Fa sempre un certo effetto, quando in campo ci sono Novak Djokovic e Fabio Fognini, tornare indietro a dare una sbirciata ai loro precedenti. Ce n’è uno che colpisce subito: maggio 2006, Internazionali d’Italia, secondo turno delle qualificazioni. Il serbo era già 60 al mondo e aveva appena strappato un set a Federer a Montecarlo, ma sul Campo 2 del Foro Italico la spuntò Fabio, per 7-6 1-6 6-3, andando a prendersi per la prima volta il main draw in uno degli allora Masters Series. Erano altri tempi, ma “Nole” aveva 19 anni proprio come Fognini, nato giusto due giorni più tardi del coetaneo. Il successo è stato di buon auspicio, visto che il ligure è diventato il più forte tennista azzurro dell’era moderna, ma fra la sua carriera e quella di Djokovic, ahinoi, non si possono fare paragoni. Quel successo all’ombra dello Stadio Olimpico è rimasto l’unico di Fabio prima di una serie di otto sconfitte consecutive, aggiornata oggi al Masters 1000 di Shanghai. Djokovic rientrava dopo un mese lontano dai tornei, con qualche acciacco fisico (e mentale) da recuperare, e può essere felice del 6-3 6-3 che lo porta agli ottavi di finale, se non altro perché non gli è costato troppe energie. Già, perché se Fognini fosse riuscito a sfruttare qualche occasione in più, e non perdersi completamente a metà del secondo set, contro il Djokovic di oggi avrebbe potuto raccogliere di più. Probabilmente non un successo, quello è roba per pochissimi, ma un match equilibrato, magari di tre set, ci poteva stare eccome. Ma con 40 errori gratuiti e solo 15 colpi vincenti è difficile giocarsela con chiunque, figurarsi col più forte del mondo, che ha chiuso con più punti in tutti i settori: scambi corti, medi e lunghi.
FOGNINI DURA UN’ORA, POI CROLLA
Sono proprio i tanti, troppi errori a pesare sulla prova di Fognini, bravo in tanti frangenti ma non a sufficienza per togliere l’impressione che fosse appeso a un filo. Potevano bastare un paio di punti giocati male, o un doppio fallo, per vederlo sparire dal campo, proprio come è successo nel secondo set. Djokovic gli ha subito restituito un break e Fabio ha preso coraggio, giocando un buon tennis per salire sul 3-2. Ma poi, dal 3-3 si è spenta la luce. Un game ricco di errori gli è costato il break a zero, la fiducia è crollata, Djokovic è cresciuto e Fabio ha finito per non vincere più nemmeno un punto, perdendo gli ultimi 15 (dal 3-2 15-15) e lasciando praticamente andare il game conclusivo, chiuso da due doppi falli. Non un bel modo per mettere fine a un match fino a quel momento positivo, anche se all’uscita dal campo il pubblico l’ha applaudito comunque, segno che ha apprezzato la scelta di affrontare Djokovic a viso aperto, cercando di comandare sempre gli scambi. Tattica saggia, ma che oggi è andata in frantumi per colpa dei tanti errori e di una prima di servizio messa in campo meno di una volta su due. Un ribattitore come Djokovic certe cose non le perdona. E così è tornato al successo a 32 giorni dalla semifinale di New York, con un pizzico di polemica (ma col sorriso) col giudice di sedia Mohamed Layani per una chiamata sbagliata e un simbolo cinese disegnato sulla telecamera, avvolto in un cuore. Se c’è un continente dove l’amore per Djokovic supera quello per Federer e Nadal, quello è l’Asia. Il posto giusto per ritrovare la gioia di giocare a tennis.
MASTERS 1000 SHANGHAI – Secondo turno
Novak Djokovic (SRB) b. Fabio Fognini (ITA) 6-3 6-3
GLI HIGHLIGHTS DELL’INCONTRO
LE PAROLE DI NOVAK ALLA VIGILIA DEL TORNEO
Fabio fa e disfa, “Nole” ringrazia
A Shanghai, Fognini gioca troppo a sprazzi contro il numero uno del mondo Novak Djokovic, pagando ben 40 errori gratuiti. Regge fino a metà secondo set, poi perde 15 punti di fila. Peccato: con una prova più continua poteva venirne fuori un match equilibrato. Il numero 1 ATP torna al successo dopo oltre un mese e si gode l’affetto dei cinesi.