Ogni volta che sembra sulla retta via, Nick Kyrgios fa un passo indietro. Ma il suo comportamento a Shanghai va oltre la delusione sportiva: ha tradito la fiducia di chiunque crede in lui, lo segue, lo ammira. Una totale mancanza di rispetto verso il mondo che lo sta rendendo ricco e famoso. E pensare che sembrava aver intrapreso la via dell’umiltà, aiutato da un nuovo preparatore atletico…

Roger Federer era numero 6 del mondo e aveva già vinto quattro tornei, tra cui un Masters 1000, Rafael Nadal era numero 2 (23 titoli, tra cui 3 Slam e 9 Masters 1000), Novak Djokovic era numero 3 (uno Slam e quattro Masters 1000), mentre Andy Murray era quarto e aveva appena vinto il suo secondo Masters 1000. I riferimenti sono tosti, ma per Nick Kyrgios non può essere altrimenti. E’ lui, più di altri, il giocatore che può dare dignità mainstream al tennis. E’ un grande giocatore, esplosivo, divertente. E ha le potenzialità per diventare un personaggio. Oddio, lo è già. Però lo sta diventando nel modo sbagliato. Non è ancora a rischio bluff, ma c’è una differenza sostanziale con i fenomeni sopracitati: non è stato lui a cercare il tennis, ma è stato il tennis a trovare lui. Nick trasuda passione, ma non per il tennis. Gli piacciono le sfide, gli piace vincere, ma solo quando ha voglia. E a Shanghai non ne aveva. Vi abbiamo già raccontato cosa ha combinato durante e dopo il match contro Mischa Zverev. Gesti che meritano un provvedimento esemplare da parte dell’ATP. Ci ha già tradito diverse volte: sembrava prossimo al grande salto di qualità, ma si è impantanato al momento di spiccare il volo. Avrebbe tutto per diventare il più forte, ma si fa distrarre da sentieri che non c’entrano col percorso. E così si perde, torna in mezzo al gruppo, ma è talmente forte che si riporta in cima…salvo distrarsi di nuovo. Nick è ancora giovane, ma sta sprecando il suo talento. I soliti bla-bla-bla sull’innalzamento dell’età media, con lui, non valgono. L’ha detto più volte: “Non mi vedo ancora tennista a 30 anni di età”. Anche solo per questo, non sarà un nuovo Federer, un nuovo Nadal, e così via. Il paragone con Nadal è azzeccato: mentre lui inscenava un teatrino indegno, Rafa le provava tutte per battere Troicki. Avrebbe perso, ma senza rimpianti. Quando esce dal campo, Nadal non ha mai rimpianti. Sa di aver dato tutto. In questo momento, poco. La sua espressione in conferenza stampa era tutta un programma. Rassegnato, gonfio di dolore sportivo. Al contrario, Kyrgios ha fatto lo sbruffone anche lì. Poteva riabilitarsi, invece ha detto di non “dovere niente” al pubblico. “Pagano il biglietto? Va bene, poi però se vengono a vedermi sanno che sono imprevedibile. Invece non sanno quello che vivo e quello che mi passa per la testa”. Può essere, caro Kyrgios, ma questo non ti permette di comportarti così. Di sbeffeggiare il giudice di sedia che ti invita a tenere un atteggiamento professionale. Di rispondere a uno spettatore che ti ha chiesto di rispettare il tennis, il gioco (un gioco: ogni tanto è opportuno ricordarlo) che fino a oggi ti ha regalato oltre 3 milioni e mezzo di dollari, a cui vanno aggiunti quelli che ti danno Nike, Yonex e Beats Electronics (i cuffioni audio con cui entra in campo, che l’hanno prontamente sponsorizzato). Puoi avere tutti i problemi del mondo, ma il rispetto non deve mai venire meno. Verso l’avversario, l’arbitro, i giudici di linea, il pubblico pagante. Fa parte del tuo lavoro. Insomma, oltre agli onori, bisogna avere la capacità di prendersi anche gli oneri. Se davvero non aveva voglia, avrebbe potuto inventarsi un infortunio e prendersi il primo volo per l’Australia. Nessuno avrebbe verificato, nessuno avrebbe detto niente, tutto sarebbe filato liscio. Tranquillo. In silenzio.


