Grande clamore nei giorni scorsi al famoso Les Petits As di Tarbes, il più importante torneo under 14 al mondo. Al via nel singolare maschile c’era Leo Borg, secondo figlio di Bjorn. Ha perso al secondo round, ma la sua presenza non poteva passare inosservata. Tanto che dei coetanei gli hanno addirittura chiesto l’autografo!
La crisi del tennis svedese è ormai arcinota. Nel giro di pochi anni sono passati dall’essere la scuola più florida a livello internazionale a non avere più nemmeno un giocatore fra i primi 100 del mondo. Qualcosa si sta muovendo con i fratelli Elias e Mikael Ymer, anche se di svedese hanno poco perché figli di due etiopi, migrati in Svezia in cerca di fortuna dopo il matrimonio. Tuttavia, sembra chiaro che nessuno dei due diventerà un fenomeno in grado di riportare in patria Slam su Slam come accadeva un tempo. Per quello serve un nuovo Borg che all’orizzonte non si scorge, almeno a livello di risultati. Perché in realtà un novello Borg nel tennis svedese c’è eccome, e non si tratta né di un paragone né di un caso di omonimia come quella fra Boris Becker e Benjamin, che ha accompagnato a suon di domande la carriera del secondo. Il Borg 3.0 è Leo, 14 anni da compiere il 15 maggio, secondogenito di Bjorn e figlio della sua terza moglie, Patricia Ostfeldt. Nei mesi scorsi si è diffusa la notizia che proprio il giovane Leo darà il volto al padre nella pellicola Borg/McEnroe in uscita quest’anno, interpretando papà nel periodo fra i 9 e i 13 anni, ma il ruolo della controfigura in un film non gli basta: vuole diventare un tennista anche lui! La strada è ancora lunga, ma qualcosa si intravede. È uno dei migliori giocatori svedesi della sua età, e nei giorni scorsi ha fatto notizia la sua presenza al Les Petits As di Tarbes (Francia), il torneo under 14 più famoso del mondo, dal quale sono passati ben nove degli attuali top-10 (tutti eccetto Nishikori) più una valanga di altri campioni. Borg junior non ha fatto molta strada, superando il primo turno a spese dell’italiano Giorgio Tabacco prima di arrendersi al russo Konstantin Zhzhenov, ma la sua presenza non è passata inosservata.
BORG DI COGNOME, MCENROE IN CAMPO
Appena in città si è sparsa la voce che quel Borg dalla bandiera svedese e dai capelli biondi, con tanto di fascia in stile papà, non era un ragazzino qualunque, al Parc des Expositions sono arrivati molti più appassionati del solito e anche qualche giornalista, incuriosito dalla presenza speciale. “Ho iniziato a giocare a tre anni, è stata mia nonna a insegnarmi”, ha raccontato il giovane Leo, che all’uscita dal campo dopo la vittoria al primo turno ha trovato addirittura dei ragazzini che gli chiedevano l’autografo. Ha firmato con sicurezza, ma lo descrivono come timido, con i piedi per terra. Anche se gli obiettivi sono in linea col cognome. “Sogno di diventare un gran giocatore, voglio vincere i tornei del Grande Slam. Nella mia testa c’è solo il tennis: già da piccolo ho capito che papà era molto famoso, ma non ci sono pressioni. Almeno non ora”. Anche perché papà preferisce non essere troppo coinvolto, si limita a qualche consiglio e lascia fare al coach Rickard Billing, che lo segue in uno dei migliori club svedesi. “Rispetto a come giocavo io alla sua età Leo è più avanti – ha detto il vincitore di sei titoli a Wimbledon e cinque al Roland Garros –, ma perché il tennis è diverso. La competizione è incredibile e si tira molto più forte rispetto a un tempo”. Tradotto: il presente conta poco. L’importante è il futuro. Solo fra qualche anno si capirà che se la mela è caduta veramente molto vicino alla pianta. Nel frattempo, in campo il giovane si è fatto notare anche per qualche lancio di racchetta e discussione con l’arbitro. Più alla McEnroe che alla Borg. Chissà che ne pensa papà…