“Non può piovere per sempre” dovrà aver pensato Feliciano Lopez. Undici finali perse in carriera – a fronte di appena cinque titoli – zavorravano la sfida con Marin Cilic, uno che al Queen’s Club aveva lasciato per strada 10 punti con la prima di servizio nel percorso verso la finale. Era anche lo stesso Cilic contro cui aveva perso cinque volte su sette – le ultime quattro – e due di queste proprio nel circolo della Regina. Poteva essere e forse doveva essere, ma non è stato. Lopez s’è ribellato a quel destino che lo voleva incluso nel club dei belli-che-non-ballano e ha messo le mani sul trofeo più prestigioso della sua carriera a tre mesi dalle 36 candeline sulla torta.
VENDESI IDOLO
Doveva necessariamente trovare una storia da raccontare questo torneo, brutalmente storpiato nei primi giorni da eliminazioni illustri tra cui la più dolorosa per i Brit, quella di Sir Andy Murray, il più prolifico campione della kermesse londinese antipasto di Wimbledon. Uno stillicidio di teste coronate che ha visto in Cilic il superstite più blasonato: quarta testa di serie, 17 titoli in bacheca di cui uno proprio al Queen's, e la calda poltrona di numero sei del mondo (best ranking eguagliato) ad aspettarlo lunedì. In parallelo s’è fatto strada Feliciano, lottando come un leone contro Berdych, piegando al terzo un suo simile come Dimitrov, un altro che lascia preferire la forma alla sostanza ed estromettendo all’esordio il numero due Wawrinka che però sui prati non vale certo quanto dice il computer. In parallelo al coetaneo Federer, Lopez artiglia in rimonta e con due tie-break a lui sorridenti (con tanto di matchpoint annullato) il sesto titolo di una bacheca composta a metà da trofei erbivori. Ed è francamente giusto che l’erba restituisca a Lopez quel pizzico di gloria ogni stagione inseguito.
TUTTO IN UN TIE-BREAK
34 game, 2 tie-break, 4 palle break, un misero break. Questo il report di una finale banalmente dominata dai servizi con 41 ace e almeno il triplo di prime vincenti. Il primo set finisce nelle tasche di Cilic in virtù dell’unico break della finale, arrivato addirittura a zero con un paio di pasticci di Lopez nel decimo gioco del primo set. Lo squarcio creato dal croato in chiusura di prima frazione si stava trasformando in voragine a inizio secondo set, ma Lopez è stato formidabile a recuperare il meglio di sé in un momento di chiarissima difficoltà, con due palle break annullate dal sapore di matchpoint. E così il passaggio al tie-break è quasi obbligato: nel secondo set è disastroso quello di Cilic, basti pensare che il croato perde tre punti con la prima nel 2-7 finale e ne aveva persi appena due nel resto dell’incontro. Pur essendo in una situazione di parità almeno formale, la sensazione è che difficilmente la vittoria possa sfuggire a Cilic. Un cavillo, un ciuffo d’erba fuori posto, un serve&volley avventato, troppe variabili possono ostacolare Lopez, troppo granitica la solidità nelle due fasi di Cilic. Nuovo tie-break: inizialmente a dominare è la tensione per poi farsi da parte e lasciare spazio allo spettacolo, sublimato dall’importanza del momento. Dopo i primi quattro punti, sostanzialmente si vedono soltanto colpi vincenti: l’ace numero 21 sul 5-5 consegna a Cilic il matchpoint, la volée accompagnata con la solita grazia da Lopez lo cancella. Dal 6-6 due ace e poi il primo scossone: il mancino di Toledo rema in difesa e Cilic, offuscato dall’eccessivo andirivieni, cicca il dritto. Stavolta il matchpoint Feliciano può giocarlo al servizio, ma niente, il croato prende la rete e riacciuffa la parità. I nervi di Lopez restano insolitamente saldi, altro ace, altro matchpoint, quello buono: è il colpo più svolazzante – il dritto – a lasciare a piedi Cilic e consegnare la vittoria a Lopez.
RIVENDICAZIONE
Per la finale persa a Stoccarda la settimana scorsa, una come altre dieci fuggite via. Per il titolo al Queen’s mancato con matchpoint tre anni fa e per quel gioco felpato, desueto, avvolgente e seducente. Per la sopravvivenza degli specialisti, sia pure relegati in poco più di un mese in cui si condensa la loro stagione “verde”. Per questi motivi Feliciano ha meritato la vittoria londinese. Per un torneo straordinario con un break al passivo e una supremazia pressoché totale nei confronti della concorrenza e per gli 8 punti in più refertati oggi. Per questi altri motivi avrebbe meritato anche Cilic che, tuttavia, potrà rifarsi a Wimbledon dove nella moria generale non può certo ritenersi inferiore ai nomi più illustri. Oggi ha vinto Feliciano perché, alla fine, non può piovere per sempre.
ATP 500 QUEEN’S – Finale
Feliciano Lopez (ESP) b. Marin Cilic (CRO) 4-6 7-6(2) 7-6(8)