L'ex leggenda del Milan ha giocato all'ASPRIA Tennis Cup di Milano grazie a una wild card, conquistata in un torneo di pre-qualificazione. La vita da tennista di Paolo (“Sia chiaro: gioco solo per divertimento”), la passione per Roger Federer, il suo stile di gioco e un po' di chiarezza sul ruolo nel Miami FC.

Sembrava di essere a un Masters 1000. La presenza di Paolo Maldini all'ASPRIA Tennis Cup ha generato un interesse senza precedenti per il Challenger milanese. C'erano tutte le più importanti TV nazionali, decine di giornalisti e anche alcune agenzie internazionali. Sono arrivate alcune richieste dalla Gran Bretagna e persino dalla Cina. In collaborazione con Simon Cambers (Guardian e Reuters), nonché China News Service e Beijing Morning Post, Tennis Italiano ha realizzato un'intervista con la leggenda del Milan, foriera di un paio di chiarimenti, sia sul suo futuro nel tennis (che rimarrà un hobby, senza nessuna velleità agonistica) che sul rapporto col Miami FC, società calcistica che Paolo ha contribuito a far nascere ma con cui non ha più particolari contatti.

Come puoi descrivere l'esperienza di giocare un torneo professionistico, anche tenendo conto del tuo passato da calciatore?
E' nato tutto per gioco. Grazie al mio compagno di doppio Stefano Landonio (che è anche il mio maestro) siamo riusciti a qualificarci. Sinceramente avevo altri programmi anche per questa settimana, sono appena tornato da un viaggio in Cina. Sto patendo un po' il fuso orario, ma vorrei che fosse chiara una cosa: lo facciamo per divertimento perché sono socio di questo club e lui lavora qui. Non abbiamo nessuna velleità.

Eri particolarmente nervoso prima di giocare?
Può capitare di essere un po' nervoso, perché ti stai cimentando in uno sport che non è il tuo. Ma visto che sei stato un buon giocatore in un'altra disciplina ci si aspetta chissà cosa. Chi conosce lo sport professionistico sa benissimo che è impossibile improvvisarsi professionista da un giorno all'altro. Io lo so molto bene.

Avrai un futuro nel tennis, magari giocando qualche torneo ITF riservato agli Over 50?
​Direi di no, anche perché non mi alleno come un ex professionista. Gioco una volta alla settimana, vengo da un altro sport, ho problemi fisici alle ginocchia e una serie di limitazioni dovute anche all'inevitabile usura provocata dal calcio. Inoltre non ho troppo tempo a disposizione.

Il tuo tennista preferito? E perché?
Roger Federer. E' senza dubbio il tennista con più classe che abbia mai visto. Probabilmente è il migliore di sempre.

Da quanto tempo giochi a tennis? Perché hai scelto questo sport?
​Gioco a tennis dal 2009, da quando ho smesso con il calcio. L'ho scelto perché mi è sempre piaciuto. Ci avevo già giocato da piccolo, intorno agli 11 anni, d'estate. Durante la carriera da calciatore, invece, era impossibile praticare un altro sport diverso dal calcio.

In quale circolo giochi? E con chi?
​Sono socio dell'Harbour Club di Milano, che è anche la mia sede di allenamento. Mi alleno una volta alla settimana con il maestro Stefano Landonio.

Sul campo da calcio eri un difensore. Su quello da tennis, invece, che tipo di giocatore sei?
All'Harbour Club ci sono campi indoor piuttosto veloci, dove riesco a dare il meglio. C'è poco da pensare, si gioca di anticipo ed è dove preferisco giocare. Mi piace attaccare. La terra battuta ti porta a fare punti lunghi, ma nel tennis sinceramente ho poca pazienza.

La differenza tra il circuito professionistico del tennis e la Serie A italiana?
Il calcio era la mia vita. Sin da quando avevo 10 anni ho lavorato per diventare professionista, mentre questa è semplicemente una passione. Inoltre non ho la possibilità, né fisica né come tempo a disposizione, di allenarmi. Sono un NC, dunque ben lontano da ogni realtà professionistica.

Quali ambizioni hai con il Miami FC? Con quale frequenza vai a vedere le partite?
Vorrei fare un po' di chiarezza su questo argomento. Ho aiutato il Miami FC a nascere perché mi era stato chiesto dal proprietario Riccardo Silva. Avrei dovuto avere delle quote societarie, ma la cosa non è andata in porto. Li ho aiutati a trovare l'allenatore Alessandro Nesta, nonché il direttore sportivo, un ragazzo italiano che aveva lavorato anche nel Milan. Da allora non ho più collaborato con loro, sono due anni che non vado a Miami e quindi li seguo soltanto a distanza.