“Voglio essere chiaro: non lasceremo mai Miami. Siamo innamorati di Key Biscayne. Semplicemente, vogliamo fare meglio”. Queste parole, decise, arrivano dal presidente IMG Mark Shapiro. Parole che mettono a tacere indiscrezioni e congetture. A causa di una serie di vincoli architettonici e paesaggistici, gli annunciati progetti di espansione (50 milioni di dollari) non si potranno effettuare. Le varie sentenze, compresa l'ultima della Corte d'Appello, hanno dato ragione alla famiglia Matheson, proprietaria di alcune zone nei paraggi di Crandon Park. Data l'impossibilità di far crescere il “site”, l'avvocato che aveva rappresentato il torneo in tribunale (Eugene Stears), aveva ipotizzato un trasloco dall'isolotto di Key Biscayne. Tra l'altro, la sentenza ha invalidato l'accordo con la Contea, valido fino al 2024. E allora si erano già ipotizzate nuove sedi per il maxi-evento che negli anni 80 e 90 era davvero il Quinto Slam, salvo poi subire la furiosa avanzata di Indian Wells. Da parte sua, Miami è rimasto uguale a se stesso e resiste solo grazie al montepremi e ai tabelloni a 96, identici a Indian Wells. Lo scorso settembre, una fonte della USTA aveva detto che avrebbe potuto spostarsi nel nuovo maxi-impianto di Lake Nona, nei pressi di Orlando, costato circa 60 milioni di dollari. Altre speculazioni avevano parlato di un trasloco in Sud America, o addirittura in Cina. Ogni voce è stata messa a tacere da Shapiro, massima carica di IMG, proprietaria del torneo. “Rimarremo a Miami, è una promessa. Non abbiamo nessuna intenzione di andare a Orlando o altrove. Siamo orgogliosi del nostro patrimonio: la nostra partnership con questo luogo è intrisa di storia, tradizione…per questo non ce ne andremo”. Per la zona è una grande notizia, anche dal punto di vista economico, anche perché il torneo PGA (golf) di Doral si è spostato a Città del Messico. Perdere anche il Miami Open sarebbe un duro colpo per l'economia locale. L'evento ha un impatto economico di circa 390 milioni di dollari, ospita 300.000 spettatori e durante i quindici giorni di gara (l'edizione 2017 scatta lunedì con le qualificazioni) vengono prenotate ben 14.000 camere d'albergo.
I GIOCATORI AMANO MIAMI
Il problema risiede nelle strutture, vecchie e poco efficienti per un torneo così importante. Anche il team NFL dei Miami Dolphins aveva un problema con lo stadio, poi il proprietario Steve Ross ha pagato di tasca sua per ristrutturare l'Hard Rock Stadium. IMG aveva stanziato un progetto da 50 milioni di dollari per ammodernare l'impianto e rispondere all'impetuosa crescita di Indian Wells (il quale, non a caso, viene nominato “Masters 1000 dell'anno” da tre stagioni: Miami ha ottenuto il riconoscimento per l'ultima volta nel 2008). Nel 2014, il tennista francese Paul Henri Mathieu ha twittato: “Indian Wells è il torneo più migliorato negli ultimi 10 anni. Miami: torneo più regredito…!”. Il tutto accompagnato da un hashtag che non lascia spazio a dubbi: #miamiwhathappened. IMG aveva trovato la soluzione, ma le sentenze anti-torneo hanno bloccato ogni speranza di espansione. “Vorremmo proporre alcuni servizi e miglioramenti simili a quelli di Indian Wells – dice Shapiro – ne abbiamo parlato direttamente con Larry Ellison. Noi non vogliamo essere tra i migliori: vogliamo essere i migliori”. Però hanno le mani legate: luoghi chiave come la Players Lounge e i servizi per il pubblico (ristoranti, luoghi di intrattenimento), difficilmente potranno migliorare. L'atmosfera e il calore del tifo, tuttavia, rendono il Miami Open uno dei tornei più popolari tra i giocatori. Lo scorso anno, Serena Williams scrisse un articolo sul New York Times in cui invocava la permanenza del torneo nella sede attuale. Un infortunio al ginocchio, tuttavia, le impedirà di esserci nel 2017, così come Andy Murray (problemi al gomito). Ci saranno comunque 69 delle prime 73 WTA e praticamente tutti i migliori uomini, nella speranza che al forfait di Murray non si accompagni quello di Djokovic. Da parte loro, gli organizzatori hanno preparato otto nuovi punti-cibo per migliorare l'esperienza del pubblico. Poca roba, rispetto a Indian Wells. Tuttavia, Shapiro ritiene che Miami abbia la possibilità di restare in piedi, nonostante l'accanita concorrenza. “Finché saremo competitivi e offriremo un'offerta complessiva molto piacevole, riusciremo a restare dove siamo. E siamo in grado di farlo: la gente è contenta di venire a Miami perché offriamo il meglio del tennis. E ne siamo orgogliosi”.