Come da tradizione, alla vigilia dei Championships tutti i protagonisti più attesi si sono dati il cambio davanti ai giornalisti. Federer parla dei favoriti e promette un tennis molto aggressivo, Wawrinka allontana il “Career Grand Slam”, e Kvitova e Azarenka parlano di come è cambiato, in pochi mesi, il loro modo di vedere il tennis. E molto altro.ROGER FEDERER
“Credo che Zverev e Kyrgios abbiano già mostrato di cosa sono capaci, e anche Raonic, Nishikori e Dimitrov sono in una buona posizione in vista del torneo. Se andassero molto lontano nessuno ne sarebbe sorpreso. Oltre a questi cinque, dipende da qual è l’obiettivo. Stiamo parlando di vincere Wimbledon? È molto difficile. Magari dimentico qualcuno, ma credo che siano questi quelli che possono andare più in là. Poi c’è Thiem, lui può arrivare in fondo in ogni Major, anche se l’erba non è la sua superficie migliore. Ho perso contro di lui a Stoccarda nel 2016, e mi aveva sorpreso per alcuni aspetti del suo tennis. Però credo che i favoriti siano altri, e includo nel gruppo anche Cilic e Wawrinka, due che hanno già vinto uno Slam”.

“Dai primi tempi in cui venivo qui, Wimbledon è cambiato parecchio. Ho assistito alla trasformazione del Centre Court e alla scomparsa del Campo 2. Aorangi Park (la sede degli allenamenti, ndr) è differente, gli spogliatoi non sono più nello stesso posto, abbiamo il tetto sul Campo Centrale e un altro tetto in arrivo sul Campo 1. Ci sono stati un sacco di cambiamenti, credo ce ne saranno ancora e sono felice che abbiano investito così tanto. Credo che nei prossimi 20 anni vedremo tanti altri cambiamenti”.

“Nel corso degli allenamenti sto cercando di essere aggressivo, provare il serve&volley, e assicurarmi di non stare troppo dietro la linea di fondo”.

“Credo che sarebbe un’idea spostare le qualificazioni al campo da golf adiacente all’All England Club. Mi piacerebbe molto, perché le due location diventerebbero almeno collegate. So che trattare l’erba non è facile, e per questo non vogliono che vengano usati i campi di Wimbledon la settimana prima del torneo. Ma magari un giorno spostare le qualificazioni più vicino sarebbe un’idea”.

“La scelta di saltare i tornei sulla terra battuta è servita a darmi maggiori chance per l’erba. Ero pronto a giocare a Parigi, ma non per i tornei in preparazione come Madrid e Roma. Quando un paio di settimane prima dei French Open ho iniziato ad allenarmi sulla terra col mio team, anche se ero felice, mi sono accorto subito che non mi avrebbe garantito le migliori chance in vista di Wimbledon”.

“Ho 35 anni, ho già vinto il Roland Garros, e giocare a Parigi non è la preparazione ideale per l’erba. Sono più fresco, e questo è positivo. L’aspetto negativo è che non ho così tanti incontri nelle gambe, però siamo stati tutti d’accordo sul fatto che per me fosse meglio così. Non solo in vista di Wimbledon, ma anche dei tornei successivi sul cemento".
RAFAEL NADAL
“Penso di aver già parlato un centinaio di volte della finale in Australia. Sono state due ottime settimane, ed è stato speciale essere di nuovo parte di un incontro così. Avrei voluto vincere, ma non ci sono riuscito perché il mio avversario ha giocato meglio di me. Questo è quanto. Però è vero che da Melbourne in poi il mio livello ha continuato ad andare in una direzione positiva, e quel torneo mi ha aiutato a essere dove sono ora”.

DOMINIC THIEM
“Il mio rovescio non è per nulla naturale, perché fino a 11 anni lo giocavo a due mani. Poi il mio coach Guenther (Bresnik, che lo segue ancora oggi, ndr) ha capito che era un colpo senza futuro, che eseguivo perfino con un'impugnatura sbagliata e ha deciso di cambiare. E direi che è stata la scelta giusta”.

“Perché tiro sempre così forte? È il mio stile di gioco, senza fare così probabilmente non sarei mai entrato nemmeno nei top 100. Mi piace spingere, giocare dei colpi vincenti, abbattere la difesa dell'avversario”.

“L'erba non è la mia superficie preferita perché il mio colpo migliore, il servizio in kick , qui non fa male a nessuno. Ma bisogna imparare e io sono qui anche per questo, senza grandi aspettative ma con la voglia di migliorare”.

STAN WAWRINKA
“Non penso al Career Grand Slam (gli manca solo Wimbledon, ndr) perché è un obiettivo molto lontano e a Wimbledon non sono mai andato vicino a vincere. Meglio che mi preoccupi per il primo turno di lunedì”.

