Quando Jennifer Brady ha detto di non aver prenotato nessun viaggio di ritorno, molti hanno pensato di aver trovato un'altra Coco Vandeweghe: piena di autostima, magari un po' sbruffoncella. Invece no, è una ragazza tranquilla. Anzi, nonostante i quasi 22 anni (li compirà il 12 aprile), è ancora un po' impacciata davanti ai giornalisti. E' pur sempre la giocatrice di più bassa classifica ancora in gara all'Australian Open femminile. Numero 116 WTA, è entrata in tabellone passando dalle qualificazioni e adesso è nella seconda settimana dopo il bel successo su Elena Vesnina, numero 14 del draw. Un 7-6 6-2 convincente, in cui ha fatto valere la simmetria del suo tennis rispetto a quello della Vesnina, piuttosto vulnerabile dal lato del dritto. Spingendo da quella parte, nonostante Elena abbia servito per il primo set, dai e dai, ha decifrato il tennis della russa e ha centrato gli ottavi. Prossima avversaria, Mirjana Lucic-Baroni. Avversaria forte, ci mancherebbe, ma a questi livelli non si può chiedere di meglio. Visto che bazzica a Melbourne Park da due settimane, le hanno chiesto quanti voli ha già dovuto cancellare. “Nessuno, ho fatto solo il volo di andata – ha detto Jennifer – per l'hotel ho prenotato fino a mercoledì, poi si vedrà”. Come a dire che i quarti, da sogno proibito, sono diventati un obiettivo concreto. “Quello che mi è successo è stupefacente, non mi aspettavo certo di arrivare alla seconda settimana partendo dalle qualificazioni. Il mio obiettivo era raggiungere questo traguardo entro un paio d'anni. Ho parlato di questo argomento con il mio team giusto un paio di mesi fa”.
“LA MIA STORIA? NON C'E' MOLTO DA DIRE”
Team? Una giocatrice mai tra le top-100 ha già un team tutto suo? “No, beh, mi è venuta in mente questa parola, visto che dicono tutti così”. In realtà, la Brady è un prodotto USTA. Si è allenata per anni all'accademia di Chris Evert a Boca Raton (“Con Chris ho un rapporto strettissimo: ogni tanto comunichiamo via Twitter!” ha scherzato), ma da qualche mese si è trasferita a Lake Nouna, nei pressi di Orlando, dove è stato realizzato il maxi-centro USTA, con oltre 100 campi. “Ci sono appena andata, si lavora molto bene”. Con lei, un coach (Roger Anderson), un preparatore atletico e un preparatore mentale (“Se volete il nome, si chiama Larry Lauer”). Ascoltando le sue risposte, pare chiaro che sarà difficile estrapolarle qualche frase a effetto, da titolo. “La mia storia? Non c'è molto da dire. Sono nata in Pennsylvania e ho preso una racchetta in mano. La mia famiglia si è trasferita in Florida quando avevo nove anni, ma non per il tennis. Però ero lì e così mi sono trovata all'Academy di Chris Evert”. Tutto semplice, tutto normale. Si è concessa un paio d'anni al college, dove ha partecipato ai campionati NCAA con la franchigia dei Bruins, “ala” sportiva della UCLA. Nel 2015 ha scelto di diventare professionista. Da allora ha vinto quattro titoli ITF ma raramente ha messo il naso nel circuito WTA. Tante qualificazioni non passate, un quarto di finale a Guangzhou come miglior risultato. Adesso, a sorpresa, un ottavo di finale Slam. Ma come è stato possibile? “Di sicuro non ho fatto niente di diverso, semplicemente le cose si sono messe tutte insieme”
SOLDI DA RISPARMIARE
Le hanno domandato chi sono suoi idoli: Clijsters ed Henin tra le donne (in fondo, che ne sa una ragazza americana della lotta culturale tra fiamminghi e valloni?), mentre tra gli uomini c'è Roger Federer. “Si, direi che è il mio idolo, come per tante persone. Non vado fuori di testa per seguire i suoi match, ma se gioca lo guardo volentieri”. Non l'ha mai incontrato, e quando gli hanno detto che potrebbe riuscirci in questi giorni, è quasi arrossita. “Sì, no, probabilmente sarei troppo nervosa”. Con 220.000 dollari australiani (lordi, ci mancherebbe), raddoppierà il prize money guadagnato in tutta la carriera. “Oh, grazie per avermelo ricordato, non ci avevo pensato. Probabilmente e ne renderò conto solo quando arriverà il bonifico. Progetti? Nessuno, io penso solo al risparmio”. Dopo aver detto che, tra i suoi ex compagni e compagne di college, punta forte su Kristie Ahn, ha svelato il vantaggio di rimanere in uno spogliatoio Slam per così tanto tempo. “Di solito resto due giorni e poi vengo eliminata. Beh, è bello, anche perché il bar non è più così affollato”. Questa è Jennifer Brady, la nuova ragazza del tennis americano, forse il primo prodotto di Lake Nouna. Ragazza normale, di quelle buone per fare legna. Il fuoco dovrebbero farlo ardere altri, ma chissà.