È il faccione di Yoshihito Nishioka a invadere la copertina di giornata. La sua rimonta ai danni di Tomas Berdych è la notizia più fragorosa in una metà di tabellone doppiamente fiaccata: prima il sorteggio l’ha lasciata sguarnita delle firme più illustri come Federer, Nadal e Djokovic, ma anche Del Potro, Dimitrov, Zverev, Kyrgios e Nishikori, tutti in basso. Poi Pospisil l’ha resa orfana del numero uno del mondo, estromesso all’esordio. Si è aperta, dunque, una voragine in cui avrebbe potuto infilarsi il ceco, già semifinalista nel Masters 1000 californiano.
REMUNTADA
La rimonta di Nishioka ha i connotati dell’impresa sportiva, pochi dubbi. Berdych lo stava stritolando: aveva affogato le trame del rivale con la potenza del suo tennis fino a issarsi 6-1 5-2 e servizio, ovverosia due break di vantaggio per un k.o. tecnico già visto. Qualcosa si è inceppato nel meccanismo lineare del ceco con Nishioka che, da buona formichina, ha incassato ogni regalo fino a ricucire per intero lo svantaggio e protrarre al tie-break il set. Nel jeu décisif Tomas si conferma colpevolmente magnanimo e, con un doppio fallo sul 5-5, dona il set al giapponese forzando al terzo una partita verosimilmente finita mezz’ora prima. La frazione decisiva diventa una battaglia molto nervosa e poco tecnica che vede Berdych crollare, affossato da due break consecutivi subiti nei primi turni di battuta e una compilation di errori marchiani che agevolano il compito del brillante giapponese fino a sigillare il match sul 6-4 finale dopo quasi due ore e mezza. Per il piccolo giapponese – lucidissimo e umile nel ricordare in conferenza i demeriti di Berdych assieme alla propria tenacia – si tratta della vittoria più prestigiosa della carriera a qualche giorno di distanza dal primo scalpo contro un top-20 (Sock ad Acapulco) che vale i primi ottavi di finale di un Masters 1000 della carriera.
GIAPPONESE D’ORO
Nishioka è più giapponese di quel Kei Nishikori emigrato in Florida da bambino, e più giapponese anche di Taro Daniel, nato a New York e formatosi in Spagna. Yoshihito è nato nella prefettura di Mie, un’isola di quasi 2 milioni di abitanti dove risiede ancora. È allenato da Mitsuru Takada – un connazionale ex tennista piuttosto modesto – e anche in campo incarna molti stereotipi tecnici del suo Paese: è rapidissimo, predilige il rovescio pur essendo mancino e riesce a tenere un’intensità straordinaria. Del resto quando Madre Natura ti omaggia di appena 170 centimetri, devi forzatamente affinare altre qualità per emergere.
Quella con Berdych è, a rigor di ranking e blasone, la vittoria più prestigiosa, ma forse non la più gradita nella giovane carriera del ventunenne giapponese. Nel 2014, infatti, Nishioka si aggiudicò a sorpresa la medaglia d’Oro nei Giochi Asiatici di Incheon schiaffeggiando con un duplice 6-2 in finale il più esperto e quotato Yen Hsun Lu riportando il metallo più ambito in Giappone dopo quarant’anni. Una kermesse con cadenza quadriennale molto sentita, basti pensare che per prendere parte a quella finale Lu rischiò una maxi-squalifica con annessa multa – si parlò di tre anni e 100mila dollari – paventata dall’Atp per essersi iscritto al concomitante torneo di Pechino. È forse in quel momento che Yoshihito, diciannovenne, ha cominciato a crederci per davvero.
LUCKY WINNER
Seguendo il regolamento, Nishioka non avrebbe dovuto partecipare a quello che poi è divenuto il miglior torneo della carriera in quanto eliminato da Elias Ymer nell’ultimo turno di qualificazioni. Ripescato come lucky loser per il forfait di Gasquet, la sua strada s’è incrociata nuovamente con quella dello svedese, stavolta con esito opposto per una storia razionalmente strana, ma assai ridondante nel tennis. Al secondo turno Yoshihito ha sfidato la fisica che – stando alla guida Atp – lo vedeva avanzare 40 centimetri al gigante Karlovic: 6-4 6-3 in 80 minuti cancellando 7 palle break su 7 al croato e ottenendo tre break su dieci turni in ribattuta, una roba statisticamente eccezionale. L’exploit californiano del nipponico, tuttavia, solo a un occhio distratto può risultare così sorprendente: a Melbourne aveva perso in tre set contro Bautista in un match con uno score ingannevole e severo e, soprattutto, ad Acapulco aveva fatto penare Rafa Nadal, vincente in due set piuttosto complessi. 13 vittorie in stagione sono il bottino che hanno permesso a Nishioka di rientrare nei primi 100 del mondo e attestarsi al numero 70 (best ranking) che diventerà – mal che vada agli ottavi – 58 lunedì prossimo. Ora ci sarà Stan Wawrinka, un buon Wawrinka reduce dalla convincente vittoria con Kohlschreiber che solitamente quando sente odore di grande chance tende a rispondere “presente!”, ma dopo una remuntada del genere, con la fiducia al massimo e presumibilmente sul campo centrale, cosa ha da perdere Nishioka?