Il calendario del circuito WTA, obbligato a collocare uno dopo l’altro i due Premier sull’erba, genera una grande differenza col circuito maschile nella settimana pre-Wimbledon. Fra gli uomini giocano solo Djokovic, Thiem e Monfils, mentre a Eastbourne sono in gara quattordici delle prime 20 del mondo. Una situazione che non piace, ma è dura da risolvere.Basta dare un rapido sguardo ai tabelloni dell’Aegon International di Eastbourne per accorgersi di una differenza enorme. Quello femminile potrebbe tranquillamente essere un torneo del Grande Slam, visto che ci sono in gara quattordici delle prime venti giocatrici del mondo, che sarebbero diventate quindici (su 19, visto che Serena Williams è ferma per la maternità) se Petra Kvitova non avesse preferito dare forfait dopo il successo a Birmingham. Quello maschile, invece, conta solamente su due top-20, peraltro entrambi in gara con una wild card: Gael Monfils e soprattutto Novak Djokovic, l’unico dei big ad aver detto “sì” alla chiamata degli organizzatori, accettando di giocare per la prima volta dal 2009 (e terza in carriera) un torneo la settimana precedente a uno degli appuntamenti del Grande Slam. Vuol dire che nessuno dei migliori aveva previsto di scendere in campo a Devonshire Park, obbligando gli organizzatori a correre ai ripari per non trovarsi con un torneo di interesse nettamente inferiore rispetto a quello femminile. E se in Inghilterra se la passano maluccio, va ancora peggio al nuovo ATP 250 di Antalya: un avvio in salita era prevedibile, dato un po’ di scetticismo per la novità, su dei campi allestiti appositamente per il torneo in un resort, e soprattutto un po’ fuori dalle rotte dell’erba del tennis, concentrata fra Regno Unito, Germania e Paesi Bassi. Ma la prima edizione rischia di diventare un mezzo flop. Solo lo stakanovista Dominic Thiem ha scelto di andare in Turchia, dove per trovare la seconda testa di serie bisogna scendere fino al numero 33 di Paolo Lorenzi. Una buona notizia per il toscano, ma non per il torneo. La presenza dell’austriaco all’Antalya Open porta a tre i top-20 che hanno deciso di giocare la settimana prima di Wimbledon, un quinto rispetto alle colleghe in gonnella. Ma c’è da scommettere che non tutte siano così felici di giocare.
UN PROBLEMA DI DIFFICILE SOLUZIONE
Il fatto che ai tennisti non piaccia scendere in campo appena prima di uno Slam non è affatto una novità. Negli ultimi anni si sono visti addirittura dei ritiri precauzionali dagli Internazionali d’Italia, che si giocano due settimane prima del Roland Garros, quindi è facile intuire che molte avrebbero fatto volentieri come gli uomini, accodandosi a Svitolina, Venus Williams, Keys e Sevastova, le uniche assenti a priori. Il problema è la differenza nei calendari. Nel Tour maschile, i due appuntamenti “clou” in vista del Championships sono i tornei di Halle e del Queen’s, che fino quattro stagioni fa scattavano all’indomani della finale del Roland Garros, ma dopo la modifica al calendario che nel 2015 ha aggiunto una settimana in più fra Parigi e Wimbledon sono stati spostati nella settimana centrale delle tre, e promossi ad ATP 500, trovando la loro collocazione ideale, non subito dopo i French Open e non subito prima l’appuntamento di Church Road. Una soluzione che invece non sono riusciti ad adottare i vertici del circuito WTA, per una ragione molto semplice: i tornei equivalenti degli ATP 500 sono i Premier di Birmingham – salito di categoria dopo la riforma del 2015 – e Eastbourne, entrambi nel Regno Unito. Di conseguenza non si possono giocare nella stessa settimana, e uno dei due è costretto a finire subito dopo il Roland Garros o subito prima lo Slam londinese, come avviene per l’Aegon International. Va detto che le giocatrici potrebbero tranquillamente giocare solamente a Birmingham e saltare Eastbourne, ma la possibilità di competere in due Premier di fila fa gola a tante. L’ideale, tuttavia, sarebbe trovare un modo per risolvere la situazione e uniformare il calendario a quello maschile, portando i due tornei più importanti nella settimana centrale. Magari sacrificando leggermente il livello dei due appuntamenti, ma evitando di obbligare (o quasi) le migliori a scendere in campo quando ne farebbero volentieri a meno.