Non è il nome che gli americani hanno dato al Roland Garros, ma che cosa è diventato il loro torneo del Grande Slam. Non hanno più giocatori nel singolare maschile, mentre nei quarti di finale ci saranno tre francesi. L’eroe è il giovane Lucas Pouille, autore di un match monumentale contro Nadal. Lo batte 7-6 al quinto e la Francia gode: è nata una nuova stella?

Rafael Nadal non è solito sbilanciarsi, specialmente quando l’argomento sono le sue condizioni, ma stavolta ha avuto ragione lui. Venerdì sera i giornalisti gli hanno fatto presente che in undici apparizioni allo Us Open non era mai arrivato agli ottavi di finale così facilmente, con appena 20 giochi persi in tre incontri, ma lui ha fatto spallucce: “non penso conti molto in vista del prossimo match”. Nulla di più giusto, perché il suo torneo è finito lì, di nuovo prima dei quarti di finale per il quinto (!) Slam consecutivo, grazie a uno stratosferico Lucas Pouille. Con Monfils e Tsonga già qualificati ai quarti nelle ore precedenti, i francesi potevano godersi il match a mente libera, senza chissà quali aspettative. Invece il 22enne di Grande-Synthe, papà francese e mamma finlandese, ha reso il 4 settembre 2016 una giornata storica per i “galletti”, che per la prima volta dal Roland Garros 1947, 69 anni fa, portano tre giocatori nei quarti di uno Slam, col derby Pouille-Monfils a garantirne uno in semifinale. La gioia dunque va condivisa, ma la vittoria da prima pagina resta la sua: 6-1 2-6 6-4 3-6 7-6 nel match più bello e intenso del torneo. Quattro ore e sei minuti senza una briciola di timore reverenziale, che bocciano di nuovo Nadal, non tanto per il tennis quanto per la capacità di “ammazzare” i match ormai scomparsa, e ribadiscono che nel futuro ci sarà posto anche per Pouille. Il tennista per caso, nato in una famiglia che di racchette non ne aveva mai viste e arrivato in mezzo ai grandi a fari spenti, ma ormai pronto per vincere i match che contano anche negli Slam. Merita considerazione al pari di tutti gli altri astri nascenti, e il suo 2016 è un continuo crescendo: a Bucarest la prima finale ATP,  a Roma il primo risultato di spessore (semifinale) in un Masters 1000, a Wimbledon il primo quarto Slam e due mesi dopo il bis, con una vittoria Slam su “Rafa” che in Francia inseguivano da venti match, dallo strepitoso Australian Open 2008 di Jo-Wilfried Tsonga. Forse non è un caso che un Pouille 14enne abbia deciso di fare sul serio col tennis un paio di mesi dopo.

UN ARSENALE TUTTO DA GUSTARE
Il tennis è uno sport strano. Nel giro di quattro giorni si può passare dall’arrivare a due punti dal perdere in tre set contro Marco Chiudinelli, che un match Slam non lo vinceva dal 2010, a sculacciare davanti a 23 mila persone uno che di Slam ne ha vinti quattordici, compresi due Us Open. In mezzo, come se non bastasse, Lucas ci aveva messo altri cinque set (con rimonta da 1-2) contro Roberto Bautista-Agut, a far vedere che carattere e attributi sono fra le specialità della casa, e anche i muscoli sono già pronti per traghettarlo fra i grandissimi. Sul tennis c’erano già pochi dubbi e ne sono rimasti ancora meno, dopo un match maratona che ha visto il suo fuoco accendersi e spegnersi a fasi alterne, ma in cui han comunque prevalso la fiamme, alimentate da sprazzi di tennis stupendo. Come il 6-1 stampato in faccia a Nadal in 28 minuti, per presentare all’Arthur Ashe un arsenale di fucilate a velocità supersonica, ma anche una mano che all’occorrenza sa essere molto educata, e far capire che le intenzioni erano di prima classe. Oppure il modo in cui si è preso il terzo set, dopo che Nadal aveva fatto il Nadal, triplicando i colpi vincenti per pareggiare i conti. L’inerzia sembrava girata dalla parte del maiorchino? Bene. Break in apertura a rimettere subito il naso avanti, rovescio incrociato sempre profondo per togliere sicurezza a “Rafa” sulla sua diagonale sinistra, e due ace di fila ad aprire il game di servizio sul 5-4, quando in teoria il braccio dovrebbe tremare. Invece Lucas ha sfruttato a dovere i geni nordici di mamma Lena per rimanere freddo, gelando il lunghissimo clan Nadal (che tra team, genitori, fidanzata, sorella, nonna, zii, cugini e amici si è portato a New York 32 persone) e instillando ulteriori dubbi nella mente di Yannick Noah – presente in tribuna – in vista dell’imminente semifinale di Coppa Davis contro la Croazia. Ma Nadal è pur sempre Nadal, per batterlo di set giocati al massimo ce ne vogliono almeno tre, e non è detto che bastino. Lo smalto di Pouille sembrava consumato del tutto a metà del quarto: con un doppio fallo ha consegnato al rivale il 4-2 poi diventato 6-3, e in apertura di quinto set è subito andato sotto di un break.

