LE PAROLE DI WAWRINKA – Lo svizzero sostiene che la chiave del suo successo sia stata la capacità di dissimulare e non mostrare nessun acciacco o debolezza. “Ma prima della partita ero talmente nervoso da essermi messo a piangere. Di solito non ho pressione, ma quando gioco una finale Slam me ne metto addosso moltissima”.Abbandonata la polo fucsia con cui ha vinto lo Us Open 2016, Stan Wawrinka si è presentato in nero alla gioiosa conferenza stampa post-vittoria. Ecco i pensieri significativi del trionfatore di New York.

“E’ stato un match molto impegnativo non solo sul piano tecnico, ma anche fisico e mentale. Onestamente, a fine partita ero completamente svuotato. Ho dato tutto, non solo oggi ma in tutte le due settimane. Oggi ho provato a non mostrare segni di stanchezza o cedimento. Sul campo ho sofferto, ma sono felice e orgoglioso di quello che ho ottenuto. Devi accettare di soffrire ed essere quasi felice di farlo. Credo che sia stato lo Slam più doloroso che io abbia mai giocato. Ero stanco già a inizio partita, avevo i crampi nel terzo set, nel quarto avevo dolore, ma con Magnus avevamo stabilito che non avrei dovuto mostrare nulla”.

“Quest’anno credo di stare giocando meglio rispetto al 2015. Non avevo mai nemmeno sognato di vincere uno Slam fino all’Australian Open 2014. Mi sembrava un obiettivo troppo lontano. Non mi sono presentato a New York ponendomi la vittoria come obiettivo, ma ogni volta che scendo in campo so di poter vincere. E’ stato così anche oggi. Quando è iniziato il torneo non ho guardato il tabellone e mi sono detto: ‘Ok, il mio obiettivo è vincere il torneo’”.

“Prima di questa finale ero nervoso come non mai, tremavo negli spogliatoi. Quando abbiamo iniziato a parlare con Magnus, prima del match, ho iniziato a piangere. Stavo letteralmente tremando. Ma fisicamente c’ero, il gioco c’era ed è quello che è successo dopo qualche game, quando ho iniziato a credere in me stesso. Mi sono concentrato solo sulla partita e non su cosa sarebbe successo se avessi vinto”.

“Ricordo bene quando otto anni fa sono stato in svantaggio di due set contro Flavio Cipolla. Non mi ha stretto la mano, è italiano. Credo che fosse il campo 11 o il 14. Ricordo. I miei obiettivi all’epoca? Nella mia carriera ho sempre ragionato passo dopo passo, l’unica cosa che voglio è spingere al massimo e non avere rimpianti quando avrò smesso. Non mi va di trovarmi a pensare a cosa sarebbe successo se mi fossi allenato di più”.

“In generale, quando gioco gli Slam l’unica pressione che sento è quella che mi metto addosso. Ad esempio, contro Evans me ne sono messa molta. Non volevo perdere. Evans ha giocato molto bene, mi ha spinto al limite e non mi ha fatto giocare al meglio. Ho dovuto lottare, restare positivo, trovare soluzioni. Ho cancellato un matchpoint e c’è sempre un po’ di fortuna quando accade”-

“Non ho parlato con Federer, anche se in passato ci siamo scambiati consigli. Credo di sapere bene cosa fare contro Novak, specie in una finale Slam”.

“Adesso non mi focalizzerò solo su Wimbledon per cercare il Career Grand Slam, anche perché è troppo lontano per pensarci. Penso di poter giocare il mio miglior tennis anche sull’erba, ma non sono mai andato oltre i quarti. Ci sono alcuni giocatori migliori di me, ma anno dopo anno sto provando a migliorare e a trovare soluzioni. Quest’anno ho avuto qualcuno, nel mio team, che mi ha permesso di comprendere meglio il gioco”.

“La caccia al numero 1 ATP non è un obiettivo, anche se questo argomento viene fuori ogni volta che vinco uno Slam. Fino ad oggi non sono mai andato oltre il numero 3. Sono troppo lontano per pensare al numero 1. Novak è numero 1 e vince due-tre Slam all’anno, poi un minimo di cinque Masters 1000. Io quest’anno ho vinto quattro tornei, tra cui uno Slam. Sono ben contento di quello che ho fatto, ma sono troppo lontano dal n.1”.

“La pressione…il fatto è che non sono più giovane, quindi non mi va di perdere una finale, specie se si tratta di uno Slam. Diciamo che durante l’anno non ho particolare pressione, ma quando gioco una finale lei torna, inesorabile, perché il trofeo del finalista non è assolutamente la stessa cosa”: