E' nato il 23 luglio 1989, dunque deve ancora compiere 28 anni. Ma fa quasi impressione accorgersi che Donald Young è diventato professionista tredici anni fa, addirittura nel 2004, quando dominava il circuito junior e andava in giro con lenti a contatto colorate. Nero, americano, uomo, era un personaggio molto (molto…) commerciabile. Ma il talento non era così cristallino: in tanti anni, non è mai andato il numero 38 ATP, ma qualcosa sta cambiando. Purtroppo per lui, è arrivata la stagione su terra battuta, di gran lunga la sua peggiore superficie. Infatti, nemmeno il rosso di casa (Houston) gli ha permesso di vincere una partita. Mercoledì è stato sconfitto dallo specialista Thiago Monteiro. Però il momento positivo resta. In fondo, oggi è numero 42 del mondo, a due passi dal best ranking. I risultati del primo trimestre 2017 sono il frutto di uno Young diverso, nei pensieri e negli atteggiamenti. “Quest'anno mi sono presentato ai tornei più rilassato. Vado al cinema, visito diversi posti, passo meno tempo del solito in camera d'albergo. Direi che sta pagando – dice Young – gioco a tennis da parecchi anni, così ho voluto provare qualcosa di diverso. Presso la sede del torneo mantengo le stesse abitudini, ma una volta che abbandono il club è tutta un'altra cosa”. I tornei americani di febbraio hanno fruttato buoni risultati: semifinale a Memphis, semifinale Delray Beach, peraltro con vittorie di prestigio contro Isner e Karlovic. E a marzo ha raggiunto gli ottavi sia a Indian Wells che Miami, raccogliendo due vittorie contro Lucas Pouille. “Mi era già capitato di battere alcuni top players, ma sporadicamente – prosegue Young – ma farlo con continuità è spettacolare. Vorrei continuare”.
“LA TERRA MI PUO' AIUTARE PER LE ALTRE SUPERFICI”
Non sarà facile vincere un buon numero di partite sul rosso, dove i famelici specialisti sono pronti a farlo annegare in un mare tutto rosso. La sconfitta di Houston ha ricordato vecchie mancanze, come la scarsa abitudine a giocare su terra negli anni junior, quando si limitava a un solo torneo all'anno, peraltro su terra verde. Però spera che i due mesi su terra possano portare benefici importanti sul cemento e magari sull'erba. “Devo fare bene sulla terra per portare il ranking dove desidero – dice, deciso – è una parte della stagione lunga e importante. C'è uno Slam, due Masters 1000 (Young non andrà a Monte Carlo, ndr), alcuni ATP 500 (in verità, soltanto Barcellona prima di Parigi…ndr). Dovessi fare bene, non avrei troppa pressione nei tornei estivi sul cemento americano. Inoltre ti aiuta su diversi aspetti del gioco: diverse rotazioni, diversi movimenti…si può costruire per il resto dell'anno”. In passato, Donald ha raccolto una discreto terzo turno al Roland Garros. La terra inizia a piacergli, ma ha bisogno di mettere parecchi match sulle gambe. “Si giocherà in splendide e grandi città, spero di sfruttare al meglio il mio tempo fuori dal campo”. Young è felice che il movimento americano al maschile sia pieno di buoni giocatori. Magari manca il fenomeno, ma c'è un gruppo di giocatori che si stimola a dovere. “Senza dimenticare tanti giovani che stanno crescendo. Ci spingiamo gli uni con gli altri, ed è stimolante fare questo percorso insieme a loro”. Il primo torneo è andato male, ma con questo spirito si può provare a raccogliere qualcosa. Certo, caro Donald, non sarà facile…