“Il tennis è così composto: 50% fisico, 45% testa, 5% tecnica”. L’aveva detto, in tempi non sospetti, Juan Carlos Ferrero. E’ andata proprio così la finale della Kremlin Cup di Mosca, in cui Fabio Fognini è arrivato a un set dal quinto titolo ATP. Un successo gli avrebbe permesso di eguagliare Corrado Barazzutti. Invece il titolo è andato a Pablo Carreno Busta, che si è mostrato superiore nei due aspetti che – secondo Ferrero – influiscono al 95% nell’esito di una partita. Con una condizione fisica strabordante (davvero!) e la capacità di giocare tutti i punti con la stessa intensità, lo spagnolo è emerso alla distanza e si è imposto col punteggio di 4-6 6-3 6-2. Se ci limitassimo alla tecnica, tra Fognini e Carreno Busta non c’è paragone. E il margine, ovviamente, è tutto a favore dell’azzurro. Nel primo set, Fognini ha mostrato una superiorità piuttosto evidente, accompagnata da una buona condotta tattica. E’ stato paziente, ha aspettato il momento giusto per prendere l’iniziativa, ha giocato con intelligenza. Subito avanti di un break, si faceva riprendere sul 3-3 ma allungava di nuovo nel settimo game, peraltro al termine di un punto rocambolesco, chiuso con un passante di rovescio un po’ fortunoso. Al di là di questo, era Fognini a fare la partita. I problemi sono arrivati nel secondo set, quando è calato con il servizio (a fine partita, i numeri parleranno di un ace e sei doppi falli: dato invertito per Carreno Busta). Grazie a qualche aiutino di Fognini, Carreno saliva 4-1 prima dell’episodio che – col senno di poi – ha disunito il ligure: mentre si avvicinava a un raccattapalle, l’iberico veniva colto da un improvviso crampo al polpaccio destro e si accasciava per terra. Fisioterapista, il trattamento, fasciatura, ma lo spagnolo torna a giocare come se niente fosse.
LORENZI RESTA LONTANO
Pablo chiude il set e Fognini è visibilmente nervoso, distratto da quella che – secondo lui – è stata una scena. Cosa ne pensasse, del problema di Carreno, ce l’ha raccontato una frase rubacchiata da un microfono situato a bordo campo. Nel terzo set, il break arrivava già al terzo game. Carreno mostrava una condizione atletica incredibile: riduceva il numero di errori (non li azzerava, alla fine saranno 41 per lui e 48 per Fognini) e costringeva Fabio a prendere sempre più rischi. Risultato: Fognini andava spesso fuori giri, nonostante qualche chance qua e là. Ma i punti più importanti li intascava sempre Carreno. Lo spettacolo diventava gradevole, poiché Pablo entrava in trance agonistica, mentre Fognini giocava a braccio sciolto. Tuttavia, incassato il secondo break, usciva mentalmente dalla partita. Nell’ultimo game aveva un paio di palle break per accorciare le distanze, ma commetteva altrettanti errori e si arrendeva quando mancavano quattro minuti allo scoccare delle due ore. Secondo titolo in meno di due mesi dopo quello intascato a Winston Salem. Con questo risultato si porterà a ridosso dei top-30 ATP, ma la sua crescita è notevole, sensibile. Lo aveva detto nei giorni scorsi, dando grandi meriti a coach Samuel Lopez. “Adesso servo molto meglio e riesco ad essere più aggressivo”. Ma ciò che colpisce è la sua capacità di correre da tutte le parti. Poche scuse per Fognini: l’attimo di distrazione dopo il mini-infortunio di Carreno gli è stato fatale. In caso di vittoria avrebbe riaperto la lotta per la leadership italiana (si sarebbe portato a 45 punti da Lorenzi), invece dovrà accontentarsi di un posto tra i top-50 ATP (sarà 49esimo) e la prospettiva di un buon tabellone a Vienna, dove esordirà contro Albert Ramos Vinolas, battuto nove volte su nove.
Pablo Carreno Busta (SPA) b. Fabio Fognini (ITA) 4-6 6-3 6-2