Si avvicina l’estate australiana e come ogni anno si accendono i riflettori sui giocatori di casa. In un’intervista con l’Herald Sun emerge un risvolto quasi inedito del personaggio Nick Kyrgios: definisce il tennis la vita che ha sempre sognato, parla dei suoi difetti, si pente di alcuni gesti e mostra grande attenzione per il sociale. “Sarei un pazzo se non ascoltassi i consigli dei big”.Gli appassionati e i media l’hanno dipinto in ogni modo, lui al ruolo di pompiere delle polemiche preferisce quello dell’incendiario, e il risultato è che Nick Kyrgios si è costruito la fama del cafone con la racchetta, un McEnroe 2.0 con due differenze fondamentali. La prima è che non ha vinto (ancora?) quanto il supermoccioso, la seconda è che mentre Mac ne combinava di tutti i colori perché teneva tantissimo a ciò che stava facendo, e con le sue sfuriate ricaricava le pile e talvolta vinceva pure gli incontri, la sua versione australiana ha mostrato, detto e ripetuto che del tennis gliene importa poco. Gioca perché come tutti ha bisogno di soldi, diventare o meno numero uno al mondo non gli fa né caldo né freddo, e fra un torneo importante e un bel match di basket NBA da vedere “live” preferisce la seconda opzione. Fin qui nulla di sorprendente. Almeno fino alla vigilia di Natale, quando un’intervista rilasciata al quotidiano Herald Sun ha mostrato un lato di Kyrgios totalmente diverso: serio, attento, riflessivo, decisamente sorprendente. Forse l’effetto Natale o i tanti giorni passati in famiglia gli hanno fatto bene, o forse si è solo svegliato col piglio giusto, regalando all’intervistatore Leo Schlink un prodotto con pochissimi precedenti. O forse la squalifica dell’ATP per il fattaccio di Shanghai, con tanto di obbligo a seguire un breve percorso di recupero con l’aiuto di uno psicologo, ha sortito gli effetti sperati. Lo scopriremo fra qualche giorno, quando inizierà la sua stagione 2017 alla Hopman Cup di Perth, ma i segnali sono incoraggianti. Sentire un giocatore qualsiasi dire che la vita nel circuito ha tantissimi aspetti positivi ed è simile a un sogno ha il sapore della frase fatta. Ma se a pronunciarla è Kyrgios il discorso assume un significato diverso.
“HO IMPARATO DAI MIEI ERRORI”
Che qualcosa di buono ci sia anche in lui non è in dubbio. Ma l’australiano non si è mai impegnato per mostrarla. Eppure sembra aver ben chiari i suoi errori. “So di aver fatto alcune cose veramente stupide in passato, che se tornassi indietro non rifarei. Ma è anche perché da queste cose ho imparato molto. Credo che dagli errori, gravi o meno che siano, si impara sempre. Per questo non mi piace molto avere rimpianti. So di dover migliorare nei rapporti con le persone, e anche in tanti comportamenti. Però la gente deve anche comprendermi. Mi sono allenato per diventare un giocatori di tennis, e per tutto ciò che ne deriva, e le varie responsabilità, non esiste un manuale. C’è bisogno di tempo per abituarsi a tutto. Io ci sto arrivando, non sono perfetto e so che commetterò altri errori. Lo so io, lo sa la mia famiglia come tutte le persone accanto a me. Nel mondo del tennis sei sempre all’occhio di tutti, sotto pressione, e la gente esprime il proprio giudizio su ciò che fai, non su chi sei”. Quando gli è stato chiesto chi fosse il più simpatico del Tour ha risposto Bernard Tomic, mostrando come gli screzi fra i due siano ormai superati, e alla domanda su quale fosse stato il traguardo che gli ha dato più soddisfazione, ha messo delle conquiste “tennistiche” (le vittorie contro Federer e Nadal, o l’aiuto del pubblico ricevuto nel match contro Seppi all’Australian Open del 2014) davanti alla conquista della patente e dell’acquisto della sua prima casa. Normale per tutti, non per Kyrgios. L’unica cosa che veramente gli dà fastidio è stare lontano da casa per lunghi periodi, tanto che la usa anche come motivazione per alcuni dei suoi comportamenti sopra le righe. “Non è un segreto che odio stare a lungo lontano dalla mia famiglia. Alcuni dei miei episodi (meno felici, ndr) sono capitati al termine di lunghe trasferte, infatti studierò la mia programmazione in modo da essere a casa più spesso. Il tennis è uno sport globale e viaggiare 11 mesi all’anno può diventare brutale”.
IL FUTURO, IL SOCIALE, I CONSIGLI DEI BIG
L’australiano ha parzialmente ritrattato una delle sue frasi che hanno fatto più rumore, riferita al suo futuro. A maggio disse senza giri di parole che difficilmente a 30 anni farà ancora il tennista, e anche se non ha cambiato idea ora lascia aperta una porta. “Sono in una fase della mia carriera in cui i 30 anni li vedo ancora lontanissimi. Al momento non riesco a vedermi così lontano, ma questo non vuol dire che non giocherò così a lungo. Le sorelle Williams hanno sempre detto che non avrebbero mai giocato oltre i 25 anni, eppure sono ancora in campo dieci anno dopo. Credo dipenda anche dalla programmazione: non giocare troppo e conservare un po’ di fame”. Addirittura, ha mostrato grande attenzione al tema del cancro, al quale si è avvicinato molto diventando un sostenitore della fondazione in memoria di Elena Baltacha. “È uno schifo – ha detto – che il cancro riesca ancora a colpire così tante persone in giro per il mondo. Visto come si è evoluto il mondo, e i tanti fondi raccolti dalla ricerca, dobbiamo assolutamente trovare una cura. Non ho conosciuto Bally (la Baltacha, ndr), ma la sua storia mi ha colpito molto. Può capitare a chiunque, quindi dobbiamo investire intelligenza e risorse per fare in modo che tante persone e tante famiglie possano smettere di soffrire un dolore così forte”. Kyrgios ha parlato anche del rapporto con i big, in particolare Murray e Federer, che gli hanno sempre dedicato attenzione. “Andy mi ha sempre detto di non preoccuparmi di cercare di accontentare chiunque, perché non è possibile, mentre quando mi sono allenato con Roger a Zugiro mi ha suggerito di dare sempre la priorità al tennis, che deve sempre venire prima di tutto. Sarebbe da pazzi non ascoltare i consigli che arrivano da due come loro”. L’importante è che non restino soltanto parole.
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