IL PERSONAGGIO – Esplodono nel nuovo torneo di Chengdu le ambizioni del russo Karen Khachanov, ventenne di due metri tanto rude con la racchetta quanto educato fuori dal campo. Ha scelto la Spagna e coach Galo Blanco per diventare grande nel tennis, e battendo uno spagnolo ha acciuffato la prima “semi” nel Tour. Kafelnikov lo vedeva top-20 entro il 2015: non ce l’ha fatta, ma è solo questione di tempo.

Quando riesce, Karen Khachanov segue online i corsi dell’università di scienze motorie. Mentre nel tempo libero ama giocare a scacchi e leggere i classici della letteratura. Senza sapere chi sia, vien molto difficile credere che di professione questo gigante russo dagli occhi azzurri faccia il tennista, sport che di menti fini ne ha eccome, ma – a detta dei giocatori stessi – resta più favorevole a chi pensa meno. Eppure, il ventenne moscovita che si sta affacciando con discreta continuità al circuito maggiore potrebbe essere l’ennesima eccezione che conferma la regola, in un parterre di #NextGen che brillano sì in campo, ma fuori sembrano conoscere NBA e poco altro. Lui invece è diverso, nonostante a basket ci abbia pure giocato, prima di buttarsi a capofitto in un tennis che settimana dopo settimana gli sta regalando sempre maggiori soddisfazioni. Se n’è appena presa una di spessore raggiungendo la semifinale all’ATP 250 di Ghengdu, che per un classe 1996 ha il suo discreto valore, ancor di più dopo tre anni di rincorsa. Già perché nel circuito il suo nome non è del tutto nuovo: si era fatto vedere nel 2013 a Mosca, raggiungendo i quarti di finale a 17 anni, quando lo conoscevano in pochi. Ma ci ha messo un bel po’ dimostrare che non era stato un caso. “Non sono sparito – ha detto di recente – semplicemente ho dovuto passare dai tornei che la mia classifica mi permetteva di giocare”. Quindi prima i Futures, poi i Challenger, ma nel circuito ci è tornato, in tempo per entrare nella campagna dell’ATP sulle nuove leve. Accanto al suo nome piazzano sempre l’hashtag #NextGen, come se fosse una parte di lui, da portarsi in valigia insieme al contratto con IMG, che sogna di trovarsi in mano un novello top player in attesa che il suo amico Andrey Rublev arrivi presto a fargli compagnia. Fino a qualche tempo fa l’attenzione era tutta sul secondo, che già a 18 anni sembrava pronto per sfondare. Invece sta incontrando qualche difficoltà in più del previsto e allora Khachanov ne ha approfittato per ritagliarsi il suo spazio, e completare un progetto ben chiaro fin dai tempi delle scuole medie.



RUSSO, CROATO, SPAGNOLO
Grazie al lavoro di papà Abgar, ex pallavolista armeno di ottimo livello che ha fatto fortune nel mondo degli affari internazionali, il giovane Karen non ha mai dovuto fare i conti con i soldi, potendo investire sulla sua carriera sin da piccolissimo. A 14 anni è volato in Croazia da Vedran Martic, uno che ha lavorato anche con Goran Ivanisevic, ma la vera svolta è arrivata nella primavera del 2015, quando ha scelto Barcellona per affidarsi all’ex numero 40 del mondo Galo Blanco. Non troppo alto, mingherlino, gli appassionati italiani lo ricorderanno per la vittoria dell’ATP di San Marino del 1999. Lo spagnolo giocava un tennis completamente diverso da Khachanov, ma il percorso già compiuto con Raonic – accompagnato fino a metà 2013 e alle porte dei primi 10 – era una bella garanzia. Il 40enne di Oviedo ha aiutato Karen a limare gli aspetti più complicati del suo tennis, quindi spostamenti e continuità, e non è un caso che i primi due risultati di spessore del suo 2015 siano arrivati sulla terra: a Barcellona, dove ha raggiunto gli ottavi battendo Bautista-Agut e a Kitzbuhel, dove ha fatto fuori Kohlschreiber centrando i quarti di finale. Tuttavia, la costanza non è ancora il suo forte. Dopo il bel torneo in Austria ha giocato due Challenger in Italia e non è andato oltre il secondo turno, perdendo da Stefano Napolitano a Biella e da Lorenzo Giustino a Cortina d’Ampezzo. Allora è entrata in gioco l’esperienza di Galo Blanco, che ha deciso di fermarlo in tempo, per evitare altre battute d’arresto. Basta terra, meglio allenarsi un paio di settimane sul cemento, obiettivo Us Open. Risultato: a New York ha superato le qualificazioni e vinto il primo match Slam battendo Thomas Fabbiano, prima di fare una gran figura contro Kei Nishikori. Poi San Pietroburgo quindi Chengdu. In Cina l’hanno accolto come una star: insieme a Casper Ruud l’hanno traghettato a far visita alla Kuanzhai Alley, la parte storica della città, dove ha potuto respirare la cultura di Chengdu e assaggiarne i cibi tipici. E lui ha ricambiato regalandosi il miglior torneo dell’anno e diventando l’idolo delle ragazze locali. Non avrà il fascino del suo idolo Marat Safin, ma sa il fatto suo.



KAFELNIKOV AVEVA FRETTA, LUI NO
Tuttavia, Khachanov bada molto più volentieri ai successi in campo, prima Joao Souza, poi Adrian Mannarino, quindi Feliciano Lopez, sconfitto 6-3 6-4 in un match senza storia, grazie a una prestazione mostruosa al servizio: dieci ace, appena sei punti persi con la prima e nessuna palla-break concessa. Non che Lopez sia il miglior ribattitore del mondo, ma tanto è bastato per capire quali siano le qualità del gigante russo. “Per me questa semifinale significa tantissimo – ha detto –, e battere avversari del calibro di Feliciano mi dà tantissima fiducia per l’ultima parte della stagione. Il mio obiettivo per la trasferta in Asia era proprio quello di giocare più match possibili come questo: sono quelli che permettono di salire di livello”. L’aver vissuto gli ultimi sei anni fra Croazia e Spagna l’ha aiutato a sviluppare un carattere più aperto rispetto ai russi: sorride, ama scherzare e divertirsi, ma alcuni tratti della sua cultura non li ha persi affatto. Pensa ogni parola che esce dalla sua bocca, da buon giocatore (dicono) di scacchi, sport che per certi versi può essere simile al tennis. Per vincere non basta fare la scelta giusta una volta, bisogna pensare anche a tre, quattro, cinque mosse in un colpo solo. E sperare che l’avversario non riesca a “leggerle” tutte. Lui lo sa, ma ci scherza su: “È vero, ci sono delle affinità, ma non esageriamo. E poi sono meglio sul campo da tennis che negli scacchi”. Non ci sono dubbi, e ce ne saranno ancora meno il prossimo lunedì, quando tornerà a un passo dai primi 80 del mondo, quarto under-20 dopo Zverev, Coric e Fritz. Kafelnikov, dopo il quarto di finale a Mosca 2013, lo vedeva pronto a bruciare le tappe e lo pronosticò “top-20 entro il 2015”. Lui invece le tappe se le sta facendo tutte, senza fretta, sicuro che il traguardo sarà lo stesso. Magari solo con un paio d’anni di ritardo.

LA SCHEDA ATP DI KAREN KHACHANOV
KHACHANOV-NISHIKORI AGLI US OPEN