IL VIDEO – Uno splendido servizio del giornalista-top Tommaso Pellizzari racconta in 14 minuti l'epopea della vittoria italiana in Coppa Davis. Testimonianze di tutti i protagonisti (Panatta, Barazzutti, Bertolucci, Zugarelli e capitan Pietrangeli), documenti dell'epoca e alcuni aneddoti che sanno emozionare ancora oggi.
Se il tennis fosse materia universitaria, la visione di questo filmato dovrebbe essere obbligatoria. Tommaso Pellizzari, giornalista-top del Corriere della Sera, ha condotto un video di 14 minuti in cui si celebra e ricorda lo storico il successo dell'Italia in Coppa Davis, nel 1976. I 40 anni esatti “cadranno” domenica 18 dicembre, ma siamo nel pieno delle celebrazioni per un successo che resta unico nella storia del nostro tennis. Con semplicità narrativa e la testimonianza dei protagonisti (nonché qualche immagine e foto d'archivio), Pellizzari descrive quanto accadde prima e durante la finale di Santiago del Cile. “Un successo che non si è mai ripetuto, nonostante quattro finali in cinque anni” racconta. Se è vero, come dice Panatta, che il fattore campo fu decisivo in negativo contro Australia (1977) e Cecoslovacchia (1980), tutto questo ha contribuito a rendere ancora più “iconico” il successo di Santiago, anche per l'assenza di immagini dirette che danno ancora più valore ai racconti (e ai filmati come quello del Corsera). Molte immagini sono andate distrutte e/o perdute, in Italia non ci fu la diretta TV, così le uniche arrivate ad oggi sono quelle del cineamatore Gigi Oliviero. 25 minuti di nastro che sintetizza, sia pure con i mezzi dell'epoca, quanto successe all'Estadio Nacional di Santiago del Cile il 17-18-19 dicembre 2016. Nell'Italia degli anni di piombo e delle tensioni politiche, lo sport era fonte di soddisfazioni per tutto il Paese. C'erano grandi calciatori, si stava formando il gruppo che avrebbe vinto i Mondiali del 1982, c'era la “Valanga Azzurra” dello sci…e c'era un gruppo di tennisti meravigliosi.
“Forse non eravamo la squadra più forte, ma di sicuro la più solida – racconta Panatta, oggi commentatore per Eurosport – io potevo battere chiunque, Corrado Barazzutti era probabilmente il numero 2 più forte di tutti, molto difficile da battere, soprattutto sulla terra. E poi il doppio con Paolo Bertolucci era davvero competitivo in Davis”. Senza dimenticare Antonio “Tonino” Zugarelli, decisivo perché giocò e vinse un punto importantissimo contro Roger Taylor nella trasferta di Londra contro la Gran Bretagna, sul defunto Campo 1 di Wimbledon. “Lì ho vinto la mia parte di Davis – dice Zugarelli – e credo che sia stato un passaggio importante per la finalissima”. Lo riconosce anche Barazzutti, che proprio in quella partita gli lasciò il posto. “Ho capito che si poteva vincere quando abbiamo battuto la Gran Bretagna a casa loro. Fu una vittoria decisiva, Zugarelli fu straordinario. In quel modo, la vincemmo giocando tutti”. Ripercorrendo i vari successi, Panatta difende la legittimità del successo contro la Svezia. Non si presentò Bjorn Borg (che l'anno prima aveva vinto l'Insalatiera praticamente da solo), però…”Io e Corrado non avremmo mai perso contro il numero 2 e nemmeno il doppio, quindi saremmo stati ugualmente favoriti. E poi io quell'anno vinsi contro Borg al Roland Garros…insomma, me la potevo giocare anche con lui”. Detto dell'importante successo in Gran Bretagna, secondo Bertolucci “la svolta è stata la semifinale contro l'Australia perché sapevamo che in finale avremmo pescato il Cile. Una squadra alla nostra portata”. Nel filmato, in cui Pellizzari intervista tutti, compreso il capitano Nicola Pietrangeli (l'unico a non esserci più è il DT Mario Belardinelli, padre putativo di tutti i ragazzi), in effetti, non vi è menzione della portata tecnica dei cileni. Alvaro Fillol, Patricio Cornejo e Belus Prajoux erano nettamente inferiori ai nostri. Il problema, semmai, era…Augusto Pinochet. In quegli anni, il Cile (così come l'Argentina) era sotto un regime dittatoriale con tanti di violazioni dei diritti umani. E questo, alla sinistra italiana (all'epoca, il Partito Comunista Italiano) non andava giù.POLITICA E PROVOCAZIONI
