La vittoria contro il veterano Gasquet è stata importante, ottenuta contro un giocatore che ha contribuito a segnare un’epoca anche se avrebbe potuto vincere molto di più usando strategia e razionalità

Potrà suonare strano che il match riportato da Sinner nella notte italiana, oltre al merito cristallino, possa anche rimandare a una riflessione serena sul suo diretto avversario. Solo per dire che ormai da tempo ho imparato a diffidare dei giocatori che per guadagnare punti finiscono troppo spesso vittima di soluzioni straordinarie: è un pessimo segno! Cosi spero di non passare da eretico se, a dispetto di un apprezzamento plebiscitario, azzardo che Richard Gasquet non mi ha mai fatto impazzire per quel suo modo di giocare tutto a manetta, badando poco ai contenuti. Arrancando controcorrente tra legioni di estimatori che invece la pensano lontano da me, dico, a rischio smentita, che il francese della bassa Occitania è uno di quei tennisti amanti del gioco a ruota libera, bello da vedere ma privo di un’accurata gestione strategica. Una visione eterea del tennis, la stessa che rimanda a un altro splendido sprecone de l’Hauts de France, quel meraviglioso Henry Leconte del tempo che fu, sostenitore, anche lui, del tennis «o la va o la spacca». Può sembrare ingeneroso usare toni tanto marcati per un giocatore che è stato numero sette del mondo e forte di ben 16 titoli bacheca; ma ho sempre pensato che il bilancio finale dell’ex enfant prodige potesse contare su un più cospicuo bottino. Una razzia tra l’altro, giocata nel periodo storico popolato dai meravigliosi Fab Four in vena di dominio, che di visione tattica, purtroppo per lui, la sanno molto, ma molto più lunga. A sollevare lo spirito degli aficionados, tuttavia, giungo a precisare che il loro beniamino avrebbe potuto vincere assai di più se a un bagaglio tecnico di indubbio spessore avesse aggiunto un uso più saggio delle pause, e un più frequente ricorso a soluzioni intermedie che insieme al resto tracciano il rendimento del match. Rimaneggiando il diritto per questioni di tennis elbow, già agli esordi il transalpino è giunto a un cambio di grip che ne ha migliorato gestualità e adattabilità, pur lasciando a un straordinario rovescio multiuso l’onere di seguirlo fedelmente per l’intera carriera. Insomma, i presupposti tecnici c’erano tutti per fare di lui un tennista migliore di quello che è, se solo avesse maturato un’idea più razionale del gioco.
Chiudo precisando che il nostro Jannik non ha battuto un mezzo giocatore, tutt’altro! La nostra punta di diamante ha dato prova di saper tamponare sprazzi irresistibili del francese così come di salire in cattedra nei momenti giusti. Insomma spaziando da un tennis di contenimento a un altro vincente, l’atesino ha mostrato quella dote, utile da adottare ma difficile da acquisire, che è sempre mancata al Gasquet che tutti conosciamo e che al di là di tutto ha segnato un’epoca.