Dopo la sconfitta con Alcaraz in California, Sinner ha dimostrato di saper analizzare con lucidità le lacune che ancora vanno colmate. A partire dal servizio

Se a livello pro il gap tra un giocatore e l’altro passa per il controllo emotivo e la lettura del gioco, il valore della semifinale di Indian Wells persa da Sinner contro quel furetto di Alcaraz sta nelle parole stesse dell’italiano proferite a bocce ferme in sala stampa. «C’è mancato poco. Le scelte che ho fatto in campo erano quelle giuste…». E poi: «Peccato, oggi la differenza l’ha fatta il servizio…. So di essere molto vicino e che c’è ancora tanto da migliorare. Ci vorranno altri 2-3 anni per arrivare al massimo, perché la mia crescita è stata un po’ lenta».
Insomma che dire? Jannik Sinner potrebbe rievocare alla perfezione ogni singolo punto, se non ogni singolo rimbalzo, di quella sconfitta, senza tuttavia privarci di un giocatore di un’intelligenza sportiva fuori dal comune. Una capacità di analisi pressoché perfetta, tracciata con sicurezza dinanzi a una platea di giornalisti da tutto il mondo. Una prova di maturità e consapevolezza, insolita per un giovane di ventuno anni, seppure studioso applicato di tattiche e tecniche utili a migliorare il suo tennis. Un acume innegabile, che avrebbe fatto di lui un grande sciatore o un magnifico chef, se solo fosse incorso in scelte diverse. Per nostra fortuna, la sorte l’ha destinato allo sport della racchetta e a noi corre il dovere di apprezzarne le grandi doti sportive e tenercelo ben stretto.
Quel dopo partita vissuto con la serenità e la lucidità di sempre fa di lui un atleta sempre pronto a gettare lo sguardo oltre lo steccato, e puntare alle cose da fare da qui a un mese, un anno, tre anni. Insomma, a trasmettere la sana immagine di giovane in carriera intento ogni giorno ad aggiungere un mattoncino alla costruzione dei grandi risultati.
Il resto della semifinale di Indian Wells passa per il meraviglioso spettacolo pirotecnico offerto da due giovani fenomeni, che insieme non fanno un over quaranta, dunque in età giusta per regalarci ancora lunghi anni di grande tennis. Il prossimo atto lo vedremo sotto l’altra metà del cielo americano, quando il tennis dal deserto californiano migrerà già domani col suo caravanserraglio verso le rive di una Miami in trepida attesa.