Invece Nick ha tradito ancora una volta, peraltro dopo averci illuso con lo splendido successo a Tokyo. Lì si è visto quello che sa fare. Ogni santo giorno, la pagina Youtube dell’ATP proponeva un suo colpo nella collezione degli hotshots. Tweener spalle alla rete, frontali, angoli straordinari, scambi mozzafiato. Terzo titolo in carriera, il più importante, più di quelli vinti a Marsiglia e Atlanta. Qualcuno (noi compresi) aveva preso la calcolatrice per capire se avrebbe potuto ancora lottare per il Masters. E lui? “In questo momento non me ne potrebbe fregare di meno”. Inaccettabile. Il tradimento è doppio, perché in questi giorni erano emersi tanti piccoli dettagli che raccontavano di un Kyrgios nuovo, finalmente lucido nei ragionamenti e nelle decisioni. Sembrava che l’attacco di John McEnroe durante lo Us Open, quando lo accusava di scarso impegno e cattivi comportamenti, lo avesse svegliato. “Non si allena abbastanza” aveva sentenziato l’ex numero 1. Lui aveva promesso l’ingaggio di un preparatore atletico e poi di un coach. Un paio di settimane fa, a Chengdu, si è presentato con Martin Skinner, britannico, trainer valido ed esperto. “Ma come hai fatto a vincere così tanto essendoti allenato così poco?” ha detto Skinner, quando si sono incontrati. “In effetti dopo lo Us Open ho un po’ aperto gli occhi – ha detto Kyrgios a Shanghai, prima della figuraccia di mercoledì – non voglio giocare a tennis molto a lungo, quindi non vorrei farmi male. Per questo ho deciso di assumere una persona che possa aiutarmi a migliorare come atleta. Io e Martin stiamo lavorando ogni giorno da due settimane e mezza, e ho già notato i primi miglioramenti. E’ quello che devo fare per andare avanti”. Frasi che sanno di beffa. Sembrano una presa in giro per tutti quelli che hanno assistito ai 49 minuti contro Mischa Zverev, che pure ha provato a difenderlo. “Anche mio fratello è un giovane tennista in ascesa. Può capitare di arrivare stanchi a fine stagione. Probabilmente Federer non lo avrebbe fatto, però Nick è un creativo…”. Difesa un po’ così, zoppicante. D’altra parte Zverev non fa l’avvocato.





UN ANNO E MEZZO SENZA PREPARAZIONE ATLETICA
Il contatto con Skinner si era concretizzato grazie a John Morris, manager di Kyrgios, che fa base a Londra. Il nuovo regime prevede palestra, tanta palestra. Un regime completamente nuovo. “A essere onesto, nell’ultimo anno e mezzo non ho fatto niente in palestra. Mi limitavo a fare le cose basiche. Quando ho incontrato Skinner per la prima volta non poteva credere come fossi ridotto fisicamente…e a quali livelli giocassi”. Pieno di tatuaggi, compreso uno che promette futuri titoli Slam, era considerato un giocatore da grandi match, meno per grandi tornei. Insomma, un ciclista da tappe, casomai da grandi classiche, ma mai da grandi giri. Nel tennis, però, non va bene. Lui ne è consapevole, nonostante abbia già centrato i quarti sia a Wimbledon che in Australia. “Quest’anno ho regalato solidità al mio gioco e ogni settimana provo a giocare al meglio”. A volte gli riesce, a volte no. Quello è normale ed è accettabile. Non lo è l’atteggiamento di Shanghai. E le scuse pervenute via Twitter, qualche ora dopo, forse dopo aver ricevuto qualche consiglio, non valgono granché. Non trasudano sincerità, e quel “sorry” in fondo al post non cancella il pastrocchio. L’aggravante risiede nella programmazione: Federer a parte, è il top-20 che gioca meno. Quest’anno ha giocato 17 tornei e sa di dover rendere al massimo ogni volta. Per questo, è grave che abbia mollato proprio a Shanghai, i cui punti gli resteranno nella casellina per 52 settimane. 48 ore fa diceva che avrebbe fatto di tutto per preparare l’estate australiana, la fase della stagione che più ama. Frasi che sembravano importanti, il segno di un cambio di mentalità per un ragazzo che, parole sue, gioca a tennis perché non ha niente di meglio di fare. Vien da pensare che abbia trovato quel qualcosa giusto prima di affrontare Zverev. Adesso avrà un po’ di tempo per riordinare le idee e magari riconsiderare la scelta di non prendere un coach. “In questo momento non ci sono possibilità che io assuma qualcuno. Ho appena vinto un ATP 500, penso di stare facendo tutto nel modo giusto”. E adesso?

IL COMPORTAMENTO A SHANGHAI
Nick Kyrgios: THE NEXT BIG THING (Dario Castaldo)