Mima Jausovec, Helen Gourlay, Renata Tomanova, Florenta Mihai. Se non le avete mai sentite nominare, non preoccupatevi. Sono le uniche giocatrici, prima di Jelena Ostapenko, ad aver raggiunto la finale al Roland Garros senza essere teste di serie. Ma nessuna di loro aveva sollevato il trofeo intitolato a Suzanne Lenglen. Jelena (Aljona, per dirla in lèttone), invece, ha compiuto il miracolo. Non è così sorprendente, per quanto visto nei giorni scorsi. Ma stupisce per il modo in cui si era messa la finale contro Simona Halep, favorita della vigilia che deve ancora rimandare il sogno Slam. Nei giorni scorsi c'erano state avvisaglie importanti: quando gioca contro un'avversaria aggressiva, sparapalle o giù di lì, la Halep va in difficoltà. E poi non è un cuor di leone: avanti 6-4 3-0, con l'avversaria ormai agonizzante, ha letteralmente buttato via la partita. Ha avuto due chance per salire 4-0 ma non le ha sfruttate, restituendo fiducia a una Ostapenko che ha preso il teatro dello Chatrier come se fosse un campo di allenamento. Nessun timore reverenziale, né verso l'avversaria, né verso una circostanza inedita. Dopo un'ora, tuttavia, aveva un piede in un burrone e l'altro in una saponetta. La difesa a oltranza della Halep era incisiva, più di quella della Wozniacki, e costringeva Jelena a giocare in condizioni di equilibrio non sempre perfette. Risultato? Tanti errori, una montagna. Nel primo set, ne ha commessi 23 contro i 2 della rumena.
299 COLPI VINCENTI
Ma lei non sa giocare diversamente, allora ha continuato a spingere a occhi chiusi. Nei primi tre giochi del secondo set ha avuto un mucchio di occasioni, ma il game finiva sempre nelle mani della Halep. Anche il linguaggio del corpo era negativo, come se quello 0-30 non sfruttato sul 4-4 del primo fosse un peso troppo grande da farsi scivolare addosso. Ma la Halep, priva del “killer istinct” della campionessa, le ha concesso di tornare in partita. I suoi colpi erano meno incisivi, meno profondi, così gli errori della Ostapenko si sono tramutati (di nuovo) in vincenti. Ha artigliato il secondo set con un parziale di sei giochi a uno, poi si è trovata nuovamente in svantaggio nel terzo. Dal 3-1, tuttavia, i fantasmi hanno preso residenza nella testa della Halep. Cinque giochi consecutivi che hanno proiettato la Ostapenko in paradiso, più giovane vincitrice del Roland Garros dai tempi di Iva Majoli (campionessa nel 1997, a 19 anni e 300 giorni). Spesso si abusa del termine “incredibile”, ma è difficile trovare altri aggettivi per descrivere questo epilogo. Come Kuerten, Jelena vince il suo primo torneo proprio in uno Slam (tra le donne non accadeva dal 1979: Barbara Jordan all'Australian Open), peraltro all'ottava partecipazione. Soltanto Maria Sharapova, a Wimbledon 2004, era stata più frettolosa di lei. Ma Jelena, si sa, non conosce la pazienza. In finale ha fatto tutto lei. Basta un dato per descrivere tutto: 54 vincenti e altrettanti errori per la Ostapenko, 8 vincenti e 10 errori per la Halep. Qualsiasi racconto sarebbe superfluo, ridondante. Jelena ha chiuso con una gran risposta di rovescio, il “winner” numero 299 del suo torneo. Non ha avuto bisogno di arrivare a 300 per lasciar cadere per terra la racchetta e mostrare un'esultanza tutto sommato contenuta, fatta di tanti sorrisi e pochi strilli.
SIMBOLO DELLA LETTONIA
L'emozione l'ha mostrata durante l'esecuzione dell'inno nazionale lèttone, quando non si è fermata a contemplarlo. Vedeva che i fotografi continuavano a scattare, allora è rimasta in posa, sorridente, con la sua coppa tra le mani. Una scena quasi comica per la terza ragazza nata negli anni 90 a vincere uno Slam. Prima di lei c'erano riuscite Petra Kvitova (Wimbledon 2011 e 2014) e Garbine Muguruza (Roland Garros 2016). Ma erano già tenniste affermate, mentre lei non aveva vinto una sola partita al Roland Garros. Due anni fa perse da Vera Dushevina, l'anno scorso da Naomi Osaka. Ma quest'anno ha scritto una favola. Esplodere di gioia un paese giovane, liberatosi dalla morsa dell'Unione Sovietica meno di 26 anni fa, con poco più di 2 milioni di abitanti e – come ogni piccolo paese – fiero di origini e tradizioni. Non è un caso, forse, che i lèttoni abbiano esultato davanti al Monumento alla Libertà, dove è raffigurata una donna che tiene in mano tre stelle, simbolo delle tre regioni del Paese. Jelena Ostapenko è ancora una ragazza, ma è già un nuovo simbolo della Lettonia e sì, potrà diventare una grande campionessa. Il mix tra mamma Jelena Jakovleva e Anabel Medina Garrigues le ha permesso di instradare nel modo giusto un potenziale esplosivo. Le sue bordate sono ragionate, non più scriteriate. E anche i 54 errori gratuiti di sabato, indolori, non erano clamorosi. Palle fuori non di molto, comunque frutto di un'idea. La nuova campionessa del Roland Garros è lei, la ragazza che ballava da bambina. Ma oggi sono le avversarie, a ballare.
ROLAND GARROS DONNE – Finale
Jelena Ostapenko (LET) b. Simona Halep (ROM) 4-6 6-4 6-3