A 18 anni Sara Marcionni era classificata 3.5, e si è dedicata all’insegnamento. Ma nel 2015 il richiamo del mondo "pro" le ha bussato alla porta. Non ha resistito e si è buttata nel circuito Itf. Sta vivendo un sogno: è appena entrata nel ranking WTA.“Una volta il mio sogno era passare 2.8, e non mi sentivo nemmeno all’altezza. Diciamo che le cose sono un po’ cambiate”. Se la ride Sara Marcionni, 27 anni da Piateda, piccolo comune di duemila anime in Valtellina, provincia di Sondrio. E fa bene, perché a suo modo è un esemplare unico. All’età in cui tante atlete smettono col professionismo, lei ha scelto di andare “all in” al buio, buttandosi in un’avventura difficile, logorante e anche un po’ folle, senza la minima garanzia. A fine 2014 ha deciso di prendersi una pausa dall’insegnamento al Tennis Rozzano, alle porte di Milano, dove prima è cresciuta come allieva e poi è passata di là dalla rete. Ha accantonato tutto, ha ascoltato il cuore e si è concessa un anno “da pro”, che visti i risultati ne abbraccerà presto un secondo, poi magari un terzo e chissà. Perché le sono bastati pochi mesi per fare tris al suo personalissimo tavolo verde, conquistando l’ingresso nel ranking WTA. A differenza del sistema ATP, per entrare nella classifica femminile l’iter è molto più complicato e selettivo: non basta un punto, ce ne vogliono almeno tre. Il primo Sara se l’è preso a luglio, il secondo all’inizio di settembre, il terzo in extremis, un paio di settimane fa ad Hammamet (Tunisia), nel penultimo torneo della sua stagione. Stava lottando al primo turno con la russa Natalia Orlova, una che in carriera è stata anche a ridosso delle prime 200, quando nel tie-break del primo set la rivale ha gettato la spugna per un problema fisico. “Peccato che il terzo punto sia arrivato così, ma stavo giocando una delle mie migliori partite dell’anno. E poi nel tie-break eravamo 4-1 per me”. Una gioia a metà completata lunedì 5 dicembre, quando per la prima volta accanto al suo nome sul sito WTA è comparso anche un numero: 1.251.ALLE 5 DEL MATTINO, ANCHE CON LA NEVE
Una soddisfazione, quella dell’ingresso nella classifica mondiale, che unita ai due titoli conquistati a livello Itf in doppio (il primo in Sardegna, in secondo in Tunisia) le ha fatto vincere la scommessa: nel mondo delle professioniste c’è posto anche per lei. La stessa che a 18 anni era classificata 3.5, e poi si è messa a insegnare. Sembrava quello il capolinea di un percorso iniziato al Tennis Club Sondrio e poi virato all’Accademia di Renato Vavassori a Palazzolo sull’Oglio. Doveva essere la svolta, invece Sara sentiva che il suo tennis non era valorizzato e ha cambiato tutto, trovando la sua dimensione all’Asd Training Team di Rozzano, due soli campi ma un’attività da far invidia a tanti, e un metodo di lavoro completamente diverso. In mezzo a tecnica e tattica, infatti, c’è spazio anche per coaching, meditazione, alimentazione consapevole e tante altre discipline bionaturali, che Sara ha sposato sin dal suo arrivo, intorno ai 18 anni, con una dedizione fuori dal comune. “I primi tempi che si allenava da noi – racconta oggi Amanda Gesualdi, la coach che l’ha cresciuta – si alzava alle 5 del mattino per essere a Rozzano intorno alle 10, dopo aver cambiato una serie interminabile di treni e autobus. E una volta terminati gli allenamenti faceva il percorso inverso. Così per tre o quattro volte la settimana”. Con una determinazione tale, è normale che prima o poi combinasse qualcosa di importante. “Ricordo – prosegue la Gesualdi – un aneddoto curioso proprio di quei periodi: a Milano una mattina nevicava, e nessuno di noi andò al circolo. Davamo per scontato che per quel giorno l’attività fosse sospesa. Alle 9 mi chiamò Sara: ‘ma come, dove siete, oggi non ci si allena?’. Era già al club, da sola. Quando si mette in testa un obiettivo diventa un carro armato”. SINGOLARE, MA ANCHE DOPPIO
Anno dopo anno Sara è cresciuta molto, ha risolto vari problemi fisici e fra insegnamento e allenamenti ha migliorato un tennis tanto divertente quanto raro, con rovescio a una mano, back, variazioni, palle corte e discese a rete. “Abbiamo investito tantissimo – racconta ancora Amanda Gesualdi – su un percorso di crescita psicologica, non perché Sara fosse debole, ma perché aveva un tennis molto istintivo e fisico, e faticava a incanalare l’energia nella giusta direzione. Oggi invece la parte mentale è uno dei suoi punti di forza”. La classifica nazionale ha continuato a migliorare fino a 2.4, è arrivata qualche vittoria nei tornei Open, e un bel giorno le è venuta l’idea di provarci. “Non ci ho nemmeno pensato troppo. Ho ceduto subito alla tentazione”. Così ha cambiato vita, ha rispolverato le valigie e ha iniziato a riempirle settimana dopo settimana. In Italia, certo, ma anche in Francia, Portogallo, Svizzera, Serbia e Tunisia. Sedici tornei in tutto: neanche tantissimi, ma le sono bastati. “E diventeranno ancora di più il prossimo anno”, ammette sicura, con l’aria di chi non ha alcuna intenzione di cambiare idea, confortata dall’ingresso nel ranking di singolare ma anche dai risultati in doppio. Per molte colleghe è poco più di un hobby, per racimolare qualche soldo in più durante dei tornei (i 10.000$) che ne mettono in palio pochissimi, mentre per lei è una priorità, costruita su delle innate qualità da doppista. E infatti sono importanti anche gli obiettivi: “in doppio mi piacerebbe entrare fra le prime 300, mentre in singolare l’obiettivo sono le prime 700”. Vola alto, ma coi piedi per terra. Gli stessi di quando credeva che non sarebbe mai arrivata fra le seconda categoria.
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