NADAL DÀ UN DITO, LUI SI PRENDE LA MANO
Il quinto sembrava indirizzato: 2-0 Nadal, poi 3-1 e 4-2, con un “Rafa” super-efficace al servizio e molto propositivo, verrebbe da dire fin troppo. Ha capito che era il momento di allungare definitivamente, così si è buttato avanti molto più spesso del solito: una tattica che ha senso, ma in quel frangente se c’era qualcuno che doveva fare qualcosa di diverso era Pouille, non certo lui. Così ha finito per farsi del male da solo. Ha regalato una palla-break, cancellata con una splendida volèe in allungo, ma più che altro ha ridato fiducia al francese, che la seconda chance di 4-4 se l’è presa da solo e l’ha concretizzata. Una scarica d’adrenalina che ha cancellato la fatica e gli ha permesso di fare il pieno di benzina, di passare indenne da un nono game che poteva trasformarsi in un incubo quando uno smash spedito “in bocca” a Nadal ha generato pallonetto e palla-break, e di andare a prendersi il tie-break, con coach Emmanuel Planque e il manager Ugo Colombini (lo stesso di Andy Murray) sempre più tesi. Dopo un match così, il tie-break non poteva che riassumerlo in breve, con vari cambi di fronte. 1-0 Nadal con mini-break regalato, poi 4-1 e 6-3 Pouille, con tanto di ace, bomba di rovescio alla Djokovic e un paio di diritti in progressione a scardinare la difesa di “Rafa”, per mostrare che di tensione dalla sua Prince ne passa poca anche dopo 4 ore, e con una posta in palio da capogiro. Glien’è venuto qualcuno quando Nadal si è rifatto sotto fino al 6-6, cancellando uno via l’altro i primi tre match-point, ma l’incubo è finito appena dopo, quando “Rafa” ha confermato che non tornerà più quello di una volta. Ha fatto tutto alla grande, si è costruito la chance per affondare il drittone come ai tempi d’oro e salire lui a match-point, ma l’ha incredibilmente spedito in rete, dando il via libera a Pouille, che invece non ha sbagliato. Scambio lungo, dritto incrociato e “game, set and match”, con reazione sobria e tanti sorrisi. Fa parte del suo carattere, tranquillo e introverso, ma anche del personaggio, in contrapposizione con gli altri giovani che si stanno avvicinando ai piani alti della classifica. C’è lo spaccone Kyrgios, l’algido Zverev, il (troppo) sicuro di sé Coric, e poi c’è lui: il bravo ragazzo che fuori dal campo parla poco e dentro ancora meno. Preferisce lasciar fare alla racchetta.

US OPEN – Ottavi di Finale Uomini
Lucas Pouille (FRA) b. Rafael Nadal (ESP) 6-1 2-6 6-4 3-6 7-6