L'opinione pubblica si spezzò in due: c'era chi era favorevole alla trasferta e chi era contrario. “La Davis l'hanno vinta i giocatori, ma io mi prendo un merito che non divido con nessuno: mi sono battuto in prima persona per portare i ragazzi a Santiago – dice Nicola Pietrangeli – ho dovuto parlare con Giancarlo Pajetta, “ministro degli esteri” del PCI, e ricevetti telefonate minatorie, del tipo: 'Brutto fascista, ammazziamo te e tutta la tua famiglia'”. Alla fine la Linea-Pietrangeli ebbe la meglio. “Nicola si è battuto contro tutti per andare in Cile – ricorda Barazzutti – avevamo tutti una nostra coscienza e sapevamo tutto, ma io avevo 23 anni e forse non ero preparato a vivere una situazione del genere. Fu un periodo antipatico”. “Oggi, a 66 anni, posso capire le ragioni della sinistra – dice Panatta – ma all'epoca pensavamo che non andare fosse una grande ingiustizia. Ci furono minacce per tutti: una volta ricevetti una chiamata da un amico, che mi invitò a restare a casa per evitare guai. Tra i vari slogan, ci fu anche “Panatta milionario, Pinochet sanguinario”. La seconda era vera, la prima no. Non era milionario e non lo sono diventato neanche dopo”. Quell'Italia era una squadra meravigliosa, forte e compatta ma solo sul campo. Chiunque ama il tennis sa che c'erano due clan: Panatta-Bertolucci da una parte, Barazzutti-Zugarelli dall'altra. E forse non è un caso che Pellizzari abbia trovato i primi due in abiti d'ordinanza, seduti su un divano, mentre gli altri due sono intervistati in piedi, ai bordi di un campo da tennis. Come a dire che certe differenze resistono ancora oggi. “Non si parlavano, neanche quando dovevano correre – ricorda Pietrangeli – però sono stati bravi a capire che insieme avrebbero ottenuto grandi risultati”. C'è poi lo straordinario aneddoto della “Maglietta Rossa”, su cui è stato girato anche un (bel) docu-film qualche anno fa. I protagonisti hanno raccontato più volte la loro versione dei fatti. Ci piace immaginare il dialogo tra Panatta e Bertolucci. “Fu una mia pensata per rompere le palle” ricorda Adriano, le cui simpatie di sinistra sono note.
“Paolo, indossiamo la maglia rossa”
“Tu sei matto, questi ci sparano, ci arrestano”
“Ma va, guarda che non è un reato. Non lo è nemmeno qui”.
“Vuoi sfrugugliare?”
“Sì, voglio sfrugugliare”
Bertolucci la racconta così: “Per mandarlo via, gli dissi che pur di vincere la Davis sarei sceso in campo in mutande, e che di magliette rosse me ne sarei messe anche due. Però, dopo il terzo set, durante la pausa, gli dissi che avevamo fatto la nostra manifestazione e che avremmo chiuso con la maglietta blu. E così fu”. Un racconto straordinario, da far venire i brividi anche a chi non c'era (praticamente tutti) e chi non era ancora nato. La Coppa Davis del 1976 resta l'unica del nostro tennis e le prospettive immediate, ahinoi, fanno pensare che sarà difficile ripetersi in tempi brevi, anche se l'Insalatiera – vivaddio – è imprevedibile. Nella speranza di ritrovare, un giorno, quattro nuovi moschettieri, il ricordo di quell'incredibile 1976 resterà inciso nella storia. Anche grazie a un filmato da mandare giù tutto d'un pezzo.