Come si spiega il rovesciamento di equilibri nella rivalità tra Roger Federer e Rafael Nadal? Facile: lo spagnolo non ha più un porto sicuro dove rifugiarsi, ed è costretto a pensare e cercare soluzioni alternative. A Miami ci ha provato, ma non ne ha trovate. E Roger, con il nuovo atteggiamento sul rovescio, è entrato in un totale “confident state”.

C'è un punto che racconta, meglio di mille chiacchiere, il cambiamento della rivalità tra Roger Federer e Rafael Nadal. Finale del Miami Open, 6-3 5-4, lo svizzero serve per il match e ha appena commesso un doppio fallo. Sullo 0-15 è costretto a giocare uno scambio in vecchio stile, con i suoi attacchi rintuzzati dal ringhiante Nadal. Sei, otto, dieci colpi fino a quando il punto prende una piega favorevole a Nadal. Ma poi, all'improvviso, ecco il coniglio che esce dal cilindro. Roger azzecca un rovescio in controbalzo che finisce all'incrocio delle righe. Non era imprendibile, ma Nadal non ha nemmeno provato ad arrivarci. Forse l'aveva “battezzato” fuori, forse non aveva più energie. Tempo fa, un punto del genere non si sarebbe mai visto, men che meno in una situazione di punteggio così delicata. Tra l'altro, nello scambio successivo, lo spagnolo avrebbe messo banalmente in rete un dritto che avrebbe voluto essere offensivo. Un errore figlio del punto precedente. Insomma, è cambiato tutto. Nel suo articolo post-partita, Steve Tignor non ha menzionato questo scambio, ma ha espresso con efficacia quello che sta succedendo: Federer gioca, mentre Nadal è costretto a pensare. L'esatto contrario di quanto è accaduto in dieci anni di rivalità, quando lo spagnolo aveva un evidente vantaggio tattico. Fino al 2015, Federer doveva ingegnarsi per trovare una via d'uscita dal tunnel nadaliano. Slice, topspin, dritti, discese a rete…le ha provate tutte. E tutti, anche i tecnici della domenica, dicevano la loro. Da parte sua, Nadal sapeva esattamente cosa fare.

NADAL, LA SOLUZIONE NON FUNZIONA
Per l'amor di Dio, non si batte per 23 volte lo stesso avversario rifugiandosi in un drittone incrociato che va a sbattere sul fragile rovescio altrui. Per nulla. Nadal ha fatto tante cose, ma nel momento del bisogno, nel punto importante, si affidava allo schema più semplice. E il punto arrivava, 8-9 volte su 10. Quest'anno è cambiato tutto nel momento in cui il rovescio di Roger si è trasformato da debolezza ad arma. Non che prima non lo sapesse tirare, anzi, ma adesso lo gioca nel modo giusto, un po' come faceva Djokovic nel biennio 2011-2012. Si arrampicava sulla palla, e i topspin esasperati di Rafa facevano il solletico al suo rovescio bimane. Per Federer, interprete di un gesto classico, la transizione non è stata così semplice. Grande merito va a Ivan Ljubicic, se non altro perché il cambiamento è avvenuto sotto la sua guida. Il nuovo atteggiamento tecnico-tattico, oltre a regalare un buon numero di punti (e a far strabuzzare gli occhi degli appassionati), ha avuto un importante effetto collaterale: ha obbligato Nadal a pensare. Senza più l'autostrada per arrivare al casello della vittoria, ha dovuto ingegnarsi per individuare strade alternative. Dopo il 6-3 6-4 incassato a Crandon Park, si può dire che non ne abbia ancora trovate. Forte di una situazione ambientale a lui favorevole (caldo, umidità, superficie piuttosto lenta), Nadal è sceso in campo ben deciso. Anziché aprirsi il campo con il dritto incrociato, ha provato a farlo con il rovescio in cross. La strategia ha dato buoni risultati in avvio (in fondo ha avuto quattro palle break nei primi turni di risposta, una sfumata a causa di un nastro malandrino), ma aveva un pericoloso effetto collaterale: ha messo in palla il dritto di King Roger.

CONFIDENT STATE
Nel primo set, il break è arrivato all'ottavo game grazie a tre dritti vincenti (più un rovescio). Insomma, la nuova tattica ha esposto Nadal all'arma migliore di Federer. Era giusto fare un tentativo, ma non ha funzionato. Il secondo set è stato ancora peggio: Rafa è stato inesistente in risposta e ha commesso troppi errori. Rovesci fuori di metri, dritti che sbuffavano in mezzo alla rete. Entrambi i giocatori hanno concordato sul fatto che Roger si trovi in un “confident state” che fa sembrare tutto più facile. Vede la palla grande come un pallone da basket, la rete più bassa e il campo avversario ben più largo di 8,23 metri. Otto anni fa, questa sensazione ce l'aveva Nadal. Dopo la finale dell'Australian Open 2009 (quella delle lacrime di Federer durante la premiazione), lo svizzero aveva la sensazione di non avere chance per battere Nadal, pur avendolo trascinato al quinto. Stavolta succede più o meno lo stesso: la finale di Miami è stata abbastanza equilibrata, ma è terminata 6-3 6-4. Significa che nei prossimi scontri diretti (che ci saranno, vedrete), Roger Federer potrà occuparsi soltanto di giocare. Da parte sua, Nadal dovrà continuare a pensare. Sperando che non gli vada in fumo il cervello.