Non si può giudicare lo stato d'animo di una persona osservandola in una conferenza stampa. Ma è possibile paragonare la prima chiacchierata romana di Novak Djokovic rispetto a quelle del passato. E' un Nole diverso, continua a sorridere, ma pare evidente che qualcosa sia cambiato. Anni fa scherzava, prendeva in giro Gianni Clerici, aveva tanta voglia di ridere. E si presentava da solo. Stavolta era accompagnato dal fratello Marko e dall'agente Elena Cappellaro, presenti al botta e risposta con i giornalisti. Con il volto semi-nascosto da un cappellino griffato, Nole ha espresso alcuni concetti interessanti. Ad esempio, che Madrid è stato il suo miglior torneo dopo un po' di tempo. “Ho fatto un passo nella giusta direzione. Non sono ancora al livello che vorrei, ma ho fiducia in me e nelle mie qualità. Il livello espresso nelle ultime 3-4 settimane mi ha confortato”. Dopo aver detto che non sente di essere troppo magro (e quindi con qualche energia in meno), non è sbilanciato sul nome del nuovo coach. Sebbene fosse presente Simon Briggs, colui che ha svelato il “sondaggio” con Agassi, il nome del Kid di Las Vegas non è uscito. Ma è stato proprio Briggs a porre una domanda sull'argomento: “Non è un reclutamento – ha detto Nole – si tratta di una conversazione amichevole, una condivisione di esperienze in cui qualcuno può aiutare qualcun altro. Nutro ammirazione per gli atleti che hanno fatto la storia del nostro sport. Ho avuto il privilegio di lavorare tre anni con Becker: Boris ha portato molto alla mia carriera e alla mia vita. Con questi personaggi trovi un linguaggio comune. Mi piace ricevere consigli, che magari restano dopo una o due conversazioni. Poi può capitare che in certe situazioni diventino più approfondite, come è successo con Boris. Ma quando parlo con qualcuno non è che gli dico: “Ehi, ti sto valutando, mandami il curriculum'".
L'AUTOCANDIDATURA DI UN GIORNALISTA – Il toto-coach di Djokovic è ormai diventato un tormentone, al punto da creare una situazione più surreale che comica. Ha preso la parola un giornalista brasiliano, sostenendo di avere i nonni nati a Belgrado. “Allora puoi farmi la domanda in serbo” ha detto Nole. “Magari la prossima volta” ha replicato lui. In sintesi, ha detto di aver battuto un paio di volte suo fratello a tennis. “Per questo, posso inviarti il mio curriculum per diventare il tuo coach?”.
“Sure, sure, sure” ha detto Djokovic.
I DUE ERRORI DI NAPOLITANO – Per un set, le 150 posizioni di differenza tra Stefano Napolitano e Viktor Troicki non si sono viste. L'azzurro ha tenuto con autorità gli scambi da fondocampo, aprendosi bene il campo e mostrando una lucidità tattica notevole. Sul più bello, tuttavia, si è capito perché il serbo è numero 36 ATP e il biellese n.181. Sul 6-5, Napolitano ha avuto due setpoint consecutivi, ma Troicki ha giocato quattro punti da campione: servizio vincente, ace, ancora un vincente e altro punto gratis col servizio. Saremo banali, ancora una volta, ma la differenza tra i campioni e i buoni giocatori è tutta qui. Nel tie-break, Stefano ha commesso due errori molto gravi: non ha chiuso un semplicissimo smash a rimbalzo sopra la rete, consentendo a Troicki di giocare un pallonetto, poi ha sbagliato il successivo. E poi, un altro dritto semplice sparato in rete. In un batter d'occhio si è trovato in svantaggio 4-0 e la partita è finita lì: 7-6 6-2 Troicki. Peccato, ma è da qui che si impara.
I CRAMPI DI MAGER – Chissà se Gianluca Mager ha pensato all'opportunità di sfidare Novak Djokovic mentre prendeva a pallate Aljaz Bedene. Fino al 7-6 4-2, Gianluca sembrava poter scrivere la storia del giorno, quella che sarebbe finita su tutti i giornali. Era inattaccabile al servizio: il povero Bedene doveva mettersi a chilometri dalla riga per poter rispondere, ma veniva infilzato ugualmente. Il punto del 4-2 arrivava con un ace di seconda! Al momento di chiudere, tuttavia, perdeva un paio di scambi prolungati e si faceva riacchiappare. Eppure ha avuto altre chance, sia sul 4-3 che sul 4-4. Sotto 4-5, è stato travolto dai crampi ed è parso quasi paralizzato. Finito per le terre, sembrava che l'infortunio fosse piuttosto grave. Per fortuna, solo un guaio muscolare. Si è dovuto ritirare sullo 0-3 al terzo. A parte l'ovvio dispiacere per un ottimo ragazzo, ci si domanda se debba cambiare qualcosa nella preparazione atletica. “In realtà sono abituato alle partite di 3 ore, come quella con Berrettini nelle pre-quali” ha detto Mager, ma finire KO per problemi fisici in un momento così importante non è una bella notizia.
LE DUE CHIAVI DELLA CHIESA – Sul Campo 2, Deborah Chiesa ha fatto sognare gli appassionati per una buona mezz'ora, quando è salita 5-1 contro l'esperta Lesia Tsurenko. Ha anche avuto un paio di setpoint, poi si è progressivamente spenta. Paradossalmente, le sue lacune rappresentano buone notizie: Deborah ha margini di miglioramento enormi, giganteschi. Intanto sul piano atletico, dove è un po' massiccia e forse concede qualcosa alle avversarie. Sul 5-5 ha iniziato a sentirsi un po' stanca, e nel secondo sembrava addirittura boccheggiare. “In realtà riesco a mantenere il livello per 2-3 set nei tornei più piccoli, mentre le più forti hanno una continuità maggiore senza mai perdere intensità. Dovrò lavorare per essere più lucida e presente". E poi c'è il dritto, colpo meno naturale. Tuttavia, è ben costruito e ha ottime potenzialità. A volte si ha l'impressione che si faccia prendere dalla fretta, cercando il punto quando non è il caso. “Mi sento meno sicura col dritto – conferma Deborah – magari costruisco, ma ho ancora paura di sbagliare. Spesso cerco una soluzione lungolinea per riportare lo scambio dal lato del rovescio, dove mi sento molto più a mio agio”.
I TELEFONINI DI ERRANI E CORNET – L'inizio del match tra Sara Errani e Alize Cornet è iniziato con qualche minuto a causa di una nuvola dispettosa che ha attraversato il Foro Italico. Per questo, sono state bloccate nel sottopassaggio della Next Gen Arena, abbellita rispetto agli anni passati ma pur sempre impianto provvisorio, strutturato con tubi innocenti. Le telecamere le hanno scovate sedute a pochi metri di distanza, su un paio di sedie di fortuna, con i borsoni accanto ed entrambe focus sui rispettivi telefonini. Una scena surreale, resa quasi comica dall'addetto che si trovava accanto a loro: pure lui smanetteva al telefonino…