L'incredibile attenzione dopo il trionfo in Coppa Davis ha danneggiato la carriera di Federico Delbonis. “Mentre gli altri preparavano la nuova stagione, noi stavamo ancora festeggiando. Ne abbiamo pagato le conseguenze”. Un problema fisico lo ha tenuto fermo per due mesi, ma adesso sembra tornato il giocatore di sempre.

L'ha chiamata “locura”, ovvero follia. E' quanto successo a Federico Delbonis dopo il fatidico 27 novembre 2016, quando ha regalato all'Argentina l'agognato punto che ha regalato al Paese la prima Coppa Davis della sua storia. Interviste, ricevimenti, persino attentati alla privacy. Per intenderci, è successo che una donna lo abbia svegliato mentre dormiva in aereo: voleva a tutti i costi fare una foto con lui. Si spiega così il difficile inizio di stagione di “Delbo”, da molti definito il “Burruchaga” del tennis argentino. Come Diego Armando Maradona lanciò Burruchaga verso il gol decisivo al Mondiale del 1986, Juan Martin Del Potro gli ha fornito l'assist per vincere la Coppa Davis. Federico è stato bravo a raccogliere l'occasione, ma ne ha pagato le conseguenze nel 2017, tra qualche sconfitta di troppo e un fastidioso infortunio. E' anche uscito dai top-100 ATP, una “locura” (appunto) per uno come lui. La finale a Prostejov e la vittoria e Todi lo hanno riportato al numero 97 ATP, e adesso c'è la finale all'ASPRIA Tennis Cup – Trofeo BCS (43.000€ + H, terra battuta), dove cercherà di azzannare il secondo titolo: si è già imposto all'Harbour Club nel 2015. “Le reazioni dopo la vittoria in Coppa Davis sono state una follia – racconta Delbonis – non ci aspettavamo un clamore del genere. Abbiamo faticato ad assimilarlo: mentre gli altri giocatori stavano preparando la nuova stagione, noi eravamo ancora a festeggiare. Non abbiamo avuto molto tempo per allenarci e focalizzare la nostra mente sull'anno nuovo. Sia io che altri giocatori abbiamo impiegato più del normale a tornare in condizione e quest'anno ne stiamo pagando le conseguenze, con qualche infortunio o le difficoltà a riprendere il ritmo”. E' il caso di Delbonis, bloccato da un infortunio alla gamba che lo ha costretto a perdere tutti i grandi eventi su terra battuta. E' tornato in tempo per il Roland Garros, ma ha perso al primo turno. “Pensavo di aver recuperato, invece a Marrakech ha ripreso a darmi fastidio e allora sono tornato in Argentina per riprendere le cure. C'è voluto più del previsto per rimettermi in sesto”.

STESSO COACH DA 15 ANNI
Da allora, tuttavia, le cose vanno sempre meglio. Dopo il Roland Garros ha vinto 13 partite su 14, compreso il 6-1 4-6 6-0 su Marco Cecchinato nella semifinale dell'Harbour Club. In avvio, l'argentino si è aggiudicato tutti i punti importanti e ha chiuso il primo set senza patemi. Nel secondo, Cecchinato è entrato in partita. Il break decisivo è arrivato al quinto game, peraltro con un vincente di rovescio. Sembrava un colpo difensivo, ma ha colto in contropiede l'argentino e si è tramutato in un “winner”. Delbonis si innervosiva, gesticolava e mugugnava verso il suo angolo, concedendo qualche punto gratis al siciliano. Si andava dunque al terzo set, peraltro dopo una pausa per andare in bagno di Delbonis, forse un po' troppo lunga. Nel terzo, Cecchinato incassava il break al secondo game dopo un game combattuto. Dopo la smorzata che gli è finita in rete, l'azzurro se l'è presa con la fascia tergisudore. Aveva sempre usato quella bianca, ma l'aveva cambiata per indossare quella blu. Subire il break lo ha un po' innervosito “Merito di perdere 6-0” ha borbottato, in un eccesso di autocritica. Negli ultimi game, pur di nuovo con la fascia bianca, non aveva più energie e lasciava strada a Delbonis. “Credo che Marco sia un ottimo ragazzo, sia dentro che fuori dal campo – ha detto Delbonis – contro di lui è sempre difficile, anche perché il pubblico era a suo favore. L'importante era concentrarmi sul mio gioco e in alcuni momenti l'ho fatto bene. In linea generale, sto giocando un buon tennis”. L'argentino è poi tornato sul delirio-Davis dell'anno scorso. “E' stata una delle migliori esperienze della mia vita, sul piano sportivo e anche globale per il tutto i paese. Resterà sempre nella mia mente, ma adesso lo devo mettere da parte. La mia carriera va avanti e devo cercare di scalare posizioni nel ranking ATP”. Per farlo, continua ad affidarsi al coach di una vita, Gustavo Tavernini, con il quale lavora da quando aveva 12 anni. “Mi conosce molto bene, è come un secondo padre. Dopo tanto tempo ci sono alcuni dettagli negativi, il rapporto si consuma un po' e a volte perdiamo concentrazione e motivazione. Per abbiamo lavorato per trovare nuovi stimoli e nuovi obiettivi che si possano trasformare in nuove opportunità”. Magari già a partire da un secondo titolo a Milano.