Era quasi buio, in quella domenica di luglio di 17 anni fa. Pete Sampras aveva impiegato due set per scardinare il serve and volley di Pat Rafter, poi riuscì a chiudere prima che la luce abbandonasse il Centre Court. Gli scatti dei fotografi, durante la premiazione, illuminavano con i loro flash la settima vittoria di Sweet Pete. Da allora, nessun tennista americano ha più vinto a Wimbledon, almeno in campo maschile. Dopo un paio d'anni di anarchia (con i successi di Ivanisevic e Hewitt), una ristretta oligarchia ha preso in mano il gioco. Ok, Andy Roddick ha giocato tre finali e una la stava per vincere, ma la legge dello sport è crudele: si ricorda soltanto il vincitore. Pur vivendo incoraggianti segnali di rinascita, il tennis americano sta ancora vivendo un momento di crisi. Con tutto il rispetto, se il numero 1 del paese è John Isner, o addirittura Steve Johnson, qualcosa non funziona. Però hanno un giocatore nei quarti, un gigante di San Francisco che nel 2000 aveva 12 anni. Chissà se Sam Querrey aveva visto quella partita, e chissà cosa sognava. “Non mi sento la pressione del tennis americano sulle spalle” aveva detto, con un sorriso, dopo la vittoria su Jo Wilfried Tsonga al terzo turno. Adesso ha fatto un passo in più: sul campo numero 18, ha vinto il match dei bombardieri contro Kevin Anderson. Una partita interessante ma bruttina, durata poco più di tre ore e decisa da pochissimi punti.
IL TIFO DI KATRINA
E' finita 5-7 7-6 6-3 6-7 6-3 per Querrey, ed è giusto così. Intanto perché avrebbe potuto chiudere in quattro set, avendo sciupato tre matchpoint nel tie-break del quarto (dove era in svantaggio 5-1, poi due doppi falli di Anderson lo avevano rimesso in carreggiata). Più in generale, nonostante i due abbiano un gioco simile, Querrey ha dato l'impressione di avere più soluzioni, di fare meno fatica per ottenere il punto. A parità di rendimento al servizio (31 ace a testa), Anderson doveva costruirsi il punto e rischiare di più. Da parte sua, lo “Zio Sam” poteva affidarsi a una sbracciata e chiudere con più facilità. A ben vedere, Anderson ha avuto sette palle break e ne ha trasformata una, mentre Querrey è stato bravo a sfruttarne due su tre. Dettagli, ma a questi livelli fanno la differenza. In tribuna, a fare il tifo per il californiano, c'era la presidentessa USTA Katrina Adams, in carica per il secondo biennio (non era mai successo che il presidente della federtennis americana facesse due mandati). Non crediamo fosse troppo felice di trovarsi sul Campo 18, lei che è abituata a frequentare i salotti buoni. Però ha fatto un tifo sincero, entusiasta. E Querrey, pur essendo americano in tutto, stile di gioco compreso, dice da sempre che l'erba è la sua superficie preferita. E Wimbledon è il torneo dei suoi sogni. L'anno scorso fu lui a cancellare i sogni Slam di Novak Djokovic, stavolta ha confermato il risultato e scenderà in campo con qualche speranza contro Andy Murray. Lo scozzese avrà pubblico e tradizione dalla sua parte, ma quanto visto in questi giorni tiene vive le speranze di Querrey. Ci ha perso sette volte su otto, ma i numeri e i record esistono per essere smentiti. E questa sembra essere la grande occasione per Sam.
WIMBLEDON 2017 – Ottavi di Finale
Sam Querrey (USA) b. Kevin Anderson (SAF) 5-7 7-6 6-3 6-7 6-3