a diventare il quarto vincitore non compreso tra i Fab Four a vincere uno Masters 1000 dal 2011 a oggi. Djokovic, Nadal, Federer e Murray ne hanno vinti 47 degli ultimi 50, con le sole eccezioni di Ferrer (Bercy 2012), Wawrinka (Monte Carlo 2014) e Tsonga (Toronto 2014).

 


Kei Nishikori (GIA) b. Stan Wawrinka (SUI) 7-6 6-1
Novak Djokovic (SRB) b. Gael Monfils (FRA) 6-3 6-2