Prima di spostarsi in Cina per il Masters 1000 di Shanghai, Novak Djokovic si è recato nella località montana di Kopaonik, dove ha pubblicato un breve video in cui mostra i luoghi della sua infanzia tennistica, a partire dal mitico muro bucherellato dalle bombe della NATO. D’altra parte l’aveva detto, alla sua prima maestra Jelena Gencic: “Diventerò numero 1 del mondo”.L’improvvisata conferenza stampa di qualche giorno fa, a Belgrado, era servita per tranquillizzare sulle sue condizioni fisiche e le motivazioni per il finale di stagione. Prima di partire per Shanghai, dove sarà impegnato nell’ottavo Masters 1000 stagionale, Novak Djokovic ha regalato un’altra sorpresa: un breve video in cui ha mostrato i suoi luoghi d’infanzia, a partire dal mitico muro – oggi in disuso – dove ha iniziato a giocare tanti anni fa, nella località montana di Kopaonik, in Serbia, a quattro ore da Belgrado e non troppo distante dal confine con il Kosovo. Nel 1999 fu oggetto di pesanti bombardamenti dalla NATO. Da allora sono passati 17 anni ma, come ha mostrato Nole nel suo filmato, la campagna militare durata 78 giorni ha lasciato segni piuttosto visibili. Kopaonik, tuttavia, è famosa anche per aver ospitato il primo ristorante dei genitori, che curavano anche un negozio di articoli sportivi (sci e tennis). Là dietro, oltre il parcheggio, c’erano tre campi in terra battuta, dove Nole ha tenuto le sue prime lezioni con Jelena Gencic, scomparsa qualche anno fa. “Per me resta il circolo tennis più bello del mondo – ha detto Nole – perché ha un significato speciale, oltre a trovarsi in un luogo incredibile”. Oggi quel circolo non è esiste più, è un pezzo di terra colmo di erbacce e sterpaglie. Nel suo video, Djokovic mostra un piccolo tour i primi luoghi tennistici della sua vita.





Ci ha fatto vedere il muro, i campi delle sue prime lezioni, la club house ormai fatiscente e il paesaggio circostanze. Alla fine ha tirato qualche palla con il muro: prima è stato il fratello minore Djordje, poi la moglie Jelena (che il video abbia un significato indiretto, ovvero la ritrovata serenità familiare?), infine è lui a tirare qualche palla. “Il muro è rimasto in piedi nonostante i bombardamenti – ha detto Nole – i buchi che vedete sono le conseguenze delle bombe….è un peccato, ma d’altra parte è bello vederlo ancora in piedi”. Un muro che è un po’ il simbolo di quello che poi sarebbe diventato Djokovic. Qualche tempo fa, il Magazine del New York Times aveva mostrato i luoghi dove avevano iniziato a giocare alcuni degli attuali top-players. Ovviamente non mancava il muro di Djokovic, di cui vi abbiamo parlato nel nostro Playbook uscito ad aprile. Massimo Garlando ci ha relazionato (a pag. 130) di come Goran, lo zio di Nole, sostenne che tirare le prime palle in altura, dove l’aria è rarefatta e la palla viaggia di più, potrebbe aver dato una mano al nipote. Un nipote che si presento dalla Gencic, a 6 anni di età, vestito di tutto punto, dicendo che sarebbe diventato il numero 1 del mondo. Detto, fatto. Facile, no?