“Il ricordo migliore che ho del torneo è una vittoria contro Karlovic, su un campo secondario. Però forse ricordo ancora di più i successi di Roger”.

“Ogni volta che Roger si iscrive ad un torneo penso che possa vincerlo. Quello che ha fatto quest'anno è straordinario. Però – sorride – sono dieci anni che rispondo a domande su di lui, possiamo cambiare?”
PETRA KVITOVA
“Dopo ciò che è successo, credo di essere un po’ diversa sia dentro sia fuori dal campo, vedo la vita da una prospettiva differente. Prima ero nervosa per ogni incontro, ora ho capito che non devo esserlo. Nella vita ci sono cose che devono avere un ruolo molto più importante rispetto al tennis”.

“Da un altro lato, però, ho scoperto quanto mi è mancato il tennis nel periodo in cui non ho potuto giocare. È stato difficile vedere le ragazze giocare in TV, mentre io ero seduta sul divano con una mano bendata. Mi sono accorta di quanto amo questo sport, e ho ancora una passione enorme: è stata molto importante, perché non potevo sapere come le cose sarebbero andate al mio rientro. Ho avuto anche un grande supporto dalle altre giocatrici, e onestamente mi ha un po’ sorpreso. A volta magari hai la percezione che non tutto ciò che ti venga detto sia vero, mentre nel mio caso ho sentito che chiunque mi dicesse di essere felice di rivedermi lo fosse sul serio. È molto bello, e sono onorata di far parte di questa grande famiglia”.

JELENA OSTAPENKO
“Quando al rientro dal Roland Garros ho visto il tappeto rosso fuori dall’aereo ero un po’ nervosa. Non volevo uscire, perché c’erano moltissime persone ad aspettare solo me. Ma è stato incredibile, davvero bello. Sono venuti in tantissimi, con molti fuori, molti poster. È stato fantastico.

“Ho volato per tutta la tratta nella cabina di comando. Quando sono salita, lo staff è venuto a chiedermi se mi andasse, e ho subito accettato. Ero seduta accanto al capitano: volare così è più interessante, la vista è molto molto migliore”.

“È stato stupendo il modo in cui mi hanno accolta al mio tennis club. C’erano mie fotografie ovunque, hanno comprato dei palloncini con la scritta “n.1” e fatto preparare una grande torta. C’erano moltissime persone, ed è stato fantastico: è il club dove mi alleno, lì mi sento come a casa”.

“Non guardo molti incontri. Lo faccio se ne ho bisogno, o magari se il match è particolarmente interessante. Altrimenti a volte preferisco guardare altri sport”.

“La mia miglior memoria di Wimbledon è quando ho vinto il titolo juniores, e poi quando l’anno successivo ho ricevuto una wild card e ho battuto per la prima volta la Suarez-Navarro, che al tempo era fra le prime 10 del mondo”.

VICTORIA AZARENKA
“Ovviamente viaggiando con mio figlio ho bisogno di aiuto: mia mamma è qui con noi, e anche il mio compagno. Mi piace svegliarmi nel cuore della notte per assisterlo, ma capisco che farlo mentre gioco dei tornei è diverso. Ho bisogno di dormire bene tutta notte. I primi tre mesi sono stati complicati, ma è un bambino molto bravo, quindi non mi posso lamentare. E viaggia anche senza problemi. La cosa più impegnativa è il fatto che io voglio che tutto vada alla perfezione, e questo genera un po’ di stress”.

“Avere un figlio cambia parecchio la tua mentalità. In allenamento posso dedicarmi solamente a me stessa, ma poi fuori la vita è sempre proiettata verso un'altra persona. La parte più complicata è riuscire a stare bene anche se non posso dedicare a mio figlio ogni secondo della mia vita. Però questo mi permette anche di trovare il giusto equilibrio quando non sono in campo: mi dedico a lui e stacco completamente da tutto il resto. Una cosa che prima mi risultava difficile”.

“Mi piace pensare di essere una giocatrice migliore rispetto a prima. Da fuori la gente ti giudica in base ai risultati, e per quelli avrò ancora bisogno di tempo. Ma se guardo a come mi sento in campo, e a come sono cresciuta nel corso degli anni, penso di giocare meglio oggi rispetto a un tempo. Ora è più difficile dare sempre il cento per cento in campo, perché è come se avessi da fare anche un altro lavoro, ma ci devo lavorare”.

“Nel corso della pausa credo di essere migliorata dal punto di vista fisico. Mi sento più in forma rispetto a come sia mai stata prima, e voglio continuare in questa direzione. Spesso capita di sentirsi molto bene in allenamento, ma di far fatica a trasmettere certe sensazioni negli incontri. È una vera capacità, e a volte richiede del tempo”.