A 36 anni e mezzo, la Venere Nera è la più anziana semifinalista dell'Australian Open. Batte Anastasia Pavlyuchenkova e trova la 21esima semifinale Slam. Ma non si accontenta: “Devo per caso pensare che le mie avversarie meritino più di me? No, non è una mentalità da campioni”.

C'è stato un periodo in cui le sconfitte di Venus Williams non facevano notizia. Perdeva nei primi turni e tanti si domandavano – per davvero! – perché continuasse a giocare, specie da quando ha scoperto di essere vittima di una grave malattia autoimmune, la Sindrome di Sjogren (fonte di enorme stanchezza e dolori di vario genere). L'ultima finale Slam risale al 2009, quando lasciò alla sorella le chiavi del Centre Court di Wimbledon. Da allora, tanti alti e bassi. Soprattutto bassi, a dire il vero. Questo pazzo Australian Open, tuttavia, l'ha rilanciata. Venus è in semifinale e probabilmente sarà favorita contro Coco Vandeweghe in una sfida tutta americana. Non tanto per la classifica (13 contro 35), e nemmeno per la qualità del tennis espresso in questi giorni. La Vandeweghe, infatti, sembra baciata dagli dei del tennis. Però non ha mai giocato una semifinale Slam, mentre per Venus sarà la ventunesima. E ha la mentalità giusta. Da vera campionessa, vuole vincere il torneo. Quando le hanno chiesto se punta a sollevare il Daphne Akhurst Trophy, ha quasi tuonato: “Perché no? Devo per caso guardare dall'altra parte della rete e pensare che la mia avversaria lo meriti più di me? Non è una mentalità da campioni. Sì, mi piacerebbe vincere, soprattutto quest'anno. La mentalità con cui scendo in campo è semplice: 'Me lo merito!'”. Sicuramente ha meritato di battere Anastasia Pavlyuchenkova, superata 6-4 7-6 in una partita interessante, in cui ha mostrato grande qualità nella fase difensiva. Detto che è sorprendente riuscirci a 36 anni e mezzo, potrà servirle contro la Vandeweghe. “Esatto. Mi sto muovendo bene, spero che possa essere un vantaggio contro Coco, giocatrice molto potente. Arrivati a questo punto del torneo, non puoi aspettarti che l'avversaria faccia chissà quanti errori”.

“SE ADESSO SONO QUI, VUOL DIRE CHE STO BENE”
Sotto 4-3 e servizio, Venus ha infilato quattro game di fila che hanno indirizzato il match. Stessa storia nel secondo: interrotta l'emorragia, la russa ha di nuovo preso un break di vantaggio (sempre 4-3), e ha resistito fino al tie-break. Era partita piuttosto bene, salendo 3-1, ma sei punti consecutivi spedivano Venus alla Final Four. In conferenza stampa le hanno chiesto, per l'ennesima volta, cosa la spinge ad andare avanti. Dopo l'ennesimo sorriso, ha detto: “Ho molto da dare. Sento di avere molto tennis dentro di me. Ogni volta che senti questa sensazione, vai avanti. In questo torneo non niente da perdere”. La semifinale della Venere Nera fa notizia solo tra i nerd tennistici, i super-appassionati che conoscono la sua storia. Per prendersi le prime pagine della cultura mainstream dovrà vincere il torneo, magari battendo la sorella in finale, in quella che sarebbe una rivincita dopo quella di 14 anni fa, uno dei migliori scontri diretti tra le Williams. “Ho vissuto un inizio anno molto complicato – ha detto Venus – mi sono ritirata dal torneo di Auckland per un problema al braccio. Quando sono arrivata a Melbourne ero in preda all'ansia. Non era il modo ideale per iniziare il percorso: nessuna partita, ritiro per infortunio….però se adesso sono qui, vuol dire che va tutto bene”. E sta dando un gran lavoro agli statistici: dovesse vincere il torneo, sarebbe la più vecchia dell'Era Open, superando di gran lunga Serena, che nel 2014 aveva 33 anni e 4 mesi. Di sicuro è già la più anziana semifinalista nell'Era Open. Ma Venus Williams queste cose non interessano. “Per me la semifinale è un trampolino di lancio, proprio come ogni altro turno. Il torneo non è ancora finito”.